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Ricky Tognazzi al Festival di Roma con Il padre e lo straniero

di Mario Masi
Ricky Tognazzi porta al Festival del Cinema di Roma, dedicato quest’anno a suo padre, proprio un film sulla paternità: Il padre e lo straniero.
Alessandro Gassman, Ksenya Rappoport e Amr Waked danno vita alle vicende di Diego un impiegato romano con figlio disabile che conosce Walid, un ricchissimo uomo d’affari siriano anche lui padre di un bimbo gravemente handicappato. Dalla stessa sofferenza nasce un’insolita amicizia e i due cominciano a frequentarsi tra bagni turchi, spese di lusso e una misteriosa cognata di nome Zaira. Insieme si recano con un volo privato in Siria a scoprire il pezzo di terra che Walid ha comprato per il figlioletto. Al ritorno da quello strano viaggio-lampo, il dolore che impediva a Diego e sua moglie (Ksenia Rappaport) di ritrovare la passione, pian piano svanisce, proprio mentre il misterioso Walid scompare, inseguito dal sospetto di terrorismo.
Dal romanzo di Giancarlo De Cataldo, che ha collaborato anche alla sceneggiatura, Ricky Tognazzi  porta in scena la paternità, la disabilità e la diversità, qui vissuta come opportunità che va oltre paure e pregiudizi.
Qual’è stato l’ approccio al tema della malattia infantile?
Alessandro Gassman: Ho avuto la fortuna di leggere il romanzo prima di sapere che avrei partecipato al film e non lo dico solo perchè Giancarlo è qui. Confesso che è un romanzo che mi ha profondamente emozionato. Mi sono sempre chiesto quale sarebbe stata la mia reazione di fronte all’argomento e la risposta è che probabilmente non avrei mai avuto nella vita reale la fortuna di conoscere un uomo come Walid. L’importanza di questo film è proprio questa secondo me, la conoscenza di qualcosa che è lontano da noi può aiutarci a migliorare la nostra esistenza. Abbiamo lavorato con bambini disabili, è stata un’esperienza molto toccante, fortificante. La grande abilità di Ricky è stata quella di rendere questo racconto mai patetico ma profondamente toccante proprio per l’asciuttezza nel toccare un argomento così delicato.
Kseniya Rappoport: Purtroppo non ho letto il romanzo, perché per me è difficile leggere in italiano, ma sono onorata di aver conosciuto Giancarlo e sua moglie. Sono rimasta veramente molto impressionata da queste persone. Ho una famiglia di amici che hanno un bambino disabile. Sono andata anche in Russia in un centro che aiuta questi bambini, con cui sono rimasta amica. Sono sentimenti molto difficili da descrivere qui.
Come è stato affrontato il tema del confronto fra due culture sulla figura paterna?
Ricky Tognazzi: Sono felice di essere a questo Festival del Cinema, in concomitanza con la dedica che il Festival a fatto a mio padre e con la presentazione del film di mia sorella Maria Sole, che ha raccontato ed ha scoperto tante cose di mio padre, dimostrando che la conoscenza di personaggi così forti continua anche dopo la loro scomparsa. Sono qui con un film sulla paternità, sulla difficoltà di essere padri fino in fondo. Il protagonista del mio film vive una vita normale e impara attraverso la conoscenza e l’amicizia con Walid a diventare padre. In passato abbiamo raccontato storie di crescita di ragazzi che a contatto con un padre diventano uomini, qui abbiamo tentato di raccontare la crescita di un padre che impara a diventare tale attraverso questo sentimento molto forte che è l’amicizia. Abbiamo l’opportunità di imparare attraverso le diversità . Siamo una società che finalmente non è più a crescita zero ma abbiamo tanti stranieri fanno bambini e per questo non ci siamo arrestati, è una diversità che arricchisce quella che racconto e che spero che il messaggio arrivi allo spettatore.
Come è nata l’idea del soffio sul viso del bambino nel romanzo?
Giancarlo De Cataldo: La storia è in parte autobiografica e racconta della mia esperienza personale con la disabilità e l’ispirazione per il romanzo mi è venuta tanti anni fa, quando ho scoperto che mia figlia era gravemente malata come il ragazzo protagonista del film. Venti anni fa si usava l’espressione handicap, le parole diversità, diversamente abile, disabilità, sono tutte parole che sono venute dopo, come strumenti per mettere dei muri di gomma , per edulcorare una condizione terribile. Spero si riesca ad organizzare delle proiezioni con associazioni che si occupano di disabilità, sarà interessante vedere le reazioni di chi sta dall’altra parte. Il soffio è un modo per esprimere il grande buco nero in cui finiscono i bambini affetti da disabilità: non vanno verso il mondo come tutti gli altri bambini che si avvicinano e lo vanno a conoscere. Chi nasce in queste condizioni è fermo in un presente eterno che non conoscerà il futuro e questa impossibilità del futuro si traduce immediatamente e visivamente nell’incapacità di prendere contatto con il mondo che li circonda. Chi se ne occupa e chi ha la responsabilità e il dovere ha il compito immane di portare il mondo verso questi bambini, il soffio è il mondo che tu stai portando. Se viene raccolto provoca un sorriso.

guarda i video della conferenza stampa:
Festival del Cinema di Roma – Il padre e lo straniero con Ricky Tognazzi
Ricky Tognazzi, Alessandro Gassman, Amr Waked, Ksenia Rappoport
foto e video: Itali@Magazine

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