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Perchè ha vinto la Germania

di Matilde Mangold
Visto che è l’argomento del giorno e non si può prescinderne (nonostante l’orrore della guerra che sta attanagliando due paesi non tanto lontani da noi), scrivo anch’io due parole sulla vittoria della Germania e sulla sconfitta di tutto il resto, ovvero la sconfitta di una mentalità sportiva datata, gonfiata, che non paga, e che è emblematica anche del diverso approccio in tutti i settori della vita di un paese.
Nella vita l’approccio è l’80% del risultato, e non si può puntare sulle individualità se si vuole conseguire un risultato che è per antonomasia collettivo. Le individualità si integrano in un insieme, oppure rimangono isole nella corrente che non possono determinare alcunché, e rischiano persino di stonare. E le dichiarazioni urlate, gli slogan pomposi e iperbolici, gli atteggiamenti da divi non servono a nulla ai fini di una competizione sportiva: servono soltanto a enfatizzare l’eventuale risultato negativo, poiché creano aspettative eccessive e poiché chiunque dica “io sono il migliore del mondo” poi deve dimostrare, nell’immaginario collettivo, di essere il migliore dell’universo, perché la boria non è mai unificante né funzionale allo spirito di un gruppo.CAM00673
La Germania ha vinto perché ha saputo fare gioco di squadra, ha saputo far emergere il gruppo, la sintonia, ha saputo lavorare con determinazione e impegno senza concessioni ai divismi personali, all’esposizione mediatica caricata di istrionismo, concentrandosi sulla coesione e sugli incastri del gruppo piuttosto che sul soprannome di battaglia o sull’ultimo tatuaggio trendy o sulla fidanzata velina di turno o sulla pettinatura più originale da esibire quale emblema della propria presunta originalità (ricordiamo che l’originalità si estrinseca autonomamente attraverso la personalità e le genuine azioni, non si comprova tramite un look da copertina patinata). Nessuno si era accorto dei giocatori tedeschi, ad osservarli nessuno saprebbe distinguere il loro look da quello di un semplice ragazzo sportivo: facce pulite e semplici, corpi atletici, nessuna concessione agli orpelli inutili, l’immagine dello sportivo “vero”, insomma, di colui che compete con se stesso prima ancora che con gli altri, sulla base di concretezza e forza reale.
E non venitemi a dire che i tedeschi sono “tristi” perché non esultano come se avessero vinto alla lotteria: forse, a differenza della mentalità mediterranea che sta guastando i paesi latini come il nostro, le nazioni come la Germania hanno capito da tempo che il successo è fatica e impegno, e che se un team sportivo vince, la vittoria vera del paese non è in quella coppa sollevata ma in ciò che i cittadini hanno nella vita di tutti i giorni. La vera vittoria non è mai una iperbole compensatoria, ma è un successo che ognuno di noi persegue nelle proprie giornate, e appena conseguita una vittoria si inizia subito a lavorare per quella successiva: perché la vita è un percorso, non un traguardo, e più lo si affronta con equilibrio ed umiltà, più grandi e genuine saranno le gioie.

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