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Venezia 1568. Due signore marrane in viaggio per Costantinopoli

di Mariano Colla
Il XVI secolo caratterizza uno dei periodi di maggior contrasto religioso tra l’ortodossia cattolica, il protestantesimo, l’Islam e l’ebraismo. L’impero di Carlo V, la controriforma, Lutero, lo scisma anglicano, etc., segnano una fase di forti tensioni religiose e intolleranze, con effetti devastanti sui rappresentanti delle diverse confessioni.
Alessandro Barbero, storico di prestigio che insegna storia medievale presso l’università del Piemonte orientale, ha descritto, nell’ambito di una interessante conferenza tenuta lo scorso 10 febbraio presso l’ Auditorium Parco della Musica, le vicissitudini di una potente famiglia ebraica sefardita, e in particolare di due donne, che nel corso del XVI secolo hanno affrontato il clima di intolleranza e di persecuzione a cui, già allora, erano soggetti gli ebrei.
Pur trattandosi di una storia sostanzialmente vera e sicuramente non nota ai più, essa riveste gli aspetti tipici di un romanzo d’avventura, ricca come è di intrighi, complotti, macchinazioni, manovre politiche, fughe, etc.
Siamo nella Spagna del 1500. I sovrani cattolici hanno riconquistato il paese. Mussulmani ed ebrei o si convertono alla nuova religione o devono andarsene. Regna l’intolleranza nei confronti degli infedeli e l’inquisizione, con il pieno appoggio dei sovrani, domina incontrastata. Molti ebrei si convertono, assumendo il non felice termine di marrani, anche se, nel segreto delle loro dimore, a rischio della vita, alcuni mantengono vive le tradizioni e i rituali. Domina, tuttavia, un clima di paura e di insicurezza e la famiglia Nasi, pur composta da ebrei convertiti, migra in Portogallo, alla ricerca di un ambiente più tranquillo.
A Lisbona il 20 Giugno 1510 nasce Grazia Nasi, alias Beatrice de Luna – secondo la denominazione cristiana. Nel 1528 sposa Don Francesco Mendes, ricco e potente commerciante di spezie, a capo della comunità dei marrani di Lisbona. Il Portogallo, proprio in quegli anni, grazie a Vasco de Gama, apre una via marittima diretta verso le Indie e diventa centro dei commerci verso i paesi asiatici. Francesco Mendez aumenta a dismisura le proprie ricchezze. Alla morte del marito, nel 1535, Grazia e la figlia ereditano la metà dell’immenso capitale, circostanza che, visti i tempi, conferma le straordinarie doti di Donna Grazia, che pur avendo solo 25 anni, ha la statura e la personalità per sostituire il defunto marito nelle responsabilità commerciali dell’impresa.
L’altra metà del patrimonio Francesco Mendez la lascia al fratello Diego che vive ad Anversa.
Inizia con questi eventi un racconto che, nella sua complessa articolazione, contempla situazione contrastanti. Da un lato vengono evocati i lussi di un ambiente avvezzo alla ricchezza, alla sapiente gestione del denaro e alle relazioni sociali di alto livello, dall’altro emergono atmosfere cupe e preoccupanti, alimentate da una accentuata sensibilità al pericolo, alla necessità di occultamenti, al timore di delazioni.
L’intreccio narrativo dischiude scenari a volte drammatici a volte sereni nel rocambolesco dipanarsi di circostanze sfavorevoli o favorevoli a Grazia Nasi e alla sua famiglia.
Il Portogallo smette presto di essere un’isola felice per gli ebrei. L’inquisizione estende i suoi artigli anche su questo paese, grazie ad accordi politico-religiosi tra i sovrani di Portogallo e Spagna. Anche se formalmente cristiani, i marrani vengono visti con sospetto e sfiducia, portatori occulti di una fede eretica.
Donna Grazia, vedova e ricchissima, consapevole delle proprie capacità, padrona delle proprie azioni e senza più la tutela di uomini – padri o mariti – che la potessero ostacolare nelle sue decisioni, lascia il Portogallo per trasferirsi ad Anversa. Con sé, oltre alla figlia, Donna Grazia conduce ad Anversa la sorella Brianda e la figlia di lei, Beatrice.
Anversa, come Lisbona, è un’importante città commerciale i cui traffici si sono sviluppati esponenzialmente a seguito dello sfruttamento economico del continente americano. Le prospettive per ulteriori guadagni sono allettanti. Inoltre, e soprattutto, la città anseatica sembra ancora assicurare una certa tranquillità ai marrani d’Europa. Ma presto anche qui Carlo V fa sentire la forza del proprio dominio e Donna Grazia è costretta un’altra volta a fuggire.
