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Anche oggi ti amo

di Giorgia Petrini

“Esistono solo due modi di amare una persona: il primo è prendendosene cura, l’altro è quello sbagliato” (cit. Mirko Papetti, un vecchio amico…).
Sarà che in tempo di Avvento il cuore si scalda; sarò io ad essere tremendamente ignara di come in realtà vanno le cose del mondo dopo averne preso parte attiva per anni; sarà il mondo ad ispirarmi, col senno di poi, nel suo vivere lontano dalle cose che contano davvero; o sarà stato il bel pezzo di qualche giorno fa di Andrea Torquato Giovanoli a intenerirmi ancora di più come una polpetta d’agnello bollito scongelata al microonde… (Bleah, mamma mia cosa ho scritto!)… Ma… qualunque sia il motivo, credo che sia ora di farla finita.
A parte i telegiornali che ci ricordano – scaricandone solo sulla gente tutta la responsabilità – che il Natale è diventato sempre più negli ultimi 10 anni un “tempo di consumo” e che Gesù Bambino è scomparso perfino dal calendario dell’Avvento, che invece lo vedrebbe protagonista ben oltre il 31/12, è ora di tornare ad essere… protagonisti dell’amore. Capisco che la recente scomparsa di Riccardo Schicchi (pace all’anima sua) possa rendere il tutto molto più complesso da capire ai più, ma in compenso sarà certamente meno …faticoso? o_O Per il resto chiederemo aiuto alla semplicità e, dove non arriviamo, potremo delegare alla Provvidenza, che più o meno è quasi la stessa cosa.
Che tutti parlino, cantino, scrivano o predichino di amore e sentimenti è un fatto chiaro, certo e inopinabile da secoli, da Dante AlighieriLaura Pausini che è stata perfino pioniera di un sanremese senso dell’abbandono da quando “Marco se n’è andato e non ritorna più…”. Il fatto meno chiaro, sul quale invece tutti “si avvitano” annodando le proprie esistenze attorno a una serie di domande anziché accanto al tentativo genuino e primitivo di cercare le risposte, è che in realtà in pochi ci riescono davvero. Poche persone a questo mondo riescono a credere davvero nell’amore reale e assoluto; ancora meno gente lo trova; pochissimi addirittura lo conservano. Perché?
Io credo che – solo per dirne alcuni – il controllo del tempo, l’emancipazione a 360°, i tanti diritti (non diritti, ma rovesci) che abbiamo preteso negli anni, la libertà che ci siamo attribuiti, la dissolutezza, la superficialità, il comfort e il conformismo ci abbiano assegnato, complice la nostra pigrizia stile internauti, delle etichette controverse. Conoscersi e stare insieme è diventato un passatempo, si sta insieme per convenzione più che per convinzione, men che mai per essere una squadra (come scriveva Andrea nel suo pezzo, bella metafora quella del “gioco di coppia”!). Non importa molto che tu scelga di essere formalmente un single col cappello di Borsalino, tante donne tra gli amici e la sciarpa a bolle di Etro, o uno che su Facebook si dichiara impegnato: l’importante è essere conforme all’etichetta che dichiari, come il marchio dell’unione europea. Se sei contraffatto e ti scoprono è la fine! Nel caso dei rapporti di coppia, il più famoso e praticato passatempo dei giorni nostri, il problema vero è che la convenzione non è sinonimo di convinzione. Si sta bene nelle cose facili, quando non si hanno difficoltà, quando non ci si deve sforzare l’un per l’altra, quando va tutto bene e il resto del mondo è fuori dalla porta, ma al primo intoppo (che in media è una boiata apocalittica, figurarsi come la mettiamo con la vita vera…) si è subito pronti a mischiare di nuovo il mazzo di carte: “Ma allora non lo amo io” oppure “Forse lui non mi ama davvero” o ancora “Ma chi li vuole ‘sti problemi” o “Io sto nel mio spazio e tu nel tuo“… questa poi! L’hanno fatta grossa all’epoca con la Guerra dei Roses! Certo è che se a questo punto della storia non si è certi di aver trovato ciò che si cercava, figuriamoci se non sia banale e istantaneo liberarsi brillantemente di un capo… vintage. “Se volevi troncare bastava un sms” è la frase più ricorrente tra i teenager.
