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Alla Biennale di Venezia l'arte si proietta nel futuro

di Maria Rosaria De Simone
Arrivare a Venezia, con il treno, ritrovarsi ad aspettare l’alba davanti ad uno specchio d’acqua su cui pendono eleganti palazzi, chiese e Musei. Non fa freddo, non sale la nebbia, ma neanche l’ombra di un bar aperto. Bisogna attendere le sette del mattino, il cielo nero che si apre ad un sole pigro ed una serie infinita di calle da attraversare, lo zaino in spalla, Piazza S. Marco che spezza più di un sospiro di ammirazione. Il tempo sembra essersi arenato dietro al dondolio delle gondole a riposo e ai traghetti luminosi che spezzano il grigiore di un mattino incerto. Finalmente in albergo, un cambio veloce e via verso la Biennale di Venezia.
Due sono le sedi, una alle Corderie dell’Arsenale, un’altra, ai Giardini. spazi grandi, ma circoscritti in cui il visitatore si trova ben accolto.
La Mostra rimarrà aperta fino al 24 Novembre ed ogni anno si ripropone in maniera sempre rinnovata, dando spazio all’arte, all’immaginario e all’immaginazione, all’intuizione che fa crescere e allunga lo sguardo verso la sperimentazione e verso il futuro.
Rimanendo, al contempo, specchio di una realtà in cui siamo immersi.  Circa trecento gli artisti di tutto il mondo,  chiamati ad esporre in padiglioni divisi per nazione.
All’ingresso delle Corderie dell’Arsenale, fa bella mostra il cuore della Biennale, un enorme modello del ‘Palazzo enciclopedico’ di un artista autodidatta Marino Auriti, che di professione faceva il meccanico e che avrebbe voluto ospitare tutte le conquiste dell’umanità, fonte di conoscenza universale, dalla ruota al satellite.
Marino Auriti, nel 1955 depositò infatti, in Pennsylvania un progetto di un museo immaginario di centotrentasei piani. Enorme. L’opera dà il nome alla Biennale di quest’anno, anche se poi, ogni nazione, nei suoi padiglioni, ha seguito un tema specifico e in piena libertà.breton
La mostra comunque apre le sue porte, nei giardini, presentando, nel padiglione centrale, il Red book dello psicanalista Jung, un manoscritto segreto, in cui sono raccolte le sue allucinazioni, visioni, fantasie autoindotte, un lavoro che occupò sedici anni della sua esistenza. Per la prima volta il libro è stato esposto in Italia e le sue illustrazioni sono davvero un colpo d’occhio interessante, che offre notevoli spunti per comprendere meglio un personaggio che tanta parte ha avuto, con i suoi studi, per la psicanalisi.  E dopo Jung e la maschera di Breton, il padre del surrealismo, che ad occhi chiusi si presenta ai visitatori per indurli a guardare dentro se stessi, aldilà del reale, una serie di stanze con centinaia di opere tutte particolari e differenti le une dalle altre e tutte da scoprire.
Impossibile non recarsi in ogni padiglione legato ad una nazione per scoprire, in ognuno, messaggi sul senso dell’esistere e riflessioni attraverso l’arte su quello che rappresenta la società contemporanea.
Un mondo da scoprire, angolo dopo angolo, lasciandosi attraversare dalle sensazioni più svariate, talvolta anche dalla delusione o dalla incapacità di comprendere o di condividere.
Forse il padiglione che racchiude l’opera più bella è quello di Venezia, che accoglie con l’immagine tesa e verticale, su una stoffa quasi impalpabile, di una donna nuda tessuta in fili rossi, che partono dal pavimento come fossero nervi ed arterie per disegnarla e mostrarla al visitatore che ne rimane abbagliato e l’ammira in tutta la sua altezza.
In conclusione, vale la pena camminare nei giardini della Biennale di Venezia, interessante e assolutamente da vedere perché offre uno spaccato dell’arte contemporanea di tutto il mondo. Certo, si presenta come un’arte inquieta e inquietante, drammatica nella sua ricerca di significato. Fa riflettere. Mostra i limiti della società contemporanea, persa, in crisi e alla ricerca di significato e significante.

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