di Lidia Monda
Sandor Marai diceva che Napoli era l’unico posto dove, da esule, si sentisse a casa. Era “ammaliato” dalla varia umanità incontrata in Campania, così come dai vicoli e dalla bellezza solare di un territorio che finirà per amare e sentire come profondamente suo. Così, quest’amore viscerale per il territorio, quest’attenzione costante per le proprie radici, unite all’importanza dell’arte della scrittura sono le ragioni per le quali, a buon diritto, la prima edizione del Concorso Letterario Nazionale per artisti emergenti è stata dedicata a Sandor Marai. A promuovere l’iniziativa è Francesco Paolo Oreste, poliziotto del commissariato di Pompei e scrittore, con l’Associazione In-Oltre Onlus, la quale, col patrocinio morale della Provincia di Napoli, la Casa Editrice “Il Quaderno Edizioni” e la collaborazione dell’
Presidente della giuria il celebre scrittore Maurizio de Giovanni. E a ben pensarci, chi più di lui, autore di successo, scoperto proprio grazie a un concorso per giovani esordienti?
Promotore dell’iniziativa è Francesco Paolo Oreste, poliziotto, tutore in divisa dell’ordine pubblico e “barricadero”, in prima linea in difesa del territorio contro l’apertura di una seconda discarica nel parco del Vesuvio.
Ha fatto politica, candidandosi per il PD come consigliere comunale, ma è anche poeta e scrittore. Suoi i libri “… mi son visto di spalle che partivo …” e “Tra scegliere e restare ho preferito il mare”.
Così, quando lo incontro al Gambrinus per la presentazione del concorso letterario, non so da dove incominciare l’intervista. Provo, forse, dalla fine.
Francesco Paolo Oreste, poliziotto e scrittore: questo é il paradigma del suo equilibrio personale?
«Un passo dopo l’altro, come camminando su una corda stesa nel vuoto, senza guardare né indietro né troppo avanti, un passo alla volta: l’equilibrio, per fortuna o purtroppo, è sempre un punto di partenza e mai quello di arrivo. E le parole sono l’asticella che mi aiuta ad ogni passo.»
Che cosa significa per lei scrivere?
«Scrivere è un modo per fermare l’attimo, per dare e imporre un nome alle cose, alle sensazioni, a tutto quello che si agita dentro indistintamente. Scrivere è il modo in cui provo a spiegarmi, il modo in cui cerco equilibrio tra dicotomie e ossimori, il modo in cui, un passo dopo l’altro, procedo.»
Nei suoi libri parla della Campania, terra martoriata e offesa prima dalla camorra e poi dallo Stato. Tanta rabbia nelle sue parole ma anche tanta forza di chi lotta, come lei, in prima linea e della gente onesta, dei combattenti di ogni giorno, del piccolo miracolo quotidiano.
«Chi scrive costruisce ponti, apre canali che si possono percorrere in uscita e in entrata. La rabbia deve farsi passione, deve avere spazio e tempo e deve ricevere la giusta cura, per poter crescere, per poter cambiare la realtà che la circonda. Noi ci rivolgiamo a tutti coloro per i quali non vi è corrispondenza tra senso di giustizia e legalità. Il concorso allora diventa un cavallo di troia, un modo per chiedere ai costruttori di ponti di farsi coraggio e di cominciare ad aprire sul serio canali sinceri, attraverso i quali scambiarsi tutto ciò che serve per dare un senso e una direzione alla rabbia che, da sola, non porta da nessuna parte.»
Che cosa rappresenta oggi, nel suo percorso di vita, il Concorso letterario per emergenti dedicato a Sandor Marai?
«Il concorso è un modo per dare spazio, per dedicare tempo, per prestare attenzione a chi vuole diventare un costruttore di ponti, un modo per intercettare, curare e seguire chi ha il coraggio di assegnare un nome alle proprie emozioni. E’ un modo per chiedere, a chi ne ha la voglia o il dono, di spiegarsi e di spiegarci in che direzione andare.
Perché intitolare il premio proprio a questo celebre autore?
Dedicarlo a Sandor Marai e al suo essere vicino ai vinti è un modo per provare a indicare una direzione. Abbiamo scelto un autore fortemente legato alle sue radici, tanto da influenzare il tema del concorso, che sarà “ L’amore verso le proprie radici e verso il proprio territorio”. Radici ovunque esse siano, e territorio inteso in senso lato, anche fuori dal contesto napoletano o campano.»
Ha mai pensato a una versione cinematografica dei suoi romanzi?
«Certo che ci ho pensato! Il problema è che non ci hanno pensato gli altri! Lei chi conosce?»
Quali sono secondo lei le priorità da affrontare in Campania con un ragionevole margine di successo a breve-medio termine?
«La scuola, la scuola, la scuola. Deve diventare fortino inviolabile dalla camorra quanto dal malcostume, il luogo in cui costruire cittadini migliori, il momento in cui intercettare e intervenire su situazioni di disagio e difficoltà. Deve essere il momento fondante di una società che afferma la meritocrazia e che pratica la solidarietà. La scuola prima di tutto. E questo non possiamo farlo in strutture che cadono a pezzi, che subiscono furti di continuo e che hanno personale demotivato e poco valorizzato.»