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"Camorra Sound" e i taciti silenzi della musica "impegnata"

Daniele Sanzone, classe 1978, nasce in un territorio particolare che non può non influenzare il suo percorso di uomo e di artista. Scampia, quartiere della periferia nord di Napoli, rinomato luogo di criminalità organizzata e terreno fertile per traffici illegali, ma anche luogo di riscatto che, lentamente entra a far parte di numerosi interventi di riqualificazione e che, dalla metà del 2010, è entrato in un progetto che ha portato alla massiccia presenza di forze dell’ordine impiegate a contrastare la criminalità. Daniele è la voce del gruppo ‘A67, che prende il nome dalla LEGGE 18 aprile 1962, n. 167 che regola le disposizioni per favorire l’acquisizione di aree per l’edilizia economica e popolare del territorio.1690163_624911317563275_456622685_n Il loro progetto musicale nasce dall’amore-odio per la città e si pone l’obiettivo di raccontare le verità nascoste delle periferie, riqualificandole. Nel loro disco viene sottolineato l’aspetto culturale del fenomeno camorra. Tema scottante che Daniele decide di riprendere nel suo libro “Camorra sound”, edito da Magenes. Nel testo si focalizza l’attenzione sui risvolti dell’interazione tra musica e camorra, analizzando l’evoluzione storica del fenomeno e invitando numerosi artisti napoletani ad esprimere la loro visione del complesso argomento indagato. Ne viene fuori un excursus ricco di particolari aneddoti e stimolanti spunti che invitano costantemente alla riflessione.
Da cosa e da dove nasce il tuo libro e quali sono le emozioni predominanti che lo hanno generato e accompagnato durante la stesura?
«Nasce dalla curiosità di conoscere come la cosiddetta musica “impegnata” si è rapportata, negli anni, al dramma della camorra. Grazie a questo libro sono cresciuto tantissimo. Ero partito con una visione ben precisa e pensavo di conoscere già le risposte a tutte le mie domande, ma presto ho dovuto rimettere tutto in discussione continuamente. Ho vinto diversi pregiudizi su determinati generi musicali e soprattutto gli accesi dibattiti con musicisti e operatori culturali mi hanno permesso di ampliare gli spunti di riflessione su un lavoro a dir poco complesso».
Nel testo hai cercato di analizzare, anche attraverso numerose interviste, la visione dei più rinomati musicisti italiani in merito all’idea di camorra e alla relazione che ha avuto con la musica. Come riassumeresti questo insieme di idee?
«Si tratta di un processo complesso nella misura in cui sia la musica sia la camorra sono cambiate nel tempo, così come è cambiata la nostra percezione del fenomeno criminale. Credo che negli anni ci siano stati fondamentalmente quattro approcci al problema camorra: disinteresse, giustificazione, esaltazione e condanna. Approcci nati da una serie di concause che si sono succedute e spesso sovrapposte negli anni».
Qual è, invece, il tuo personale punto di vista in merito?
 «La difficoltà più grande di questo lavoro è stata quella di trattare un fenomeno di cui faccio parte, anche per questo ho scelto una forma rigorosa come il saggio. Con gli ‘A67 abbiamo dedicato il primo concept album alla criminalità organizzata: ‘A Camorra Song’ Io (Polosud, 2005), quindi credo che la mia/nostra posizione sia chiara».camorra-sound-copertina
La tua musica rispecchia un contesto emblematico e complesso. Quali sono gli elementi che ami della tua città e cosa, invece, cancelleresti?
«Come tutti i napoletani veri amo e odio in modo viscerale la mia terra. L’amo perché è vera in ogni sua sfumatura, mentre la odio per tutto quello che potrebbe essere e purtroppo spesso non è».

Walt Whitman ci spingeva a donare il nostro verso al mondo. Qual è il tuo? E come pensi possa contribuire a modificare lo stato delle cose?

«Spero di scriverlo un giorno…».
 

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