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Addio Michele Ferrero padre della Nutella e del capitalismo umano

Se n’è andato a 89 anni, nel giorno più dolce dell’anno, Monsù Ferrero, il genio creatore della Nutella, ma non solo di quella.
Se n’è andato silenziosamente, con quel profilo basso che aveva caratterizzato tutta la sua esistenza.
Uomo più ricco d’Italia, secondo la rivista Forbes, ma un capitalista “familiare”, un “capitalista dal volto umano”, anche se si fa fatica a crederlo, molto simile, come figura a quell’Adriano Olivetti, di cui pure resta un bellissimo ricordo.
E infatti “lavorare, creare, donare” sono le tre parole che compaiono nel logo della Fondazione mentre la “responsabilità sociale di impresa” è stata sempre il valore fondante dell’azienda Ferrero tanto che, nel 2005, ha creato le Imprese Sociali attive, ad oggi, in India, Sud Africa e Camerun e finalizzate sia a creare posti di lavoro nelle aree più svantaggiate dei Paesi emergenti che a realizzare progetti e iniziative sociali, in primis per i bambini.michele-ferrero
La mia unica preoccupazione, disse una volta, Michele Ferrero è che l’azienda sia sempre più solida e forte per garantire a tutti coloro che ci lavorano un “posto sicuro”, frase che in Italia suona oggi quasi surreale, oggi che la nostra economia è sempre più incapace di spingersi oltre sul cammino dello sviluppo e si è resa inevitabile la flessibilità del mercato del lavoro, in tutte le sue declinazioni, partorendo il famigerato Jobs Act e sgombrando il campo a pratiche di sfruttamento dei lavoratori prima impercorribili
E ci è riuscito, alla grande, nella sua impresa il “signor Michele”, perché quell’azienda fondata dal padre Pietro nel 1946, è stato capace di svilupparla prima in Italia e poi all’estero fino a farla diventare uno dei principali gruppi dolciari a livello mondiale, senza mai “entrare in politica”, “senza mai attingere agli aiuti di stato”, senza mai quotarla in borsa, senza delocalizzarne mai all’estero gli stabilimenti italiani e senza mai fare una sola ora di cassa integrazione anche nei momenti più bui della storia dell’azienda, anche quando nel Novembre 1994 il Tanaro superava gli sbarramenti e sommergeva gran parte dello stabilimento della Ferrero.
In quella circostanza, la fabbrica era inagibile e piena di fango ma la reazione delle persone che lavoravano ad Alba permise di liberare reparti, piazzali, macchine e fare un bilancio dei danni e ricostruire tutto come prima.
E perciò la Fondazione Ferrero si occupa anche degli ex lavoratori, circa 3.300 “anziani”, allo scopo di non far mancare loro, neanche in età avanzata, il senso di appartenenza all’azienda.
Non possiamo dire con certezza se esista un capitalismo dal volto umano, per natura del sistema che mette al centro il profitto, ma, di certo, se il modello Ferrero, come ha affermato il presidente Fulci, ha permesso di non generare mai, in cinquanta anni, scioperi sulla linea della Nutella, è qualcosa che gli assomiglia.
di Monica Capo

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