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20 novembre: l'Aquila chiama Italia

di Roberta Leomporra
L’Aquila, 18/11/2010: alle 22.25 Michele Santoro, conduttore della trasmissione di Rai Due “Annozero“, apre il collegamento in diretta con Sandro Ruotulo che, percorrendo le vie del centro storico del capoluogo abruzzese, ne descrive le caratteristiche. La parola che con maggiore insistenza ricorre nella sua corrispondenza quanto nelle testimonianze dei cittadini di L’Aquila è “buio“.
Luciano narra la propria esperienza personale, di artigiano orafo che la notte del 6 aprile ha perduto la propria attività ubicata nel cuore della città nonchè parte della famiglia e si fa portavoce dell’intera categoria di commercianti che da 19 mesi quotidianamente combattono i disagi conseguenti il sisma.
“L’aquila è diventata una città invivibile, ed io da aquilano vorrei non andar via, ma continuare ad iscrivere i miei figli nelle scuole della città nella quale io stesso son cresciuto, il punto è che non vedo, per quanto mi sforzi, la luce…nè bagliori di luce”.
Mancanza di prospettiva. Le constatazioni relative allo stato in cui versano gli studenti che, nonostante le difficoltà hanno scelto di continuare il proprio iter di studio a L’Aquila, non sono rincuoranti: 1700 hanno lasciato la città, 4000 hanno interrotto gli studi. Dati provvisori questi, forniti dal corrispondente di Rai Due, le motivazioni dei quali sono da ritrovarsi in dichiarazioni come quella di Ilaria, studentessa fuori sede che ribadisce la nostalgia che la attanaglia attraversando le strade che conducono a Piazza Chiarino, luogo dal quale andrà in onda la seconda parte del collegamento. “Manca a noi tutti il centro storico, L’Aquila E’ il suo centro. A noi studenti mancano i servizi di base, dalla mensa ai trasporti, sino agli alloggi passando per la mancanza di coperture per le borse di studio.” Calzante il suo paragone della Facoltà di Lettere e Filosofia sprovvista, dopo oltre un anno, di biblioteca, ad un ospedale privo di siringa.
Santoro interroga Ruotolo riguardo dati inerenti la situazione economica vigente sul territorio aquilano: disoccupazione aumentata del 2%, stabilite 4 milioni di ore di cassa integrazione, parte delle quali all’interno della Abruzzo Enginering, società il nome della quale è balzato agli onori della cronaca in seguito alla ben nota vicenda che vide coinvolta la Protezione Civile.
E’ in risposta all’invito del conduttore ad allargare l’inquadratura che è possibile assaggiare di colpo e per intero l’aspetto esteriore del capoluogo abruzzese. A sorprendere non è la totale messa in sicurezza che conferisce alla città un volto da inferma post-sutura, che chiunque abbia un minimo interesse ad esplorare e conoscere può apprendere dalla quantità di immagini diffuse sul web, quanto la moltitudine di cittadini e studenti fuori sede che, nonostante il tentativo delle intemperie di confinare accanto il caminetto, ne ha sfidato le ire e, armata di striscioni, è al seguito del giornalista Rai.
Brevi istanti nei quali Santoro invita gli spettatori a distogliere lo sguardo dal centro di L’Aquila per volgerlo ai 1700 sfollati che non hanno ancora recuperato la possibilità di abitarla: a dir poco amara la dichiarazione rilasciata da una anziana cittadina al microfono di Dina Lauricella “Io non ho un domani. Non ho una casa…di quella che avevo mi resta solo il televisore. Cosa devo fare? Considerare questa, la mia abitazione…perchè è qui che morirò?”
Non è un tono di maggiore speranza a permeare le asserzioni di altri sfollati che definiscono la conduzione dello stato post-emergenziale, “una continua bugia” e ne sottolineano l’ambiguità, considerando che agli albergatori debba ad oggi esser corrisposto un arretrato pari a 10 mesi di saldo. Costo mensile del mantenimento di ingente parte di una comunità, 150 mila euro. Di esposizioni bancarie. Non pervenuti.
E’ dunque lecito il quesito che Santoro rivolge a Philippe Daverio, critico d’arte ospite in studio con il Ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, l’onorevole Walter Veltroni,i giornalisti Federico Rampini e Nicola Porro “Ma i soldi, ci sono o no, secondo lei?”
Concisa ed opportuna la replica dell’interlocutore che definisce “Il caso di L’Aquila” eccezionale in quanto conseguente ad una catastrofe naturale ma perfettamente inscrivibile entro la situazione nazionale, null’altro che la sommatoria di due difetti peculiari del nostro Stato: “pressapochismo e propagandismo.”
Siamo il popolo dei vani exploit, insomma. Plausibile giudizio guardando ai casi L’Aquila, Napoli, Veneto, Pompei.
E’ con l’inquadratura di Piazza Chiarino che si apre il secondo collegamento in diretta da L’Aquila, in apertura del quale Sandro Ruotolo addita il palazzo che sovrasta il maxischermo “La sua messa in sicurezza è costata 700.000 euro, con una spesa per ogni singolo snodo di 25 euro (contro il trend di 7.00 vigente in Emilia Romagna, secondo un addetto ai lavori).”
E’ della messa in sicurezza che si sta parlando, si presti attenzione, non della ristrutturazione; per rendere commestibile l’esempio anche a coloro i quali, non sentendo ribadire il concetto da 19 mesi in quanto abitanti di luogi diversi dal territorio aquilano, ciò è paragonabile alla tamponatura di una lesione estremamente profonda, con un cerotto, trasmettendo quindi all’esterno l’idea che il danno sia stato arginato, trascurando però il silenzioso logorìo che la lacerazione non suturata radicalmente continuerà ad operare e, non ultimo, il disagio di colui al quale è stata inferta.
“Siamo stanchi di essere reputati ingrati, disperati, ghettizzati perchè il nostro stesso centro ci è precluso, se avremo gli strumenti per farlo, potremo ricostruire questa città”. E’ la dichiarazione di Giusy, che la sostiene mostrando come la piazza sia stata illuminata per l’occasione dagli stessi cittadini. “Trasparenza e partecipazione non devono essere considerate parole obsolete”.
A questo punto Ruotolo dà la parola a Sara, studentessa che definisce insopportabile il ricatto morale inferto, quello cioè di dover lasciare L’Aquila perchè non ci siano alternative plausibili che motivino una scelta contraria. Ricatto al quale questa comunità non vuole cedere, ed è pronta a ribadirlo con la manifestazione nazionale del 20 novembre in cui, tra l’altro, verrà avanzata proposta di una legge ad iniziativa popolare.
Presenti con un invito a non demordere in forma di rvm, Elio, Monicelli e Mimmo Carlo Presti e Francesco Paolucci con il video “Crepati dentro“. Perchè non sia il solito silenzio- assenso ad avere la meglio sulla dignità di un intero stato, poichè L’Aquila è da considerarsi, volendo usare parole di Sara “bene comune, non una cosa nostra”.

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