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L’orchestra riciclata

di Mariano Colla

La bellezza nell’uomo sta nella sua capacità di meravigliarsi e, al contempo, di sorprendere, soprattutto nei momenti e nelle situazioni in cui la sorte sembra averlo costretto in un buio destino, fatto di miseria, ignavia e sfiducia.
E nelle pieghe di questa meraviglia l’uomo può ritrovare quell’ingegno e quell’entusiasmo che alimentano una creatività e una sensibilità mai sopite, dalle quali far scaturire una timida speranza in cui riporre un progetto di vita dignitoso, affrancandosi, così, dai tentacoli dell’indigenza e della povertà.
E’ quanto penso sia accaduto in una remota località del mondo, Cataeura, in Paraguay, piccola borgata costituita da modeste case in lamiera e tufo che vive a ridosso di una discarica, e dalla cui immondizia trae anche parte del suo sostentamento. In quel luogo così lontano da noi e dai nostri pensieri, la dignità umana, duramente messa alla prova dalla miseria, sembra aver trovato una via per riaffermarsi.
Ingegno e arte hanno scoperto un terreno fertile in questa piccola comunità, fondendosi in un inaspettato, quanto sorprendente, connubio, una unione che tra gli olezzi dei rifiuti ha espresso il profumo della poesia.
Questo piccolo miracolo nasce quando, rovistando tra il pattume, un abitante del luogo  ritrova il guscio di un vecchio violino, solo una cassa malconcia, priva di ogni sonorità. Qualcuno ha l’idea di ridare dignità al malandato strumento e, per farlo, si avvale degli innumerevoli oggetti di risulta, quali lattine d’olio, spezzoni di legno, scatoloni di cartone, filamenti di nailon, attrezzi di metallo dismessi, e vari ammennicoli, che la discarica ammucchia nelle sue maleodoranti volute.
Grazie a pazienti collage, oltre al recupero del violino, gli ingegnosi artigiani di Cataeura riescono a realizzare contrabbassi, viole e alcuni strumenti a fiato e a percussione.
A prima vista più che strumenti musicali sembrano richiamare composizioni da biennale e della modern art.
I giovani di Cataeura seguono ammirati il restauro e la costruzione dei nuovi oggetti e iniziano ad apprendere i rudimenti musicali per trarre dagli improbabili strumenti riciclati le prime note.
Il progetto continua e si inseriscono figure musicalmente in grado di impartire le necessarie lezioni. Il risultato finale è una  piccola filarmonica che assume il suggestivo nome di orchestra riciclata o, per dirla all’inglese “landfillharmonic”.
Qualche dubbio? Ebbene suggerisco caldamente ai lettori di cliccare a fine articolo.
Troverete un breve filmato girato tra le capanne di Cataeura. Nel susseguirsi delle straordinarie immagini vi sorprenderete e, forse, commuoverete, nel vedere, ma direi ancor di più nell’ascoltare, le note delicate che i giovani ragazzi e ragazze impegnati nell’’orchestrina, sanno ricavare da oggetti che ben poco assomigliano ai luccicanti strumenti che allietano le nostre serate sinfoniche in teatri o auditorium.
Mi ha colpito in particolare la semplice ma profonda frase di una ragazzina: “quando sento il suono di un violino mi sento le farfalle nello stomaco”.
In un mondo sempre più indifferenziato e insensibile sorprende che nelle più squallide periferie del mondo si possano generare situazioni che ispirano fiducia e ottimismo, qualora si sappia dare significato alle piccole cose.
Il filmato è in lingua spagnola, con sottotitoli in inglese ma, più delle parole, sono i gesti, le espressioni, i volti e la musica a dare un profondo significato al cortometraggio.
Che messaggio trarre da tutto ciò? In realtà non bisogna mai disperare.
In un mondo disattento, dove ogni oggetto tende ad avere una vita sempre più breve, e dove il consumo e l’emulazione determinano la rapida sostituzione del vecchio con il nuovo, ciò che viene buttato esce dalla nostra vita, apparentemente senza lasciare traccia nella nostra memoria, abbandonato a un flusso inarrestabile di immondizia che, progressivamente, ricopre il mondo e ci sommerge.
Nell’immenso volume di rifiuti che rotola alle porte della nostre città scorgiamo, a volte, avventurarsi tristi figuri alla ricerca di cibo o di qualche cosa da riutilizzare o da rivendere in un commercio tra poveri.
Già solo immaginare di poter estrarre da tale massa di rifiuti oggetti da ricomporre poi in strumenti musicali è una sorpresa, una piacevole sorpresa, soprattutto perché coinvolge i giovani, i più fragili nel sopportare le vicissitudini di una povertà senza speranza.
Il Sud America si sta affermando come una fucina musicale, laddove la musica è diventata una via per strappare migliaia di giovani alla miseria, alla povertà, alla droga e alla delinquenza.
Ricordo, infatti, una altro grande progetto noto a livello internazionale come “El Sistema“, che ha prodotto l’orchestra Simon Bolivar diretta da Gustavo Dudamel e di cui uno dei fondatori, Josè Antonio Abreu, ha affermato: “per i bambini con cui lavoriamo, la musica è praticamente l’unico mezzo per un destino sociale dignitoso. Povertà significa solitudine, tristezza, anonimato. Un’orchestra significa gioia, motivazione, lavoro di squadra, aspirazione al successo”.
Quanto accaduto a Cateura non fa ancora parte del progetto “El Sistema” ma rappresenta comunque un possibile legame.
Come si possa ottenere da pezzi di legno, di metallo, di plastica, nati per tutt’altri scopi, strumenti musicali in grado di emettere suoni gradevoli, qualora sollecitati dalle mani dei giovani artisti, perché così li definirei nella loro sensibilità e devozione, è commovente e, al contempo, gratificante.
E’ comunque una prospettiva per chi dalla vita ha avuto poco o nulla.
Guardate il breve filmato e  godetevi questa piccola poesia ai confini del mondo.

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