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Salute del piccolo paziente autistico: la spinta emozionale aiutata dagli animali marini

Di Francesca Lippi
Per la prima volta in Europa si sperimenta la pet therapy con leoni marini e foche per il trattamento dei bambini autistici. È stato presentato a Roma il progetto che poggia su una collaborazione nata tre anni fa tra l’ospedale San Carlo meglio conosciuto come Idi e lo Zoomarine della Capitale.
Per un anno l’esperimento coinvolgerà l’Idi e lo Zoomarine in un percorso di Terapia Assistita dagli Animali (TAA) presso la “Baia dei Pinnipedi” (una delle aree del parco), con 13 esemplari tra foche e leoni marini, e sarà rivolto ai bambini tra gli 8 e i 14 anni affetti da autismo.
L’idea di Davide Moscato, professore di neuropsichiatria infantile nonché responsabile del Centro cefalee dell’Idi, è che “il contatto con animali inconsueti e imponenti possa determinare una forte spinta emozionale nei bambini autistici e aiutarli con il supporto di terapisti a migliorare la loro comunicazione col mondo esterno”.
Il bambino autistico è un bambino di per sé completamente isolato, che non acquisisce le normali tappe evolutive degli altri bambini, pur non presentando danni organicistici evidenti. “La Pet Therapy”, spiega Davide Moscato, “si rivela uno strumento molto utile in una patologia come questa, nella quale il bambino, chiuso in un mondo tutto suo, si mostra poco ricettivo agli interventi relazionali su base linguistica”. L’interazione con l’animale addestrato a riguardo, mediata dalla presenza di un tecnico, “aiuta il bambino a stabilire un rapporto basato su principi di comunicazione semplici e rudimentali, preverbali, che favoriscono la modulazione delle relazioni”. Queste stesse relazioni, conclude Moscato, “interpretate con l’aiuto del terapista, lo porteranno a migliorare la sua comunicazione e il contatto con gli altri”.

2 COMMENTI

  1. Il bambino autistico non ha un “mondo tutto suo” nel quale noi dobbiano entrare. E’il nostro mondo che lui non capisce, a cui ,per motivi biologici cioè neurologici, non riesce a dare significato.
    Manca quella che si chiama l’evidenza naturale del mondo.
    Perchè metterlo in contatto con un mondo artificiale quale quello di animali che non incontrerà mai nella sua quotidianità?.
    Il mondo ,al soggetto autistico, va presentato nella maniera più semplice e coerente possibile sia sotto il profilo degli oggetti che delle parole, che dei nostri comportamenti.
    Non vedo proprio come può funzionare questo tipo di “terapia”.
    Anzi per coerenza, non si dovrebbe mai parlare di terapia dell’autismo perchè l’autismo non è una malattia ma una sventurata condizione esistenziale umana frutto degli “errori” nella costruzione e nel funzionamento del cervello.Al massimo di può parlare di “trattamento”.

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