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Intervista a Felice Tagliaferri: "L'arte mi ha cambiato la vita"

Di Marzia Santella.
Sembra impossibile poter fare a meno della vista in questa era iper moderna in cui gli occhi ci sono indispensabili per l’utilizzo dei dispositivi elettronici dallo smartphone ai computer, dai video giochi alla semplice vita quotidiana. QFelice Tagliaferriuesta è un’intervista ad un artista straordinario, Felice Tagliaferri: scultore e primo docente al mondo, non vedente di arti plastiche. Felice Tagliaferri, rimasto cieco a soli 14 anni, ha incontrato l’arte e l’ha resa la parte fondamentale della sua esistenza perché come egli stesso dice: “Nella vita uno deve sopratutto provare piacere”. Emana gioia di vivere ed una propensione speciale verso il prossimo: il suo mondo è fatto di contatto con le persone, dritto al cuore con chiunque si trovi davanti dai capi di stato al Papa. Con la scultura ha scoperto di poter dare forma ai suoi sogni e non può più smettere. Le sue opere, come il Cristo ri Velato creato per “dispetto” per non aver potuto toccare l’opera originale di Sammartino a Napoli, parlano del suo immenso talento, della sua fervida immaginazione, della sua capacità di creare con il marmo, ma non solo, linee classiche e perfette, parlano del suo impegno perchè l’arte sia accessibile a tutti.
Ci racconta la sua storia?
Io sono foggiano d’origine e bolognese d’adozione. Ho perso la vista a 14 anni e per due anni non sono voluto uscire di casa, poi però gli amici mi hanno riportato a vivere. Qualche anno dopo ho risposto ad un annuncio dove un docente d’arte, Nicola Zamboni, cercava ragazzi non vedenti per appurare se la vista fosse necessaria al fine della creazione artistica. Quando ebbe la sua risposta, io chiesi di poter proseguire quel percorso artistico perché avevo scoperto di amare la scultura. In seguito sono stato uno dei protagonisti del libro di Candido Cannavò: “E li chiamano disabili” pubblicato nel 2005, rendendomi popolare. Sono stato contattato dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona, dove sono esposte permanentemente alcune mie opere, e con cui collaboro assiduamente essendo docente di arti plastiche a Sala Bolognese nella Chiesa dell’Arte. Insegno l’arte perché per me è importante dare ad altri la stessa opportunità che ho ricevuto io. In questi anni ho partecipato a molti convegni ed ho tenuto tantissimi laboratori con ragazzi non vedenti e con disabilità. Sono andato nelle scuole ed ho riscontrato quanto sia liberatorio creare. Io ritengo che ciò che è importante sia motivare le persone ad ascoltarti, a provare. Siamo semplici e uguali in tutto il mondo si tratta di creare una comunicazione cardiaca: da cuore a cuore, anche scambiandosi le coccole sul pavimento, a prescindere da tutto. Ho riscontrato che spesso le persone che hanno dei problemi quando ricevono la possibilità di esprimersi sono i più bravi”.
La vicenda della nascita della sua opera Cristo RiVelato evidenzia la sua posizione di protesta verso i musei italiani. Alcuni stanno correndo ai ripari creando percorsi tattili, cosa Cristo RiVelato di Felice Tagliaferrine pensa?
Si successe nel 2008 quando, nella basilica di San Severo a Napoli mi fu vietato di poter toccare il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, realizzato nel 1753. Quella circostanza ha provocato la volontà di creare un mio Cristo velato. Volevo che la mia scultura si potesse toccare così da ovviare l’impossibilità di toccare l’originale, perché precludere il tocco per i non vedenti preclude la conoscenza. La mia opera ha assunto così un doppio significato: velato per la seconda volta e svelato per i non vedenti, ed ha dimostrato, in questi anni in cui è stato toccato in numerose esposizioni, che un blocco di pietra non può rovinarsi a causa dello sfioramento.
Ritengo che i percorsi tattili rappresentino un piccolo passo verso una società di diritto per tutti resta però un veto alla cultura per le persone con disabilità visive: di fatto i non vedenti possono conoscere solo ciò che i curatori vogliono che conoscano. Si tratta di un filtro, una discriminazione che non è accettabile. Io anche se non vedente dovrei poter toccare tutto per avere le stesse opportunità degli altri. Sto lottando, con il Museo Tattile Omero, perché questo possa avvenire”.immagini di un labboratorio di Felice Tagliaferri
Nel 2014 è stato protagonista del film di Silvio Soldini e Giorgio Guarini: “Un albero indiano”, un esperienza nuova, che impressioni le ha lasciato?
” Si sono andato in India, mi è piaciuta l’umanità, l’umiltà e gentilezza di questa terra, viverci però è complicato. Il film è un progetto di CBM Italia Onlus, organizzazione non governativa internazionale impegnata nella lotta alle forme evitabili di cecità e disabilità nei Paesi del sud del mondo. Con questo film CBM ha voluto raccontare l’altra faccia della disabilità affidando il messaggio alla mia voce in quanto sono loro ambasciatore da diversi anni. Lì ho avviato un laboratorio di lavorazione della creta, nella Bethany School, scuola inclusiva sostenuta da CBM dove bambini con disabilità studiano con in classi miste con normodotati. Ora il laboratorio è divenuto permanente per tutti gli studenti. Per me è stata un’esperienza bellissima, lì potevo comunicare con tutti semplicemente attraverso l’arte, senza conoscere la loro lingua e si è creato un rapporto bellissimo che si avverte subito nel film”.
Le chiediamo quali sono i suoi prossimi impegni?
Si è conclusa il 22 giugno a Genova l’esposizione del Cristo RiVelato: l’evento è stato realizzato in collaborazione con Il David di Chiossone onlus e l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus, le cui visite guidate sono state curate da Lidia Schichter  che collabora con me per raggiungere una cultura più  inclusiva. Dal  22 di giugno le mie opere sono esposte a nel Golf Club di Rapallo. Sono stato presente anche nell’esposizione collaterale ad EXPO Milano a Palazzo Calderara di Vanzago. A fine mese incontrerò Papa Francesco a Roma. Da settembre sarò docente della Scuola Art -In Counselling di Cinzia Lissi a Bertinoro (FC) e, ad ottobre curerò un laboratorio presso i Musei Vaticani”.
È incessante l’attività di Felice Tagliaferri accompagnato dal suo inseparabile cane Tobia ed una famiglia che lo adora. Un artista che dosa ingredienti segreti di una pozione: il suo talento, la sua passione per l’arte figurativa, la sua capacità di plasmare, con le sue mani, i materiali più duri, la sua simpatia contagiosa, i discorsi diretti senza fronzoli. Un artista che sa trasportare nella sua dimensione fatta di luce, di vibrazioni, di colori sulla pelle e di sentimenti profondi. Parlando con lui si giunge al punto di dimenticare le disabilità, al punto da dimenticare di essere “normodotati”, se questo può avere ancora un significato. Felice Tagliaferri insegna che che ciò che occorre, talvolta, è una diversa prospettiva e tutto assume un significato diverso, magari serve solo una comunicazione cardiaca

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