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Perché si legge sempre di meno?

di Maria Rosaria De Simone
I dati parlano chiaro. I libri non vanno di moda. I libri non si vendono. I libri non si leggono. L’Aie, l’Associazione italiana editori, nel suo rapporto affronta il problema del mercato che si è fortemente ridimensionato, con un bacino dei lettori  che é diminuito del 6,1%. Rispetto al 2011 ad esempio, si registra un pesante 20% in meno del mercato. Diminuiscono, nonostante l’abbassamento dei prezzi dei libri, le copie vendute, diminuiscono le pubblicazioni e, purtroppo, le cose non sembrano poter cambiare in tempi rapidi. classifica-libri
Quest’anno, ad esempio, il 57% degli italiani non ha comprato neppure un libro. In questo campo siamo il fanalino di coda in Europa. Il 57% è un dato davvero impressionante. L’unico dato positivo è  la crescita del mercato digitale, con un aumento dei lettori di e-book del 18,9%. Però tale mercato non basta da solo a compensare la perdita del mercato cartaceo. I numeri, insomma, da qualsiasi angolazione si vogliano guardare, appaiono tragici anche ad un a occhio ottimista.
Il popolo italiano non ama leggere. Non ama frequentare le librerie. Considera forse la cultura del libro una cultura di élite, un luogo per pochi, per quelli che hanno tempo da perdere o soldi da spendere. Tra una pizza e un libro, meglio una pizza. Aumentano infatti i luoghi del piacere del palato, diminuiscono quelli del piacere del leggere. Le librerie infatti chiudono o debbono subire un doloroso ridimensionamento.
Perché accade questo? Perché la cultura libraria tende a precipitare e non trova la forza di risalire? Perché tanto disamore e disinteresse? Cercare le cause può essere un primo passo per trovare in maniera pionieristica la strada. In primo luogo la scuola: troppa Storia della Letteratura, troppa Critica Letteraria, ma scarsa lettura dei testi in prosa e poesia. Attenzione ai cavilli, poco fluire della lettura, della recitazione, del teatro in classe. Una scuola vecchia. Da cosa lo si vede? Basta ascoltare come legge la maggior parte degli studenti. Il respiro non porta il pensiero tra le pause dei punti e delle virgole. Gli studenti leggono meccanicamente: un testo poetico, ad esempio, viene recitato alla stessa maniera di un foglietto illustrativo dei farmaci. Servirebbe una vera e propria rivoluzione.
In secondo luogo le politiche culturali. In Italia si tolgono fondi alla cultura e non si investe. A nessuno interessa che si vendano o non vendano libri, che la gente legga o meno. In questo modo si mette in mostra la miopia di chi governa, che non si rende conto che un popolo sano è un popolo che sa ragionare e mettersi in gioco.
In questo campo, servono riflessioni serie e soprattutto proposte fattive. Non ultima la crescita di programmi televisivi, di pubblicità ed eventi culturali che non siano la solita solfa senza nessun incanto. In terzo luogo le librerie. Questi spazi ultimi di condivisione e socializzazione non possono morire. Bisogna far sì, anzi, che divengano le piazze della cultura, dove sentirsi accolti e coccolati, dove trovare pane per la propria mente, cuore e anima.
In ultima analisi, comunque, in Italia non si legge perché gli italiani non sono più abituati ad ascoltare. Leggere richiede predisporsi ad ascoltare qualcuno che ha qualcosa da dire, percorrere un tratto di strada  con lo  scrittore, condividerne il pensiero o operare una critica.
Non ascoltare significa non ragionare. Chi non legge non impara a ragionare. Chi non ragiona non legge. Come un cane che si morde la coda. Non bastano più le parole, perché la cultura in Italia sta dissanguando, le librerie stanno agonizzando. Ci vuole un movimento all’unisono di tutte le forze coinvolte in campo. Leggere è importante.
I libri sono il passato, il presente e il futuro dell’uomo.

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