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Sulla Strada con Francesco De Gregori

testo: Roberta Leomporra – foto: Serena De Angelis
Dopo il tributo reso dal regista brasiliano Walter Salles, il cui nuovo lavoro cinematografico “On the Road” è nelle sale dall’ottobre scorso, giunge un altro eco d’omaggio all’omonimo capolavoro della Beat Generation di Jack Kerouack, il nuovo album di Francesco De Gregori in uscita a novembre dal titolo in traduzione “Sulla Strada”.
Il tour del cantautore italiano che sta presentando la sua ultima fatica, ieri 20 novembre ha toccato Roma.
Il multigenerazionale pubblico dell’Atlantico ha accolto De Gregori ed i suoi musicisti con il consueto affetto, confermando un rapporto di familiarità con i propri seguaci che ha contraddistinto la carriera musicale del cantautore, grazie a brani capaci di penetrare l’animo dell’ascoltatore. Di stimolarne lo spirito critico.
Fedeltà ripagata ieri sera da un sorridente De Gregori, che si è diverse volte abbandonato ad espressioni del tipo “Come faccio a non innamorarmi di voi?” rivolte ad un pubblico da lui stesso definito di “Amici”.
Il concerto si è aperto con brani tratti dal nuovo lavoro discografico, come l’omonima “Sulla Strada”, “La guerra”, in cui l’artista torna ad affrontare tematiche a lui care come quella storica che si conferma sfondo sotteso al suo intero operato.
Sviluppato su ritmi latineggianti in versi da custodire nel Moleskine suscettibili di molteplici interpretazioni, sorprende all’ascolto il brano inciso nella versione studio con Malika Ayane “Omero al cantagiro” ,.
Quando interpreta “Guarda che non sono io”, raggiunge un grado d’apertura autobiografica nei confronti del proprio pubblico, pari forse a pochi classici della sua discografia, offrendo un’immagine di sè intenta nella “fuga” d’identità che possiamo forse ascrivere alla discrezione distintiva di De Gregori fin dai tempi del Folkstudio.
La commozione ha unito quasi in un abbraccio collettivo sedicenni che si stanno inoltrando tra spazi e righi di capisaldi come “Pablo” e padri che in essi si ritrovano, nostalgici di un’età in cui a cantar le strofe di “Generale” ci si sentiva fortunati e consapevoli.
Intensi flashback emozionali hanno catturato l’intero suo pubblico, tra cui il giornalista Marco Travaglio che ha tenuto il tempo con il piede per l’intera durata del concerto ed il cantautore Pierdavide Carone, che vanta una recente collaborazione con il caro Lucio Dalla, a cui De Gregori, amico storico dai tempi di Banana Republic del 1979, ha rivolto un toccante applauso.
Occhi chiusi ed espressioni raccolte quando le note di capolavori come “Rimmel”, “Titanic”, “La donna cannone” ed il familiare valzer di “Buonanotte Fiorellino” si spandono nel contenuto spazio del Palatlantico.
Ad accompagnarlo musicisti straordinari che l’artista ringrazia più volte, rendendo loro merito di una performance strepitosa.
L’incantevole atmosfera densa di nostalgia e speranza di cui sappiamo esser De Gregori splendido artefice, culmina nel brano finale “Can’t Help Falling in Love” di Elvis Presley, a cesura di un concerto in cui l’impressione costante non è stata quella di un team a lavoro od intento ad assumere l’atteggiamento che il pubblico si aspetta, com’è ormai tristemente tipico di alcuni cantautori o band, bensì quella di un gruppo di bravissimi artisti appassionarsi ed offrire la propria interpretazione. Ad un gruppo di persone in estasi.
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