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Violenza assistita intrafamiliare: una voce in difesa dei minori

di Maria Rosaria De Simone
In questi giorni, a tutti i livelli dell’informazione, si dà ampio risalto al tema della violenza di genere, approfondendo i vari aspetti della questione, ponendo in risalto quanto è già stato fatto con l’introduzione della legge sullo stalking, ma anche mettendo coraggiosamente in luce quante carenze ancora permangono per poter affrontare tutte le falle che vanno man mano emergendo.
Ed è ormai chiaro a tutti che la prima forma di prevenzione parte dalle famiglie, dalla scuola, dalla corretta informazione, dalla corretta educazione al rispetto ed all’amore. E lì dove questo rispetto viene a mancare è necessario intervenire affinché le vittime, in primo luogo, si rendano conto che la denuncia è la forma attraverso la quale i violenti ed i manipolatori possono essere fermati e, anche, attraverso la quale ci si può liberare dalla schiavitù fisica e psicologica per ricominciare un nuovo percorso di vita.
Ma comincia anche ad essere ormai chiaro che, se le leggi sullo stalking funzionano davvero se la persona da difendere è una donna sola, invece non bastano se la donna violata ha dei figli. In tal caso mancano tutta una serie di accorgimenti che liberino non solo la donna, ma i figli stessi, dalle maglie della violenza.
E se è una donna indipendente a denunciare, quasi sicuramente, anche se con tempi lunghi, avrà giustizia. Una madre di bimbi piccoli o adolescenti, invece, si ritroverà a confrontarsi con una realtà in cui spesso non viene difesa, protetta, tutelata, ma soprattutto non vengono difesi, protetti e tutelati i suoi figli.
E per parlare di questa tematica bisogna introdurre il concetto di ‘violenza assistita’ intrafamiliare, che fa riferimento a quei minori che, hanno assisitito a fenomeni di violenza fisica e psicologica in famiglia, in genere del padre nei confronti della madre. Tali minori, spesso, hanno vissuto il dramma non legato ad un singolo episodio, ma a fatti orribili reiterati nel tempo, nascosti agli occhi di tutti. Violenze di ogni tipo, legate ad urla gesti inconsulti e tanto altro che i minori hanno imparato a tenere per sé, convinti che di queste cose non si debba parlare, ma solo subirle.
La violenza assistita, dunque, è essa stessa un abuso all’infanzia, ma è ancora un fenomeno misconosciuto.
I centri antiviolenza, le case rifugio per donne, i  centri e servizi specializzati per la tutela e la cura dei bambini maltrattati e abusati cercano in ogni modo, anche attraverso Protocolli d’intesa con i Tribunali dei Minori e con tutte le istituzioni implicate, di porre una lente d’ingrandimento sul tema ma, diciamolo chiaramente, in genere tutto rimane lettera morta o la problematica viene minimizzata.
Il passo avanti fatti per l’emersione del problema della violenza sulle donne ha bisogno dunque del passo avanti anche dell’emersione del fenomeno della violenza assistita intrafamiliare.
Il CISMAI, Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia, pone l’attenzione non solo sulla violenza a cui i bambini assistono, ma anche a quella che essi stessi subiscono.
Spesso il bambino stesso, infatti, viene percosso con oggetti o con le mani, gli viene impedito di mangiare, di bere o di dormire, viene segregato in casa per punizione di non si sa bene cosa, non viene curato se ammalato. Oppure subisce violenze psicologiche attraverso rimproveri e frasi che mirano a svalutarlo, ad isolarlo dai parenti, a minacciarlo di violenza e tanto altro ancora. Purtroppo le violenze talvolta, più spesso di quanto si voglia riconoscere sfociano negli abusi sessuali.
Le percentuali legate alla violenza assistita, sono alte. Il fenomeno va osservato, analizzato e non oscurato. Vanno messi in atto provvedimenti di ascolto, di aiuto e soprattutto di difesa, che ancora sono davvero insufficienti e carenti.
