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Ecologia del vivere: il primo giorno di scuola


di Stefania Taruffi
In questi giorni riaprono i battenti  le scuole. Per qualcuno è anche il primo giorno nelle primarie. Insegnanti e compagni nuovi, un edificio tutto da scoprire e tomi sconosciuti sui quali chinare il capo per mesi, all’insegna del sapere. A vederli impauriti in attesa del suono della campanella, fanno tenerezza, con quegli zaini pesanti come macigni a piegare le loro piccole schiene e la merenda in mano. Certe sensazioni crescendo le dimentichiamo, o si sfumano negli anni lasciandoci solo vaghe sensazioni. Poi accade che si abbiano figli e anche loro iniziano i percorsi scolastici con tutte le dinamiche e gli oggetti che noi avevamo riposto nel giardino dei ricordi. Ed ecco che improvvisi déjà vu riaffiorano come flash ripescati in vecchi album fotografici, permettendoci di ristabilire un contatto, ormai quasi perduto, con il bimbo che è in noi. I tempi sono cambiati, così com’è cambiata l’organizzazione scolastica, gli insegnanti e anche molto i genitori. Non c’è più il maestro unico alle elementari, nessun insegnante si sogna di bacchettare o mettere in punizione un alunno, sarebbe denunciato, ma certe cose né il tempo, la società o nuove leggi sono riusciti a cambiarle. Pensiamo agli odori: dei banchi, delle gomme da cancellare, della matita temperata, della merenda profumata portata da casa e riposta nello zaino, dei libri nuovi e di quelli usati, che portano ancora l’indelebile odore e il vissuto dell’alunno precedente. Poi ci sono l’astuccio, con l’arcobaleno dei suoi colori e il diario, il simbolo per antonomasia della vita che cambia: da quel momento in poi, degli impegni quotidiani, non ci sbarazziamo più e l’agenda ne è l’evidenza. E quando i ragazzi vogliono ripeterci la lezione, ci ritorna in mente anche la grande paura prima di ogni interrogazione e il dito della professoressa che scorreva lento sul registro. Ci ribatte il cuore forte solo al ricordo. Molte sono le cose che non sono cambiate. Le prime cotte, le omissioni dei brutti voti ai genitori, le marachelle, il pesce d’aprile dietro alle schiene. Si chiacchiera, si copia, si socializza ma soprattutto, il ricordo più forte, è che ci si diverte. Ciascuno di noi avrà il proprio ricordo indelebile, tuttavia credo che la cosa che più ricordiamo di quel periodo è la spensieratezza e tanta voglia di giocare e crescere. Fino a tutte le scuole medie superiori le aspettative sono a breve periodo e le delusioni, ancora lontane. Forse nessuno tornerebbe indietro, crescere e imparare è una gran fatica, ma sono certa che una cosa quasi tutti la rimpiangiamo: l’infanzia, poi la giovinezza, beni preziosi, limitati nel tempo e tutti da godere. Passano troppo in fretta.
Foto in licenza CC: s-m-n-

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