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'Il sacro': incontro con Umberto Galimberti al Festival della Spiritualità di Torino

dal nostro inviato Elisabetta Rossi
Giobbe, messo duramente alla prova, chiede a Dio ragione delle sue sofferenze, ma la risposta che ottiene segna la distanza tra ragione umana e disposizione divina: “Dov’eri tu quando mettevo i pilastri alla terra?”galimberti
Al Festival della Spiritualità, il filosofo e psicoanalista di formazione junghiana Umberto Galimberti di una cosa é certo: con Dio non si può ragionare, Dio abita la dimensione del sacro dove tutto accade.
Come può l’uomo abituato a scegliere tra il bene e il male come criterio di orientamento, rapportarsi all’enigma del sacro, che gli sfugge per enormità, lontananza e mistero? E quali scelte si aprono a chi voglia affacciarsi su questa dimensione?
Galimberti guida in questo ragionamento il pubblico riunito al Teatro Carignano (che per l’occasione fa il tutto esaurito) quel pubblico che potremmo definire, prendendo impropriamente in prestito un termine calcistico, la sua “tifoseria”.
La ragione non è la verità ma un sistema di regole che si basa su alcuni principi e serve all’uomo per vivere fuori dal caos, per ridurre l’angoscia, la paura dell’imprevedibile.
I matti come  i bambini abitano l’area del sacro perché non hanno ancora raggiunto la ragione che fissa l’identità dell’esistente in modo che “una cosa sia una cosa e non altro”, che una bottiglia, per esempio, sia una bottiglia e non un corpo contundente.
Noi ci riteniamo razionali ma in realtà ci produciamo nella ragione. Ognuno è abitato dall’irrazionale  e lo percepiamo nel sogno dove si infrangono le regole e i principi. Il sogno é il teatro della follia.
I poeti, gli artisti appartengono alla follia e non alla ragione: l’oscillazione del significato delle parole, l’infrazione del razionale è poesia.
Ogni volta che ci innamoriamo siamo folli: l’innamoramento è un delirio e, come dice Freud, l’unica differenza è che l’amore dura poco.
Le religioni hanno avuto il compito di contenere la follia, di relegare il soggiacente, la nostra personalità, perché se siamo uguali sotto il profilo razionale non lo siamo nel nostro profondo.
 

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