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L'Ambasciata dell'Aquila a Roma, nuovo slancio alla rinascita

Di Paolo Cappelli

Si è chiusa ieri, presso l’Aranciera del Semenzaio di San Sisto, la manifestazione Ambasciata dell’Aquila a Roma promossa dall’Associazione L’Aquila siamo Noi, voluta per sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e il popolo romani in merito al periodo post terremoto a L’Aquila e nella regione del cosiddetto “cratere” abruzzese. L’ultima delle tavole rotonde, dal titolo “La Rinascita dell’Aquila passa attraverso la ricostruzione di un forte e coeso tessuto sociale”, ha visto alternarsi ai microfoni Franco Gabrielli, Vicecapo Dipartimento per l’Area tecnico amministrativa e per la gestione delle risorse aeree della Protezione Civile; Adriano Perrotti, Consigliere Comunale dell’Aquila; Pierluigi Biondi, Sindaco di Villa S. Angelo, che ha anche moderato la serata; Roberto Campo, Segretario della UIL Abruzzo; Sigilfredo Riga, Presidente delle ACLI (Associazioni cristiane lavoratori italiani) dell’Abruzzo e Roberto Museo, Direttore del CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato).

Nel corso della serata sono stati presentati alcuni progetti per la rinascita sociale dell’Aquila e del suo territorio. In particolare, Sigilfredo Riga ha parlato del Progetto “Casa ACLI”, una struttura polivalente in grado di ospitare i diversi servizi che fanno capo alle Associazioni Cristiane dei lavoratori italiani, ma soprattutto uno spazio di socialità per gli abitanti dell’Aquila, un luogo di incontro per le famiglie, aperta e protesa al terzo settore per fare del sociale un associazionismo sano, fatto di idee e progettualità per ricostruire un tessuto sociale che il sisma ha duramente provato.

Sulla base dell’esperienza maturata in occasione del terremoto del ’98 nelle Marche e in Umbria, è stato stipulato un protocollo di intesa con la Caritas italiana, mettendo insieme risorse e competenze. I fondi raccolti con le varie iniziative e parte delle risorse assegnate alle Acli dal 5 per mille saranno destinati a questo progetto. L’obiettivo ambizioso è inaugurare e rendere operativa questa nuova struttura entro la prossima primavera.

Roberto Museo ha parlato del Progetto “Casa del volontariato e dell’associazionismo”, che ospiterà la sede del Centro Servizi per il Volontariato dell’Aquila, in modo da rincominciare a svolgere l’attività istituzionale ordinaria e varie attività straordinarie in spazi adeguati. Il progetto risulta fondamentale per avere in tempi brevi una sede per poter ripartire e riprogettare il futuro. Sono 107 le associazioni che hanno perso, totalmente o parzialmente, attrezzature e materiali a seguito del sisma (il 37% delle associazioni provinciali).

“I bisogni emersi principalmente a seguito del terremoto – spiega Museo, direttore del CSVnet, dopo aver svolto un’inchiesta su 61 associazioni (tra le quali solo 3 non esprimono nessun bisogno) – riguardano la ristrutturazione degli edifici e, in alcuni casi, la nuova edificazione, un supporto per riprendere le attività, il ripristino delle attrezzature, contributi finanziari per riattivare l’attività. La Casa del Volontariato – continua – si propone dunque di essere uno spazio condiviso dalle varie associazioni, che permette una veloce ripartenza e risparmio economico, in quanto le varie associazioni si ritroveranno tutte sotto un’unica sede”.

Oltre alla Casa del Volontariato, è prevista la realizzazione della Casa dell’Associazionismo: un ulteriore polo di attrazione, di incontro e di confronto, uno spazio per la “socialità”, vicino ai principi della legge sull’associazionismo volta alla promozione sociale e culturale. Le associazioni che hanno aderito per sostenere questo progetto e per usufruirne sono state l’ ARCI, l’ AUSER provinciale, 180 Amici e Avulss L’Aquila, il Centro Studi Gioacchino Volpe, Percorsi, Nuova Acropoli, la Vas provinciale, L’impronta, il Centro Servizio Volontariato.

