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Ecologia del vivere: Di padre in figlio,Visibilia ex Invisibilibus, il sogno deve continuare

di Stefania Taruffi

Il falegname che mi sta montando l’armadio è un uomo ancora giovane e ha una piccola azienda di falegnameria a gestione familiare. Il suo è uno di quei mestieri come l’idraulico, l’elettricista, il muratore tuttologo, diciamo anche il ciabattino, la sarta, il pasticciere e anche il panettiere e quant’altri, che potremmo definire ‘artigianali’.

In questi mestieri la manualità è data principalmente da una tradizione familiare e da una pratica tramandata di padre in figlio. Tuttavia il suddetto falegname si lamenta che il figlio, quasi maggiorenne, non solo non ha voluto seguire le sue orme,  ma addirittura, vorrebbe non studiare più per fare l’attore! C’è chi sosterrebbe che questo ragazzo ha il pane (azienda avviata, padre esperto, privilegio di poter imparare per poi ereditare l’attività), ma non ha i denti, in altre parole non ha il mordente, il desiderio di continuare una tradizione, motivazioni sufficienti a restare su una strada già battuta.

Secondo l’ultimo rapporto della Confartigianato, che elabora i dati del rapporto 2010 Excelsior-Unioncamere, anche le imprese sono a corto di personale specializzato: mancano cuochi, panettieri, falegnami, pasticceri installatori e tanti altri artigiani. Nonostante la crisi e la dilagante disoccupazione, certi mestieri non li vuole o, soprattutto, non li sa più fare nessuno. E molte botteghe chiudono con la pensione, o la morte dell’ultimo discendente, mentre le aziende, nell’83,3% dei casi, restano senza trovare il personale che cercavano. Alla base di questa situazione c’è sicuramente una componente di fatica fisica e spesso anche di mancanza di volontà o motivazioni.

A volte anche di opportunità formative. Nel caso delle piccole imprese artigiane è un vero peccato, perché queste potrebbero non solo garantire continuità di lavoro al proprio nucleo familiare, contribuendo a far sopravvivere un mestiere importante, ma potrebbero diventare dei veri e propri ‘laboratori-stage di formazione’ che accolgano i giovani interessati a imparare il mestiere, da destinare poi alle aziende che ne abbiano bisogno. Il problema della continuità spesso non riguarda solo le piccole imprese artigianali, ma anche l’universo delle imprese familiari in genere, che rappresenta i due terzi del totale delle imprese italiane. C’è un’ombra che incombe su questo vasto universo: il passaggio generazionale.

L’European School of Economics di Milano ha ben presente il problema: “Per comprendere la rilevanza economico-sociale di questo fenomeno e l’importanza del family business in Italia e nel mondo, basti pensare che l’operazione di “cambio della guardia” interessa ogni anno 66.000 imprenditori per lo più ‘over 60’ e altrettante imprese che danno lavoro a oltre 220.000 dipendenti coinvolti nel passaggio del testimone da padre a figlio. Due su tre di queste imprese falliscono nel periodo di passaggio tra la prima e la seconda generazione e l’80% delle aziende a conduzione o controllo familiare scompare entro la terza generazione”. Secondo loro il problema è riconducibile a un concetto antico: ’Visibilia ex invisibilibus.

Il visibile nasce dall’invisibile’: “dietro capannoni, automezzi e macchinari, oltre a uffici e magazzini, al di là dell’esercito di dipendenti, dirigenti e fornitori, c’è il sogno di un uomo, quel colpo di diapason che ha fatto nascere tutto questo e che ancora fa vibrare ogni cellula dell’organizzazione. Consulenti e professori universitari, e professionisti di ogni genere studiano e affrontano il fenomeno del passaggio generazionale dai più diversi aspetti e sotto ogni profilo: tributario, legale, successorio, finanziario e perfino psicologico, per le ripercussioni di carattere umano, affettivo, emozionale, che originano dalla perdita dell’imprenditore o, in ogni caso, dalla sua uscita di scena.

E tuttavia qualcosa di importante sfugge a tutti: Il re è la terra e la terra è il re. Ciò significa che il destino di un’impresa, e tutto quello che ha conquistato in anni e anni di attività, è legato a filo doppio alla figura del suo fondatore, e perfino dall’integrità fisica del suo leader”. Guidato da queste intuizioni, o ipotesi pre-scientifiche, l’Istituto di Sociologia delle Organizzazioni dell’European School of Economics ha fatto ricerche nel campo dell’economia e del business scoprendo che: “ il destino di interi imperi industriali e finanziari dipende dall’integrità del ‘sogno’ imprenditoriale da cui sono nati, dall’impeccabilità del leader.

Grandi imprese, fortune imprenditoriali, così come nazioni e intere civiltà, si formano e prosperano, o si ammalano e muoiono, con il loro leader, con il loro fondatore-ideatore. Una piramide organizzativa è legata al respiro del suo leader. Un filo d’oro salda la sua immagine e il suo destino personale a quello della sua organizzazione e dei suoi uomini. Il suo sé corporeo coincide con la sua economia, come fu per gli antichi sovrani”.

Possiamo dedurne che sia nell’impresa familiare artigianale, sia in quella più articolata, a livello industriale, è sempre il Re che deve trasmettere in tempo il Sogno ai discendenti. Come riuscirci? Forse basterebbe semplicemente parlarne di più e più in profondità, credo si tratti di una questione d’imprinting. L’educazione dei figli implica anche questo, non disperdere le energie acquisite nel tempo. I vincenti lo sanno bene.

Foto: costella.it

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