Perché dunque conservare un rapporto? Averne cura e adoperarsi per mantenerlo bello, vivo, geniale e integro? Magari è anche stagionato di qualche anno, un po’ asciutto e rinsecchito… Chi te lo fa fare? In fondo da soli è più facile e più veloce: si tagliano i peli alla radice, i problemi si controllano meglio, i soldi fanno da palliativo, la melanzana nel frigo è sufficiente, in TV vedi quello che vuoi senza litigare, non devi rendere conto a nessuno, non ti devi mettere d’accordo con nessuno, non hai nessuno da aiutare, nessuno che ti rompa le palle, che ti chieda consigli o te ne voglia dare, nessuno che lascia le mutande in bagno dove tu non faresti mai o i capelli nella doccia che non è mai libera quando ti serve… Nessuno. Il punto è questo. C’è sempre una chance migliore al bar dell’angolo, possiamo prendere e lasciare quando vogliamo, in fondo siamo liberi di cercare carne fresca per tutta la vita, che tutto sommato troveremo anche, per tutta la vita. Perché andare a caccia di rogne che durino nel tempo? L’amore è per sempre? Non sia mai! Soli è bello. Questa è la regola oliata, diffusa e insinuatasi nelle arterie della mia generazione negli ultimi 15-20 anni. Hanno iniziato padri e madri separati negli anni ’80 a spiegare ai figli le nuove regole del gioco; poi hanno contribuito le lotte di genere e quelle sui diritti a dirci che dobbiamo imparare a cavarcela da soli; poi Louise Veronica Ciccone, in arte Madonna, si è spogliata in una chiesa, nel tentativo di mostrare a tutti che l’essere umano è il vero Dio; poi il testimone è passato alla crisi, contrapposta alla dipendenza dalle cose che hanno completamente rivoluzionato il modo di vivere e sentire; poi siamo diventati schiavi del “Come fai a mettere su famiglia?”, convinti dal pagano contorno – che contribuiamo ad alimentare con la nostra indifferenza – che il problema sia quello di soddisfare le necessità materiali e non il desiderio di donarsi, che saprebbe essere il più potente strumento di pace e d’amore in un rapporto votato alla ricerca perpetua dell’eternità… Insomma, in tutto ciò, non ci siamo accorti che nessuna di queste cose… sa d’amore. Questa roba qui non è amore. Se ne trova spesso in giro proprio perché è “robetta” alla portata di tutti. L’amore vero è una cosa seria. E’ per chi sa scegliere tra doveri e desideri, per chi mette sempre avanti l’altro confinando se stesso a fare da contorno, per chi è pronto a lanciarsi nel fosso delle incertezze e del presente che c’è, per chi è certo di avere il massimo in ciò che ha, per chi vede una grazia in uno sguardo e un miracolo sul tavolo della colazione ogni mattino al suo risveglio, per chi soffre e si impegna a condividere le difficoltà, per chi non ha bisogno di cercare il desiderio attraverso la distanza, per chi non si stanca di imparare, capire e perdonare, per chi non dubita del fatto che amare sia la cosa più difficile da fare a questo mondo o per chi ne invoca l’essenza, il candore, la semplicità…

