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Tempo di Natale: tradizione e multiculturalità

di Maria Rosaria De Simone
Siamo ad un mese dalle feste natalizie e già, non solo dalle nazioni europee, ma dal nostro stesso paese giungono voci contro i festeggiamenti pubblici.
“Non possiamo offendere i bambini stranieri”. Queste le parole della direttrice di una scuola elementare di Caorso, un paesino in provincia di Piacenza che non vuole che venga costruito il presepe né che si facciano riferimenti religiosi alla festa del Natale.
“Ho dato indicazione di evitare riferimenti cristiani -continua la direttrice- per concentrarsi su temi universali come l’amicizia e la fratellanza”. Guai , dunque a parlar di Gesù, di Natale, guai a imparar poesie, canzoni, filastrocche con riferimenti religiosi. La decisione però non viene appoggiata dai genitori di 120 alunni che chiedono l’intervento del Ministro Profumo. Neanche il sindaco della cittadina, Fabio Callori, si mostra d’accordo con la Preside ed ha promesso alla scuola materna dell’Istituto comprensivo implicato nella decisione, di portare ben quattro presepi.
La direttrice della scuola si difende dicendo che la sua decisione non è univoca, ma appoggiata dal collegio docenti che ha agito in nome della ‘multiculturalità’, per il quale si operano vari progetti.
Probabilmente il caso della scuola di Caorsi nei prossimi giorni sarà seguito da altri, in nome del rispetto dei bambini che hanno diverse tradizioni culturali.
E il problema esiste e va affrontato senza paura.
La domanda che sorge spontanea è: in nome della multiculturalità, intesa come rispetto di chi proviene da altre culture, è il caso di rinunciare alle proprie tradizioni, alle proprie feste, alla propria cultura?
È mai possibile questo? E siamo sicuri che l’agire in buona fede in questa direzione sia la maniera per costruire ponti di solidarietà?
La riflessione al riguardo deve davvero essere capillare.
I popoli, le famiglie, le persone si incontrano portando il proprio contributo, le proprie peculiarità, le proprie particolarità. Rinunciare ad essere se stessi, al proprio bagaglio culturale significherebbe accostarsi all’altro senza alcuna proposta personale, come se si fosse una ‘tabula rasa’. Insomma si rischierebbe di presentarsi a chi arriva, come un popolo non accogliente, ma prostrato a tappetino, con pensieri, proposte, assolutamente neutri e senza calore.
Non festeggiare il Natale secondo le tradizioni del proprio paese significherebbe vivere in maniera alienata e snaturata, significherebbe non contribuire ad una crescita sana insieme ai popoli che accogliamo.
Per fare un esempio, quando due persone si incontrano, si innamorano e decidono di vivere insieme, lo fanno sapendo che sono diversi e che è importante e bello mantenere il proprio essere persona, senza asservirsi. Lo stesso vale nell’incontro tra persone con culture diverse.
L’Italia è un paese a forte tradizione greco- romana, ebraico-cristiana. E chiunque desidera vivere qui deve sapere cosa incontra e cosa deve rispettare. Nella certezza che lui stesso, a sua volta, verrà rispettato, proprio perché la cultura cristiana sta insegnando al popolo italiano la condivisione, il rispetto e la fratellanza.
foto: Libertà.it

1 COMMENTO

  1. Finalmente una riflessione di buon senso , di vera civiltà , di rispetto per “tutti” ,di equilibrio e soprattutto senza paura del diverso al punto tale da disconoscere se’ stessi . Grazie

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