Pierluigi Biondi ha ribadito l’importanza del Progetto ”Casa dell’Accoglienza per la famiglia e la gioventù”, che si propone come obiettivo la realizzazione di una struttura polivalente su di un terreno di proprietà comunale, dove precedentemente esisteva la Casa delle Associazioni, fabbricato che è stato sottoposto ad ordinanza di demolizione a seguito del sisma. L’edificazione interessa un’area complessiva di 3000 metri cubi, sviluppabili su più livelli, con spazi comuni per lo svolgimento di attività culturali e sociali, un luogo dove far incontrare le esperienze post-terremoto, dialogare e organizzare momenti di incontro e di confronto.

“Le generazioni a cavallo dei 15/25 anni – ricorda Biondi – rappresentano oggi la vera emergenza sociale del territorio colpito dalla tragedia del terremoto; la priorità, quindi è di educare ad una nuova cultura dell’impegno in campo civile, sociale, culturale, professionale e artistico per riacquistare la consapevolezza delle proprie capacità, attraverso lo scambio delle reciproche conoscenze, competenze e inclinazioni affinché torni a riaffermarsi la voglia di protagonismo nel progetto di rinascita complessivo del territorio aquilano”.

Il Progetto Fondazione “Con noi e dopo” è stato illustrato da Adriano Perrotti: “Dopo un faticoso iter politico-amministrativo, durato più di cinque anni, sta per divenire realtà la “Fondazione con noi e dopo – Onlus”, che gestirà un centro polivalente per disabili nella frazione di Pagliare di Sassa. “L’opera – dice – è stata fortemente richiesta dalle categorie più deboli della popolazione anche perché molti disabili, a seguito del sisma, sono stati costretti ad trasferirsi anche fuori regione per trovare strutture che potessero accoglierli. E’ opportuno evidenziare che il centro, oltre ad offrire servizi e attività formative e ricreative a persone con handicap, si propone di favorire l’integrazione con la popolazione del borgo di Pagliare. Infatti – rileva  Perrotti – è prevista la realizzazione di una piccola sala cinematografica, di un teatro all’aperto, di un complesso sportivo, di un bar e di una sala mensa che saranno a disposizione di tutti.” Per la realizzazione del centro è stato firmato un protocollo di intesa con la Protezione Civile, che ha stanziato 1.200.000 euro; per lo stesso importo si e’ impegnato il direttore della Caritas Italiana.

L’intervento di Roberto Campo ha sottolineato le difficoltà di un approccio unitario da parte delle rappresentanze sindacali alla gestione post terremoto, che, in ogni caso, ha consentito di raccogliere un totale di 10 milioni di euro, otto dei quali solo attraverso l’impegno congiunto con CONFINDUSTRIA con il meccanismo del “raddoppio dell’ora di lavoro” (le aziende donavano il corrispettivo di un’ora di lavoro per ogni dipendente, in periodi prefissati, ndr) da destinare a progetti mirati a potenziare L’Aquila come città della conoscenza o a progetti sociali. Non può essere sufficiente la ricostruzione: va (ri)costruito un rapporto con la dimensione universitaria balcanica, rivalutata l’importanza dell’Appennino. “Dopo la stagnazione economica degli anni 2000, è come se si fossimo ristretti gli orizzonti ed è quindi importantissimo affrontare il futuro con molta attenzione. Il federalismo ci può ammazzare: se lo affrontiamo in maniera giusta, con un altro spirito, sarà una risorsa”, ha ricordato Campo.

