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Asaf Avidan: magia all'Auditorium Parco della Musica

Testo di Ylenia Granitto – Foto di Serena De Angelis

 
Mentre il sole sta calando su un’insolitamente fresca serata di luglio, la straordinaria voce di Asaf Avidan inizia a diffondersi dal palco con una grazia impetuosa e struggente.
Il 34enne cantautore e interprete israeliano si è esibito ieri sera nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma in un one man show di straordinaria suggestione, tanto essenziale quanto generoso di emozioni e sperimentazioni strumentali. Il “Back to basics Tour” segna difatti il debutto da solista di Avidan sul palco – dopo la separazione dal gruppo dei The Mojos – e ci introduce all’ascolto dell’album Different Pulses, pubblicato nel 2013 e qui presentato in una preziosa cornice acustica al centro della quale brillano gli strumenti e la voce unica di Avidan.
Mette a proprio agio il fatto che nonostante le sue corde vocali non conoscano sbavature e continuino ad elargire un canto superbo per tutta la durata dello show, Avidan non si prenda affatto sul serio e scherzi con il pubblico romano come fosse un amico che ci suona i suoi pezzi mentre beviamo qualcosa insieme. E così in canottiera bianca e bretelle con l’inconfondibile taglio mohicano Asaf tiene accanto a sé un bicchiere di whisky che sorseggia di tanto in tanto durante una fluida e schietta sequenza di pezzi ad alto tasso di blues e folk, rock e ricerca elettronica.
Tornando alle basi dà vita e ad una serie di pezzi voce e chitarra partendo da My latest sin che squarcia il silenzio d’attesa della cavea, seguita dal folk di Left behind e Maybe you are. Se chiudiamo gli occhi ascoltando This Cool ci torna in mente l’abrasiva sensualità di Janis Joplin. Attraversando il sound più country di Hangwoman, Asaf si immerge nella sperimentazione elettronica creando suoni profondi e accattivanti, ancestrali e originalmente contemporenei. Il campionatore, la batteria elettronica, percussioni e una bizzarra piccola chitarra costruita con materiali di fortuna vengono utilizzati da Avidan come carte da gioco che volano nelle mani di un prestigiatore esperto. E scivolano via su un vigore vocale che ricorda Nina Simone pezzi come Weak, Bang Bang, I want to Die, Gomorrah… Il finale con il celebre singolo Reckoning Song non accontenta il pubblico che chiede con calore un bis e ottiene Love it or leave it e assistendo ad un trionfante ritorno all’essenziale per Asaf Avidan.

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