Di Marzia Santella
A Cinecittà World, in una giornata assolata, l’attore, che riassume tutta l’italianità: Carlo Verdone. Cammina lentamente, inglobato in una nuvola fatta di addetti ai lavori, fans, telecamere e fotografi. Arreso, serenamente a quel bagno di folla che tanto, e spesso, rifugge. Si presta, gentile e sorridente, per lo scatto dell’ennesimo selfie, mostrando affetto per il pubblico anche quando diventa magari più invadente. I fans lo adorano, lo idolatrano, dimostrando una stima smisurata che travalica il talento e punta al cuore delle persone. Nessuno come lui, nel cinema degli ultimi trent’anni, ha saputo raccontare gli italiani nei loro mille tic, nelle loro fobie e deliri, nei sentimenti e nella comicità intrisa spesso di apparente semplicità. E’ lì difronte Carlo Verdone, un uomo che sembra non intuire quanto i suoi film facciano parte della vita quotidiana delle persone. Lo si intuisce, magari, perché non vuole essere chiamato “Maestro” ma solo “Carlo” sottovalutando, forse, l’impatto straordinario che i suoi film hanno avuto sul pubblico. Film come “Bianco, Rosso e Verdone”, “Borotalco”, “Viaggi di Nozze”, “Gallo Cedrone”, fino all’ultimo, nel 2014: “Sotto una buona stella” scatenano risate, emozionano e portano un messaggio che ti rimane dentro. I suoi film hanno influenzato anche il lessico comune, ben oltre i confini della romanità di tanti suoi personaggi. Con assoluta attenzione, “Carlo” osserva l’umanità cogliendo ogni sfaccettatura, esaltandone la caratterizzazione correggendo o amplificandone gli effetti. Verdone sa calibrare in modo minuzioso pregi e difetti proponendo, poi, personaggi in cui le persone si identificano o riconoscono. Per una cinematografica magia, le situazioni che si presentano nella quotidianità rimandano, inevitabilmente a questo o quel film interpretato, e diretto, dal grande attore. Stupisce, in qualche modo, il candore melanconico che trasmette mentre risponde alle domande, magari sempre le stesse, con una sua speciale imperturbabile eleganza.
Lei ha battuto il primo ciak di Cinecittà World, il ritorno in un luogo carico di storia del cinema e, contemporaneamente, proiettato al futuro.
“Sono molto onorato di dare questo primo ciak a questa stagione che si apre qui. Per me è un luogo importante perché ho avuto la fortuna di girarci tre film: una parte di “Stasera a casa di Alice”, “Sette chili in sette giorni” di mio fratello Luca e “I due carabinieri”. Venire qui è un ritorno al passato in un certo senso ma, adesso, si vede un insieme di grandi scenografie. Faccio un grande in bocca al lupo. Sono veramente contento che mi abbiano scelto come padrino”.
L’apertura del parco Cinecittà World ieri ha suggerito una riflessione sul cinema italiano spesso vittima degli italiani stessi, portati da un atavica convinzione esterofila. Lei come considera, invece, il cinema italiano all’estero?
“Il cinema italiano all’estero deve essere più protetto e più seguito. Io non ho mai viaggiato tanto come negli ultimi mesi, nel nord Europa sopratutto presentando “Sotto una buona Stella” è uscito anche in sala. Bisogna saper promuovere i film, partecipare ai festival, c’è sempre là un esercente che vede il film, comincia a chiedere: si fa così. E’ una fatica che chi vuole uscire all’estero deve fare. Molti attori sono pigri, molti produttori sono pigri: gli basta solo quello che hanno”.
Una domanda irrinunciabile: quando il prossimo film?
“Dovrei iniziare le riprese a metà giugno. Sarà un film rocambolesco e molto dinamico. Spero presto di potervi annunciare il titolo ed il nome del grande attore italiano che sarà coprotagonista con me”.