I bambini esposti a violenza domestica provano paura, terrore, confusione, impotenza e rabbia e vedono le figure di attaccamento da un lato terrorizzate e disperate (in genere la madre), dall’altro pericolose e minacciose (in genere il padre).
Inoltre, il loro futuro e davvero in pericolo.
Da una ricerca (1998, in Milani e Gatti, 2005), infatti, condotta su 1265 bambini monitorati annualmente dalla nascita ai 18 anni di età, risulta che i bambini esposti ad alti livelli di violenza familiare hanno mostrato una frequenza di comportamenti non corretti e violenti da 1,9 a ben 6,1 volte più alta rispetto ai bambini non esposti alla violenza; la ricerca ha inoltre rivelato che, isolando gli effettivi altri fattori di rischio come il basso livello socioeconomico o un contesto sociale deprivato, l’esposizione alla violenza domestica sarebbe il fattore più rilevante nel predire un peggiore adattamento in età adulta ed in particolare maggiori livelli di ansia, problemi della condotta e dipendenza dall’alcool (Milani, Gatti, 2005).
Nel complesso quindi un bambino che ha subito la violenza assistita potrebbe avere, se non aiutato e non tutelato, problematiche personali gravissime, che forse non riuscirà a superare.
Ma è anche vero che, se non si danno segnali di difesa al bambino, subito dopo la denuncia di violenza assistita, il bambino è in pericolo anche durante la sua infanzia.
Ed ecco il punto dolente, il nodo da sciogliere e che richiede che venga fatto in tutta fretta.
Quando una donna finalmente denuncia le violenze su se stessa e sui figli da parte del partner, purtroppo non scattano le dovute cautele per i bambini. Il processo penale, lungo, magari dà giustizia alla donna, anche se il violentatore non si farà un giorno di carcere. Ma, poiché esiste la patria potestà e, in caso di violenza, raramente questa viene revocata al padre, i bambini, essi stessi vittime di violenza assistita, vengono costretti, attraverso determinati interventi,  da tutta una serie di istituzioni, sotto la giurisdizione del Tribunale dei minori, a dover obbligatoriamente incontrare il genitore violento, contro la propria volontà ed anche se il genitore violento non ha mai chiesto perdono per le sue violenze.
Capita di peggio: se un genitore denunciato e magari anche condannato,  dichiara il suo voler mantenere il suo diritto ad incontrare il figlio anche se il minore non vuole perché ne è spaventato,  il Tribunale gli consente e gli mantiene questo diritto. E se il bambino si rifiuta son dolori.
E quello che accade poi ce lo raccontano le cronache dei tanti bambini allontanati dalla madre e condotti in casa famiglia fino a che non acconsentono ad incontrare il genitore violento.
Questa la realtà nuda e cruda, che potrebbe essere sottoscritta da tante vittime, donne e bambini.
Questo il dramma, di cui è difficile parlare e ad anche pericoloso.
È ora che la giustizia, anche minorile, torni ad essere dalla parte dei deboli e degli indifesi.

4 COMMENTI

  1. anch’io hò subito stalking da mio marito, poi mi sono separata, non sono rimasta con lui, per non far soffrire i miei figli, ma una certa sofferenza l’hanno subita ugualmente lo so, lui veniva a farmi i dispetti dopo, senza riflettere, che loro potessero soffrire, e quando mi vedeva arrabbiata allora se ne andava ridendo, ma i ragazzi , credevano che era mia la colpa, perchè lo scacciavo via, ora mi lascia stare, per fortuna, non hò divorziato, sono separata legalmente, ogniuno a casa sua, e sto bene così, mi batto anch’io contro la violenza, e spero che saremo aiutati dalla giustizia

  2. i bambini non dovrebbero mai essere coinvolti alla violenza, io mi sono separata per quello, mio marito mi aveva picchiata ubriaco davanti a loro, e mi sono detta mai più deve succedere, lui non può ubriacarsi per poi picchiare me davanti a loro, mi ha fatto stalking dopo, facendomi dispetti, per farmi arrabbiare e farmi passare per cattiva davanti ai figli, in parte ci è riuscito, ma ora lui sta pagando per ciò che ha fatto, dio non paga il27 nemmeno il 10

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