di Lidia Monda
– La polvere di Bodélé.
– Ah, il poeta francese.
– No, non Baudelaire, Bo-dé-lé, noi siamo la polvere di Bodélé, questo è il nome della band.
-Cioè? in che senso la polvere, e chi sarebbe questo Bodélé?
-Non chi, ma cosa. Bodélé è una grande depressione africana che si trova ai margini del Sahara. È il fondo di un antichissimo lago ormai estinto, la principale fonte di polvere al mondo. Durante la stagione secca la polvere, trasportata dai venti, raggiunge zone lontanissime, attraversa l’oceano e arriva fino in Amazzonia, si mescola alla pioggia e, cadendo, la fertilizza. Questa è la polvere di Bodélé.
Ecco, va pressapoco così la prima volta che sentite parlare di questa band non convenzionale che suona psychedelic rock, e che ha un approccio fresco e profondissimo, per certi passaggi concettuali e musicali .
Sull’abbrivio della musica americana degli anni 60 -70 dai Doors ai Pink Floyd questi ragazzi sperimentano una musica fatta di suoni e testi ipnotici che proiettano immagini nella testa dell’ascoltatore.
Dopo il lancio su U Tube del primo singolo “ La polvere di Bodélé”, https://www.youtube.com/watch?v=_Q-zM7wT9rw, realizzato in collaborazione con la Double Fuzz Production, è in arrivo l’atteso album “Pause”, interamente autofinanziato, dalla grafica raffinata e curata fin nei minimi dettagli da Alessio Furfaro, illustratore e fumettista.
Loro, napoletani, si sono formati all’ombra dell’obelisco di Piazza del Gesù, un posto intriso di storia e nucleo centrale della Napoli artistica e impegnata a metà strada tra centri sociali e musica di strada.
“La Polvere di Bodélé è necessità di vomitare messaggi. È aridità apparente, impetuosa che sconvolge gli equilibri alla ricerca di risposte”. Ecco cosa dicono di sé, questi ragazzi aquiloni in cerca di una non-definizione che li porti via col vento.