Al termine della cerimonia, la Presidente dell’Associazione “L’Aquila siamo noi”, Valentina Santucci, ha consegnato due targhe di ringraziamento: una al Prefetto Gabrielli, per “l’incessante opera di supporto durante la fase emergenziale” e l’altra a Pierluigi Biondi, Sindaco di Villa S. Angelo, definito dalla stessa Santucci “il miglior Sindaco dell’area del cratere”.
Quello che è emerso fortemente dalla tre giorni romana è stato innanzitutto il bisogno di luoghi aggregazione: quelli esistenti, infatti, sono stati per lo più distrutti dal terremoto. Le piazze del centro, la biblioteca comunale, i bar storici, sono tutti nella zona rossa e non sono più praticabili. A rendere più difficili gli incontri tra aquilani e la normale vita sociale contribuisce la dispersione delle new town, ormai veri e propri quartieri satelliti di quel centro cittadino che era stato il cuore pulsante della città.

Sui temi trattati abbiamo sentito due protagonisti dell’emergenza delle prime ore, il Prefetto Franco Gabrielli e l’Ing. Titti Postiglione.

Prefetto Franco Gabrielli

Prefetto, in quale fase della ricostruzione dell’Aquila ci troviamo in questo momento?

Siamo agli inizi. Ci deve essere consapevolezza da parte di tutti che l’impresa è complicata, perché non parliamo di un piccolissimocentro. Quello dell’Aquila è il quinto centro d’Italia per contenuto artistico, cui si associano i relativi vincoli. E’ un’impresa estremamente complicata, che metterebbe in difficoltà chiunque. Se poi a tutto questo si aggiungono le divisioni, i contrasti, le strumentalizzazioni, tutto diventa più complicato. Io al tempo dissi che molto era stato fatto e che molto restava da fare, e sono ancora dell’idea che questo sia il problema fondamentale. Come ho ricordato nel mio intervento, al di là degli eventi economici esterni, ci debba essere un contributo da parte degli aquilani in termini di strategie, di comprensione di quello che si vuol fare di questa città. E questo credo ricada sulle spalle di coloro i quali rappresentano la classe dirigente di quella comunità.
I veri attori sono gli aquilani in senso lato, gli abruzzesi. Sono la regione, gli enti locali, i comuni. Devono, certo, essere messi in condizione di agire, quindi devono ricevere risorse. Al di là di tutto devono esserci idee e strategie. L’architetto Nimis a maggio del 2009, quindi a pochi giorni dal disastro, disse che l’esperienza insegna che dove sono arrivati soldi e c’erano idee, vedasi il Friuli, si sono conseguiti risultati eccellenti. Laddove sono arrivati soldi e non c’erano idee o strategie, vedi il Belice o l’Irpinia, tutti questi soldi non hanno reso per il denaro che è stato investito in quelle imprese. Mi auguro che l’Aquila non rappresenti solo la ripetizione del modello friulano, ma addirittura si collochi in una posizione di avanguardia e rappresenti un modo nuovo di gestire la ricostruzione. Bisogna riconoscere con onestà che la complessità della ricostruzione dell’Aquila, con buona pace dei piccoli centri friulani è ben altra cosa.

Ingegnere, Lei ha vissuto dall’inizio e per diverso tempo l’emergenza del terremoto a L’Aquila. Ora che non siamo più in emergenza, a che punto è arrivata la ricostruzione e come si lega al sociale?

Ora inizia la fase più difficile. Non che l’emergenza non lo sia stata. Abbiamo messo in campo uno spiegamento di forze che ha coinvolto tutto il Paese per fronteggiare un evento che è stato straordinario. E’ chiaro che sull’onda del terremoto appena avvenuto, dei bisogni primari, del dare assistenza alla popolazione, in quale modo è tutto più semplice. Quando si torna a una situazione che pur di emergenza, tocca però le cose ordinarie della vita, il pensare al domani, il dover mettere insieme i bisogni della popolazione, le realtà istituzionali, anche i problemi economici, i soldi che non sono mai abbastanza e quant’altro, ecco che il problema si fa veramente complicato. Quindi siamo a un punto fondamentale in cui è opportuno e necessario che tutte le istituzioni, a partire dalla struttura del Commissario, i Sindaci, la Provincia e la Regione svolgano un ruolo sinergico per arrivare comunque all’obbiettivo comune, che è ridare la città agli aquilani e ridare le città a tutti gli altri comuni. Va fatto con un progetto che coinvolga la popolazione e la faccia sentire parte di un progetto comune. L’Aquila non va perduta, così come non vanno perduti tutti i comuni del cratere e l’Abruzzo.

