di Lidia Monda
Restare o andarsene da Napoli è sempre questione di quanta consapevolezza si infonde nella scelta, ed è ovvio che restare, ma restare inerti non si può più. Ci sentiamo un po’ tutti tirati per la giacchetta, strattonati dalle spinte antitetiche di rimanere e lottare per la nostra città, o di abbandonare tutto e tutti per un vivere normale seppure lontano dalle nostre origini.
Un risposta ha provato a darla Umberto De Gregorio, organizzando un vivace dibattito sul tema “Napoli, eterno dilemma : restare o fuggire?” che si è tenuto ieri mattina presso l’Hotel Alabardieri, in pieno centro di Chiaia. Sono intervenute eccellenze napoletane che hanno intrapreso strade del tutto diverse fra loro: chi per scelta preferendo vivere all’estero, come il super-manager europeo Rosario Bifulco, chi per dedizione come Maurizio Massari, ambasciatore italiano in Egitto, e chi invece per cuore decidendo di restare, come Maurizio Barracco.
Il brain drain , la fuga di cervelli, è un fenomeno che non riguarda solo Napoli e il Mezzogiorno, ma tutta l’Italia in genere. Ma da dove viene questa tendenza centrifuga? Le ragioni sono state ben evidenziate da Luciano Brancaccio: siamo statici, e con una rigidissima mobilità sociale. La chiusura delle professioni in un’ottica familiaristica porta il figlio dell’avvocato a fare, guarda un po’, l’avvocato, e porta, peggio ancora, l’avvocato ad assumere sempre e solo il figlio. Dunque chi vuole fare “il salto sociale” preferisce affrontare una realtà di lingue e costumi diversa, ma con la speranza di non vedere mortificata il merito.
Napoli in questo non fa eccezione ma una sua valorizzazione come città globale, capitale del Mediterraneo forse sarebbe una buona strada da percorrere per sdoganarsi da vecchie dinamiche e tendere a nuovi mercati. La nuova frontiera commerciale è l’Africa, oggetto di interesse e di acquisto già oggi, da parte di Cina e India. E allora persino l’appellativo di “capitale del Nord Africa” potrebbe essere ribaltato e diventare addirittura un fattore di vanto.
Maurizio Barracco ci crede ancora: Napoli e il Mezzogiorno sono destinati a riemergere dalle ceneri e alcuni segni di forte positività già sono evidenti. Aumenta l’export laddove Francia e Germania hanno registrato addirittura segnali negativi, e ci solleva sapere che il trend è in crescita innanzitutto nel Mezzogiorno, come in Sicilia (+ 22%), o in Campania (+12%). Per rilanciare l’economia servono investimenti su quattro punti fondamentali: ricerca, innovazione, formazione manageriale e internazionalizzazione. Per fare questo servono soldi ma sono in arrivo più di 70 miliardi di euro attraverso i Fondi di Coesione, destinati a dare spazio ai distretti produttivi, dall’agroalimentare all’aeronautica.
Allora restare non è solo un’impresa da masochisti incalliti? C’è un futuro per la nostra città? Parrebbe di si, e mentre quasi si tira un sospiro di sollievo, ecco che in sala si accende il dibattito.
E’ vero, come dice un giovane imprenditore che vorrebbe i nostri bimbi bilingui e informatizzati che è necessario formare meglio le nuove generazioni, ma è altrettanto vero che questa mentalità così aperta qui da noi vale a metà. L’offerta del lavoro oggi è costituita non solo da ingegneri, economisti, o interpreti, ma anche da giovani professionisti che con tre master all’attivo che entrano negli studi e non ce la fanno a pagare non dico la cassa di previdenza, ma neppure il canone del telefonino, se non fosse per mammà.
E’ verissimo, come rimarcato dalla senatrice De Feo, che l’azzurro di Napoli ristora il cuore e che ci si potrebbe avvalere dell’infinita risorsa che è il turismo per rilanciare una città come Napoli, dalle infinite bellezze, ma è anche vero che il turismo ha bisogno di rotte certe e competitive che si avvalgano di infrastrutture e di sicurezza, perché a nulla vale avere il tesoro di San Gennaro se poi il turista viene sviato e derubato nel tentativo di andarlo a visitare, o se hai una colosso di portata mondiale come Pompei, che però ti crolla davanti, nello sconcerto generale d’Europa e nella più totale ignavia delle istituzioni.
Ed è vero, infine, come dice Diego Guida, anzi auspicabile, che l’annunciato intervento delle istituzioni possa servire a salvare un pezzo di storia napoletana, ma è altrettanto vero che il futuro di questa azienda dipenderà non tanto da una politica assistenzialista che cala come deus ex machina a salvare il salvabile, quanto da un progetto concreto e ragionato, come quelli lanciati sul web, uno su tutti dal giornalista Enrico Sbandi, di riqualificazione dell’intera zona come “distretto del libro”, di wifi gratuito, e di nuove forme di editoria on demand.
Insomma, restare o andar via è solo questione di prospettiva. E’ questa che deve cambiare per infondere nuova linfa al vivere sociale. Le istituzioni hanno le loro innegabili responsabilità, ma noi dobbiamo assumerci le nostre. Non basta restare e restare inerti. Lingue, informatica e turismo non sono sufficienti. Occorre una forte pressione collettiva per sprovincializzare la nostra classe politica e procedere poi di pari passo, perché senza di loro noi, da soli, non ce la faremo. Dobbiamo allora farci sentire, essere scomodi, smuovere le coscienze di chi ci governa. E cambiare prospettiva. La loro, e la nostra.