di Mario Masi
L’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità non può lasciare indifferenti: l’aspettativa di vita delle nuove generazioni potrebbe essere minore di quella dei loro padri a causa della malattie causate dal soprappeso e dall’obesità.
Un miliardo di adulti sono in sovrappeso e 300 milioni di loro sono obesi. Quasi il doppio rispetto alle circa 600 mila persone che soffrono di denutrizione.
Negli ultimi cinque anni gli italiani con problemi di peso sono aumentati del 25 per cento, con prevalenza al sud.
I dati che registrano una percentuale crescente dell’obesità infantile in Europa rappresentano la cartina di tornasole di stili di vita non corretti. Le fasce socio-economicamente più deboli risultano quelle maggiormente colpite dal problema non più a causa della scarsità di cibo ma ad una cattiva alimentazione.
La quotidianità del mondo degli adulti risulta condizionata da ritmi di vita stressanti, da una disponibilità alimentare sempre maggiore, da una mancanza di un’informazione autentica. Questi fattori inducono da un lato a perseguire modelli fisici anoressici attraverso illusorie scorciatoie di diete miracolose e, dall’altro lato, a cedere sempre più facilmente a tentazioni continue fatte di trasgressioni nocive per la forma e per la salute.
Il benessere dei bambini invece viene sempre più aggredito dai cibi spazzatura e dalle troppe ore trascorse davanti alla Tv.
Alcuni paesi europei stanno iniziando a correre ai ripari. Nel Regno Unito il ministero dell’Educazione ha varato dei corsi di ‘arte culinaria’ negli istituti scolastici. Lo scopo delle ‘cooking lessons’ è incoraggiare i giovani ad adottare un regime dietetico più sano ed equilibrato.
In Svezia, Norvegia, Irlanda e Gran Bretagna sono vietate le pubblicità televisiva di bevande zuccherate e junk food (bibite zuccherate, patatine, caramelle contenenti coloranti) durante i programmi destinati ai bambini. Francia, Lettonia e Gran Bretagna hanno bandito dalle scuole le fritture della mensa e i distributori di merendine.
La necessità di una educazione alimentare è dunque una necessità sociale, ormai imprescindibile. Ne parliamo con il celebre scrittore e sociologo Francesco Alberoni.
“Un anno – racconta Alberoni – siamo andati con mia moglie d’inverno in un centro turistico di Tenerife, grandi alberghi a torre, una lunga passeggiata a mare con centinaia di ristoranti tipici. Doveva essere un paradiso paesaggistico e gastronomico. Poi andando via via nei diversi ristoranti abbiamo avuto l’impressione che tutti i cibi avessero lo stesso sapore. Perchè in realtà nessuno in quei ristoranti sapeva cucinare. Si limitavano a prendere dei prodotti base precotti forniti loro e ad aggiungervi qualche salsa pronta. E’ la stessa impressione che provi in molti ristoranti a basso prezzo americani, un mondo senza cultura del cibo”
Anche se per l’Italia le taglie over size immortalate nel film documento di ‘Super Size Me’ di Morgan Spurlock rappresentano ancora motivo di curiosità, indubbiamente l’approccio con il cibo sta decisamente cambiando. Il successo di certe catene di ristoranti veloci con pietanze precotte o il moltiplicarsi di bar che offrono cibi congelati preconfezionati ne rappresentano una testimonianza di certo mondo “Un mondo – continua Alberoni – che tratta il cibo come se fosse un prodotto tecnico, da fare in fretta, da cucinare in fretta, da mangiare in fretta. Un mondo in cui l’intervento dell’uomo è ridotto al minimo. Un mondo il cui modello paradigmatico è fornito dal ragazzo di un film americano che apre il frigorifero, afferra qualcosa a caso, una birra, del latte, della coca cola e la beve in piedi poi siede sul bracciolo di un divano e ingurgita un barattolo di burro di arachidi”.
Ed modello citato è purtroppo seguito da troppi giovani. Ha destato stupore qualche anno fa la morte del ventenne britannico Martin Scott. Il pessimo regime alimentare adottato ha recato danni irreparabili al suo fegato. Pare che la dieta del ragazzo fosse costituita esclusivamente da patate fritte, toast imburrati e, più sporadicamente, fagioli in scatola.
“Molti sono convinti che questo sia il cibo – mette in guardia Alberoni – che questo sia il modello futuro del cibo, mentre è solo la decomposizione di una tradizione, l’oblio, la dimenticanza, il segno della la barbarie. Una decomposizione parallela a quella che avviene nella lingua, nella scuola, nella televisione dove a poco a poco si afferma la battuta e si perde la capacità di raccontare, di argomentare. Il pensiero frantumato corrispondente allo slang degli sms dove non c’è più la lingua. Contro questo modo di pensare e di vivere – continua il noto sociologo – occorre affermare con chiarezza, senza ipocrisia che il cibo, dalla coltivazione, alla preparazione del prodotto , alla cottura, alla tavola è esattamente l’opposto di questo imbarbarimento, è civiltà. Ed essere civiltà significa che per realizzarlo non solo non basta la macchina, la tecnologia , ma che l’uomo deve intervenirvi nella sua interezza con il suo sapere, i suoi sensi l’olfatto, la vista, l’udito, il tatto, il gusto. Con il senso dell’armonia che è come la scala musicale. Rossini diceva che era più difficile la cucina che la musica. Con la sua passione, il suo amore, la sua vigilanza, il suo gusto estetico.”
