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Ecologia del vivere: non ci sono più deleghe in bianco per nessuno!

di Peppe Mariani
L’espressione che utilizzo vuole esprimere il disagio che stiamo vivendo: nei confronti del nostro futuro che non vede luce di soluzione; nei confronti di noi stessi, diventati ingranaggi di una società strutturalmente ingiusta; nei confronti di questa politica che ci utilizza sfacciatamente.
Stiamo precipitando in un buco nero, dove a pagare, saranno i nostri figli e tutti noi. Non possiamo permetterlo e forte deve diventare la pressione civica che dimostri il nostro dissenso, iniziando a dire, per esempio: non ci sono più deleghe in bianco! Forse è un paradosso ma dobbiamo palesarlo. Affermiamo questa convinzione, non per chiedere il voto in modo diverso e furbesco, né tanto meno in nome dell’antipolitica o del populismo più idiota lanciato da teatranti, politicanti e incantatori da due soldi.
La politica, che significa solo amministrazione della “polis” per il bene di tutti, un atto di amore verso la comunità umana, oggi, forse, deve avere la forza visionaria di iniziare una nuova rigenerazione sociale, umana. Vedo in questa congiuntura economica e sociale, pericolosa e piena d’insidie, una sorta di sindrome da sabbie mobili, con la politica politicante che gioca con acrobazie irridenti, perché intanto sa bene, che succederà a se stessa perché non sa né crescere né morire. Tuttavia questo dipende da noi, farli crescere o morire; invece rimaniamo intrappolati in questo tragico dilemma che intanto consuma il nostro futuro e uccide i sogni delle giovani generazioni. Intanto, il nuovismo si accoppia con facilità, con l1381377_10201342195990590_519082665_na rabbia, la capitolazione, la confusione senza risposta, figliando un mondo del pressappoco, che rende spesso inutile e flaccido il volontarismo civico e politico. Sembra che ogni scelta azzardi il miracolo. Le scelte sono atti di grande responsabilità che decideranno il destino nostro e di chi verrà dopo. Eppure, pensiamoci un attimo: cosa è più stonato rispetto alla melodia monocorde che impone la tirannia della scelta, che ci imprigiona in quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Che cosa disturba più i funambolismi dei soliti noti e la demagogia populistica dei nuovi teatranti? Cosa, soprattutto, fa saltare i numeri dei loro sondaggi, del lavoro che mettono in campo per scippare ancora una volta consenso e poltrone? Quali sono le parole che al solo sentirle fanno strabuzzare gli occhi come nel peggiore degli incubi? Il mio voto non l’avrete mai!! Deleghe in bianco a nessuno! Dobbiamo sentire forte il richiamo della centralità della persona e un senso critico che deve saper sconfiggere quel senso di minorità o d’innamoramento che spesso ci pervade ogni qualvolta non troviamo punti di riferimento accettabili e allora ci buttiamo dove meglio riusciamo a raggomitolare la nostra rabbia o forse la nostra speranza. Un sistema così maligno che si ciba di corruzione non deve essere un destino ineluttabile. Non possiamo accettarlo! “Molte storie portate in primo piano dalla cronaca in questi anni hanno un comune denominatore: una profonda solitudine sociale a corollario della povertà e che non sempre la povertà da sola è sufficiente a spiegare. Famiglie che si sfaldano, condomini che ergono steccati, luoghi di lavoro disattenti ai rapporti umani, vite vissute di corsa e distratte da mille impegni. E allora spesso ti ritrovi solo ad affrontare il mondo. E da soli tutto è più complicato: la fine di una relazione, il mutuo da pagare, la perdita del lavoro, un debito, la malattia. Della crisi economica sono chiamati a rispondere la politica, le imprese, la finanza. Della solitudine siamo responsabili tutti: come fratelli, come amici, come colleghi, come vicini di casa”. Queste sono le parole che dobbiamo decantare fino allo sfinimento.

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