Giovanni 13, 34-35

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.”

E’ dunque così difficile oggi amare davvero qualcuno? Siamo proprio sicuri che siano gli altri ad essere sbagliati? No, non ne siamo sicuri, ma ce ne siamo convinti, e l’esserci lasciati allontanare dall’esempio per eccellenza dell’amore (Gesù Cristo) non ci ha aiutati a capire, a sentire. Nell’epoca in cui il nichilismo l’ha fatta da padrone e l’autodifesa è diventata l’arte zen da praticare a tempo pieno perché cambiare pannolini costa e, a dirla tutta, puzza pure un po’… l’amore (quello facile, quello falso e convenzionato) si è ancorato a una pagina di gossip, così che Madre Teresa di Calcutta è divenuta negli anni una donnetta che se la spassava a decorticare fatiche altrui per far piacere a se stessa, o la più recente Chiara Corbella un’invasata integralista vittima di una chiesa fantasma…

Amare davvero qualcuno è una cosa difficile perché nessuno “ci ha spiegato” cosa sia l’amore in realtà e perché quando qualcuno ha tentato di farlo (come Madre Teresa o Chiara Corbella) gli abbiamo voltato le spalle, troppo pieni del nostro ego e di quella melanzana nel frigo che nel frattempo faceva la conta dei nostri fallimenti… “Eh, va beh… ma questi esempi per me sono smisurati!”. Nessuno ce lo ha spiegato perché l’amore non si spiega. In genere, si fa, o meglio si dona. Avevamo un comandamento chiaro, perfino semplice dal punto di vista esecutivo, che banalmente non abbiamo rispettato. Troppo spesso, non ci siamo affatto amati gli uni gli altri. Abbiamo seguito altre vie, preferendo peccati e vizi capitali, abbiamo scelto. Abbiamo scelto noi di vivere così, di togliere alla vita il sale e buttarci sopra l’aspartame, di negare a noi stessi il rischio che l’amore possa non funzionare, o procurare paura e sofferenza, di togliere tempo al “nostro” tempo, di invertire la rotta dell’ego dal dio del fisico perfetto a quello della tenerezza e della vita, di imparare a vendicarci anziché a perdonare e di fare a meno di qualcuno perché Nessuno è meglio.
E pensare che ci siamo strappati i capelli e abbiamo versato fiumi di lacrime sulle note di Vasco Rossi che cantando d’amore e tenerezza è finito infelice e triste a comunicare improbabili saggezze ai suoi fans via Facebook wall! E che dire di Michael Jackson o di Whitney Houston, scomparsi entrambi in un secondo dopo una vita trascorsa a cercare invano l’amore tra …centinaia di migliaia di dollari? Il punto è sempre lo stesso. E’ che l’amore vero è una cosa seria. E’ quella roba che costa sempre e basta; quella che ti stritola lo stomaco quando la fame diventa un dettaglio del quale puoi anche fare a meno; quella scelta che non fai per non togliere un secondo di tempo alle persone che ami; quel desiderio a cui rinunci non perché tanto non lo avresti fatto comunque, ma perché anche rinunciare per amore di qualcuno comincia a piacerti; quello sforzo che sembra costarti caro ma che alla fine ti rende felice per un sorriso. Questo amore qui è l’amore cristiano, assoluto, quello che ti cambia la vita, che nel tempo domina tutta la tua prospettiva e del quale ti rendi quasi conto di non essere “padrone”. E’ l’amore tipico della solidarietà, del volontariato, dell’accoglienza, è una scuola di vita vera. Non è diverso dall’amare una moglie, un marito o un figlio. “Gli uni gli altri…” siamo noi. Tutti noi.
Oggi c’è più che mai bisogno di questo amore qui. C’è bisogno di perdersi nella vita degli altri per donarsi completamente al prossimo senza riserve, senza dubbi, né preclusioni, senza remore, né limiti, senza avere la preoccupazione di mettere in salvo almeno qualcosa per sé. Non siamo nati per appartenere a noi stessi, ma per dare la vita, la nostra agli altri… sempre e comunque. Il film è scritto e i registi non siamo noi, inutile scappare dal set.
Amarsi, in un coppia, è capirsi in uno sguardo, si, ma soprattutto è trovare complicità nella disperazione e grazia nella difficoltà. E’ gettarsi incontro alla paura di non essere compresi per non barattarla con l’omissione della verità; è scoprire di essere accolti in un abbraccio quando ti verrebbe di tirare un calcio o sapere che non finirà perché “un armistizio – a quella sciocchezza – si troverà per sempre”. E’ avere fede nell’aiuto di Dio quando da soli non si riesce; appellarsi agli insegnamenti di Cristo e cercare risposte nel Vangelo… Amarsi è lasciarsi e riprendersi ogni giorno senza abbandonarsi mai, come con noi non ha fatto il Padre Celeste; è essere coscienti di non farcela da soli e imboccare costantemente quella vena di umiltà che ci regala sempre una risposta e non una domanda: “Anche oggi ti amo“.

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