“Per produrre il cibo, qualsiasi cibo – spiega Alberoni – dal vino al pane occorre, una cultura vasta, che è l’opposto della specialistica, dell’uso semplificato della tecnica. Incominciamo dalla preparazione del terreno, la scelta di quello adatto e non adatto, la sua correzione, i concimi, poi la scelta del vitigno, dell’innesto, poi la cura dai parassiti , alla raccolta del frutto nel periodo giusto, senza approssimazioni. E il cucinare! Stabilire quale piatto fare è come decidere se fare una poesia, un saggio o un romanzo. Saper gli ingredienti che occorrono, sceglierli, valutarli, sentirne la consistenza,la freschezza il sapore, poi come prepararli tagliarli poi c’è il ritmo della cottura: alcuni ingredienti devono essere posti prima, altri dopo, altri vanno cucinati a parte ed aggiunti al momento opportuno. E poi l’olio, il burro il sale, le spezie, tutte nella quantità e nel momento opportuno e il fuoco alto basso, la temperatura del forno, volta per volta diversa, il coperchio. Un esempio banale: prendete i fagiolini surgelati, se li metti direttamente nella pentola senza coperchio quelli che sono sul fondo della pentola scuociono o bruciano quando quelli in alto hanno ancora il ghiaccio. Basta uno sbaglio in questo ritmo e il cibo è rovinato come in una composizione musicale sbagliare una nota .”
E’ una vera e propria mappa del gusto, del buon gusto, quella tracciata dal Professore. “Poi c’è il modo di servire e di mangiare il cibo. Il tavolo, le stoviglie, le zuppiere, i piatti di portata, bicchieri, ciascuno per una sua funzione, e la tovaglia e le posate in modo da poter mangiare in modo appropriato. E poi il modo di esporre in cibo sulla tavola come nel piatto nella forma nei colori nei sapori . E nello stesso tempo le quantità, la misura. Il buongustaio non si abbuffa, non si ubriaca, non ingrassa. Tutto ciò che è scelta, ritmo, vigilanza attenzione della coltivazione alla cottura, alla presentazione si prolunga naturalmente nella nutrizione. Il bello è equilibro, il buono è equilibrio , è giusta proporzione, armonia”.
L’armonia che si fonde con le proprie radici, con la propria identità: “Il cibo infine è tradizione , è recupero della tradizione. Noi in Italia siamo fortunati perché il nostro paese è estremamente vario: freddo, caldo, pianure, colline montagne , mare con prodotti diversi che i tanti popoli e le tante civiltà che si sono succedute hanno messo a frutto.
In sostanza la gastronomia è l’opposto del disordine, del pensiero frantumato, degli sms pieni di x e di k , dell’eccesso, dell’improvvisazione, della violenza, della dismisura. E’ un universo estetico e simbolico di equilibrio e di armonia”.
EGREGIO DOTT. ALBERONI, CHI SCRIVE E SEMPRE EMY HARRISON DA GENOVA. MI PERDONI SE LA DISTURBO DI NUOVO MA NEL PRECEDENTE MESSAGGIO UNA COSA MI E’ SFUGGITA. C’E’ UN ALTRO PUNTO INTERROGATIVO NELLA MIA MENTE CHE MI CONFONDE E MI PIACEREBBE TANTO TROVARE CHIARA RISPOTA. PERCHE’ VOI OPINIONISTI DITE SEMPRE CHE L’AMORE E’ ASSURDO PENSARE CHE SIA PER SEMPRE? MA, SE L’AMORE E’ MERCE DEPERIBILE, ALLORA CHE SENSO HA LEGARSI IN MATRIMONIO COL PRESUPPOSTO CHE SIA PER SEMPRE? ALLORA NON SAREBBE PIU’ COERENTE ACCOPPIARSI COME FANNO LE BESTIE: STASERA CI SIAMO INCONTRATI E PIACIUTI, ANDIAMO E POI CHI SI E’ VISTO SI E’ VISTO. SE PRIMA O POI DEVE FINIRE ALLORA TANTO VALE CHE FINISCA SUBITO! E POI, SE LE COSE STANNO COSI’, IO DAL CANTO MIO, NON SOLO NON MI ACCOPPIERO’ MAI PIU’ PER ME, MA NEMMENO ANDRO’ MAI PIU’ AL MATRIMONIO DI UN PARENTE OD AMICO NE’ CHE VORRO’ CONOSCERE I LORO PARTNER; PERCHE’, CHE COSA MI RAPPRESENTANO QUALCHE MESE O QUALCHE ANNO?
INVECE PER ME L’AMORE NON VIENE MAI A MENO. ANCHE SE PER QUALCOSA DOVESSE FINIRE: PUO’ FINIRE LA STIMA E/O LO STARCI INSIEME MA NON L’AMORE!