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L'America profonda di Joe Bageant

Lo scrittore e giornalista Joe Bageant

Di Valentino Salvatore

E’ da poco uscito anche in Italia il libro del giornalista free lance statunitense Joe Bageant, La Bibbia e il fucile. Cronache dall’America profonda. (Bruno Mondadori Editore; Collana Presente storico, titolo originale “Deer hunting with Jesus”, traduzione di F. Galimberti; 230 pagine, prezzo di copertina 18 €).
  Un columnist dalla scrittura vivace che viene proprio da quell’America, la comprende e sa descriverla senza moralismi ed indulgenze. Nato a Winchester, un paesino della Virginia, è stato soldato in Vietnam,  divenne hippy, fu marxista, si riscoprì buddista, il tutto mentre svolgeva il suo impeccabile lavoro di reporter in giro per il mondo. Alla fine, si è deciso a tornare nella sua terra per raccontare le storie di quelli che sono rimasti. Proprio per questo, in maniera forse più efficace, il suo libro è uno spaccato vivo e sentito della sterminata provincia statunitense.
Lontana da East e West Coast, dalle grandi metropoli dal profilo economico e sociale dinamico, con una cultura liberal e i più alti tassi di scolarizzazione, in questa “terra di mezzo” resiste invece tenace il tradizionalismo redneck dei bianchi. Ma non è più quella gente modesta, semplice e schietta stile The Beverly Hillbillies che migrava in città. Ormai la decadenza di questa America, sempre più abbrutita, somiglia alla crisi e all’alienazione dell’Italia rurale fotografata decenni fa da Pier Paolo Pasolini. Secondo Bageant, la situazione va velocemente peggiorando e il magma sociale è in fermento.
Crisi economica, aumento della disoccupazione e delocalizzazione industriale, con i capitali che fuggono in mercati più appetibili come quelli cinesi, lasciano un vuoto difficile da riempire. Sullo sfondo una televisione di bassa qualità, per moltissimi unico punto di contatto col resto del mondo, che semina una diffusa ignoranza. Complice anche il sistema scolastico inadeguato, insidiato dai tagli e dove è difficile portare idee nuove, che non riesce a contrastare la dispersione. Per moltissimi infatti la prospettiva andare è lavorare – duro – il prima possibile, piuttosto che perdere tempo dietro ai libri.
E’ in queste lande che prende sempre più piede la protesta conservatrice del Tea Party contro il “socialista” Obama, accusato di voler aumentare le tasse e di essere in realtà un musulmano. Dove dilagano i fondamentalisti e i predicatori, soprattutto nella famigerata Bible Belt, che si lanciano in crociate contro l’evoluzionismo nelle scuole, gli omosessuali e tutto ciò che ritengono il male, uscito dal vaso di Pandora della modernità per distruggere l’arcadia statunitense. Quell’America che si trova appena usciti da una grande città, fotografata ad esempio nei film dei fratelli Cohen o impietosamente bersagliata negli sketch di Bill Hicks. D’altra parte, è proprio quella parte del paese che va fiera del proprio isolamento. Viaggiare è difficile e i grandi spazi americani più che una opportunità, come vengono dipinti nella mitologia dei film, diventano un ostacolo.
 Quindi, orgogliosi della propria autarchia, questi americani maneggiano con disinvoltura le armi, vanno a caccia e non vogliono che pietosi animalisti o pacifisti rompano le scatole. Si esaltano con un patriottismo che vive di memorie stantie, da seconda guerra mondiale o da Vietnam, e guardano in cagnesco il resto del mondo. Con il trauma dell’11 settembre, il crollo delle Torri Gemelle e le campagne in Afghanistan e in Iraq, il militarismo dell’America conservatrice trova ulteriore slancio e si fonde col montante sentimento anti-islamico. Anche perché arruolarsi è per molti una delle poche possibilità lavorative offerte.  
E’ anche – anzi soprattutto – questa parte del paese che va conosciuta, come ci aiuta a fare Bageant nel suo viaggio personale e a suo modo appassionato, svelando il volto più insolito e recondito dell’America, quello più scomodo.

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