Lei che è un tecnico, ha potuto vedere da vicino i danni causati dal terremoto, soprattutto al centro storico. Se volessimo fissare delle scadenze, quanto ci vorrà per far tornare L’Aquila quella che era?

Noi abbiamo parlato di dieci anni per ricostruire il centro storico. Il problema è che quel centro è ricchissimo di beni culturali e quindi di vincoli. Andare a ricostruire è quindi ancora più complicato che altrove. Questo non significa che non si possa fare. Si deve fare, è una grandissima opportunità per L’Aquila e bisognerà fare in fretta, sicuramente.

Infine, abbiamo voluto dar voce a Valentina Santucci, Presidente dell’Associazione “L’Aquila siamo noi” e promotrice delle tre serate.

Dott.ssa Valentina Santucci, Presidente Ass. "L'Aquila siamo noi"

Dottoressa Santucci, in questi tre giorni ci avete raccontato le vostre iniziative e ne avete chiarito gli scopi. Al di là di Valentina Santucci, qual è il vero motore dell’Ambasciata dell’Aquila?

Il nostro motore è tante cose insieme: è un’idea, quella di vedere comunque rinascere L’Aquila; ed è una speranza, quella di vederla comunque bella come prima, in ciò che erano le sue caratteristiche principali, ma allo stesso tempo all’avanguardia, rispetto alle altre città abruzzesi, perché l’Aquila è stata sempre considerata capoluogo sulla carta, avendo avuto la mancanza del tessuto economico che portava via i professionisti dall’Aquila. Una città con una grande università avrebbe dovuto avere industrie all’avanguardia, che in realtà non aveva. Quindi gli universitari si laureavano e andavano via. La speranza è quella di ricostruire una L’Aquila che mantenga la tradizione che aveva, migliorando ciò che non andava, diventando realmente la guida dell’Abruzzo. E’ idea e speranza insieme.

La vostra associazione si chiama “L’Aquila siamo noi”. Anche a lei chiedo: cosa possono fare i non aquilani, i non abruzzesi, per poter poi dire poi un domani che L’Aquila siamo noi?

Sono aquilani tutti coloro i quali sono venuti in contatto con l’Aquila e vogliono fare qualcosa per l’Aquila. Roma, che mi ha aiutato a realizzare questo incontro, ha contribuito ad accendere i riflettori su un problema, quello della ricostruzione economico-sociale, di cui non si parlava. Il mio obiettivo è quello di creare una vera collaborazione tra città come Roma e Milano, soprattutto per gli artigiani, che sono il settore più colpito e che reggeva l’economia aquilana. Creare collaborazioni tra centri storici, tra gli artigiani per la realizzazione di un prodotto comune, o addirittura far conoscere i prodotti artigiani aquilani mettendoli in vendita nei principali negozi romani o milanesi, anche per ridare una speranza agli aquilani. Questa collaborazione mi interessa sia con Roma che con Milano, per apprendere da loro le tecniche principali dell’economia, ma al tempo stesso per insegnare agli artigiani e agli imprenditori aquilani i passi da compiere per porsi all’avanguardia dal punto di vista economico. L’Aquila comunque è sempre rimasta isolata, chiusa. Prima poteva andare bene, quando il chiudersi era visto come un’autotutela, ma questo non ha permesso di mostrare all’esterno la sua bellezza e le sue caratteristiche, tanto che neanche noi aquilani conoscevamo molti dei prodotti di eccellenza, e questo vale anche per me che sono presidente dell’Associazione. Spero che queste due città ci possano aiutare a far uscire gli stessi aquilani dal guscio che si sono creati e trasformare la città in una d’avanguardia dove si possa osservare una reale ripresa economica. Se l’economia non riparte, si può avere la miglior casa del mondo, ma i professionisti, ovvero la classe dirigente del domani, andranno via.

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