La prossima meta è Venezia, città che può vantare un certo liberismo commerciale e istituzionale, tale da non favorire forme persecutorie nei confronti degli ebrei.
A Venezia la famiglia Nasi si insedia in un palazzo prospiciente il Canal Grande. I Nasi sono ricchi e formalmente cristiani e, pertanto, per loro non si aprono le porte del ghetto.
Icone di un mondo lontano si alternano e si integrano sul palcoscenico di un’Europa dilaniata dai contrasti religiosi, laddove in gioco non vi era tanto l’affermazione di questa o di quella fede, quanto la sopravvivenza o la morte sul rogo come eretici.
In tale contesto lo spostamento degli ingenti capitali della famiglia da una città all’altra implica operazioni complesse che, tuttavia, Donna Grazia gestisce da par suo, con l’autorità conferitale dall’immenso patrimonio, pur con le difficoltà che, di volta in volta, emergono al’interno della famiglia sulla distribuzione delle eredità.
Vari personaggi fanno capolino nell’intricato quadro delle trattative, tra cui il cugino Giuseppe, potente emissario del sultano Selim II di Costantinopoli, nipote di Solimano il magnifico. Anche il misterioso oriente inizia ad acquisire la sua rilevanza nel racconto.
Ma non trascorre molto tempo che anche a Venezia si diffonde l’ossessione del complotto ebraico, già ampiamente radicato in gran parte dell’Europa. Si teme il potere ebreo che domina banche, finanza e commerci. La concorrenza commerciale tra i mercanti veneziani ed ebrei è molto forte e questi ultimi godono, inoltre, di privilegi proprio da parte dell’impero Ottomano, che non è affatto indifferente alle capacità finanziarie e commerciali del popolo ebraico. Giuseppe Nasi è molto potente e tale potere preoccupa i veneziani al punto da determinare l’espulsione da Venezia del ricco ebreo che si trasferisce definitivamente a Costantinopoli.
Anche Donna Grazia è costretta a lasciare Venezia per trovare asilo a Ferrara, presso la corte di Ercole II d’Este e Renata di Francia. Ferrara è una piccola isola di tolleranza e di diversità nell’ambito di un’Italia impregnata dai dettami della controriforma. Molti ebrei trovano ospitalità nella città al punto che Donna Grazia abiura e, pubblicamente, si dichiara nuovamente ebrea, dichiarazione che, in altri luoghi, l’avrebbe condotta al rogo.
Ma Ferrara non è potente a sufficienza per reggere le pressioni del potere secolare della Chiesa e la signora Nasi deve cercare altri lidi. Non rimane che una meta: Costantinopoli. L’Islam non ha pregiudizi, e garantisce una certa tolleranza alle religioni del libro, tra cui, appunto, l’ebraismo.
Qui, finalmente la famiglia Nasi trova pace, ricomponendo sotto un unico ceppo i dissidi interni che avevano, strada facendo, messo in difficoltà l’unità della famiglia e del patrimonio.
Il fatto che la storia si concluda nella tolleranza dell’Islam che accoglie proprio quegli ebrei che il Cristianesimo ha perseguitato, pone molti quesiti sulla effettiva applicazione storica dei messaggi evangelici e sui principi di fratellanza, solidarietà, carità ed accoglienza che ogni religione fa propri ma che la storia modula in modo assi diverso.
Al di là dei dettagli storici forniti dal prof. Barbero, la vita di Donna Grazia, di sua figlia e delle famiglia Nasi, viene scandita nelle pieghe di un racconto, laddove i luccichii di una grande ricchezza sono sfumati dalle difficoltà di una continua peregrinazione, da un persistente senso di precarietà e dalla consapevolezza di essere apolidi. Ma, nel contempo, la determinazione ebraica emerge in tutta la sua forza a difesa della propria identità e, in qualche modo, dei propri privilegi.
Da Costantinopoli Donna Grazia esercita una intensa politica a favore degli ebrei, sfida il Papa e i suoi interessi in territorio italiano, boicottando le attività commerciali legate allo stato pontificio, finanzia grandi progetti in terra d’Islam, tra cui moschee scuole, ospedali e non ultimo ottiene dal sultano il permesso di realizzare un progetto di città sul lago di Tiberiade, primo esempio di sionismo ante litteram.
Nel 1569 Grazia muore e ci si dimentica di lei.
Solo ai nostri giorni il personaggio è ritornato alla ribalta.
Nel 2010 a New York hanno celebrato il Donna Grazia day e, oggi, il personaggio gode di una pagina Facebook.
La sua probabile effige emerge da un medaglione in bronzo dell’epoca. Un profilo forte, austero, ma anche molto femminile, a rappresentare qualità che la potente donna ha saputo coniugare al meglio.

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