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Unione Europea: arsenico nelle tubature


Acqua all'arsenico
Acqua all'arsenico

Di Francesca Lippi

“L’acqua di Roma è buonissima”. Così almeno dicono tutti i cittadini della capitale. Eppure l’Unione Europea non ne sembra così convinta per via dell’arsenico rinvenuto nelle acque che viaggiano all’interno di tubature oramai obsolete. A farne le spese ben 128 comuni del Belpaese divisi su cinque regioni e su tutti il Lazio. E un documento di Bruxelles nega al ministero della Salute la deroga all’innalzamento dei limiti richiesti dall’Italia sulla concentrazione di arsenico nelle acque a uso alimentare. Adesso quindi c’è il rischio che Bruxelles proibisca l’uso potabile dell’acqua. Negli acquedotti infatti ci sarebbe una concentrazione elevata di arsenico, anche con picchi di 50 microgrammi per litro: quantitativi decisamente fuori norma visto che la legge ne consente al massimo 10.

Lazio avvelenato

Ben 91 sono le città e i borghi sparsi tra le provincie di Roma, Latina e Viterbo. Da queste parti i sindaci potrebbero vedersi costretti a firmare un provvedimento per vietare l’acqua ad uso alimentare. Segue a ruota la Toscana (16 località), il Trentino, la Lombardia e l’Umbria. Dal Lazio fanno sapere che l’arsenico potrebbe essere presente nelle acque anche per cause “naturali” e questo per via di stratificazioni geologiche di origine lavica, come nel caso dei Castelli Romani e del Viterbese. Ma la Ue non ci sta perché “valori di 30, 40 e 50 microgrammi possono determinare rischi sanitari, in particolare talune forme di cancro”. Le acque pubbliche, diversamente dalle acque minerali imbottigliate, possono ottenere una deroga alla distribuzione dal Ministero della Salute nel caso in cui non rispettino i limiti stabiliti dalla legge per determinati contaminanti. Ma le deroghe poi possono essere richieste e concesse solo per tempi limitati e fino a un massimo 20 microgrammi per litro. Sono decine e decine le deroghe concesse, in particolare sull’arsenico, che per legge non può superare i 10 microgrammi per litro e che è considerato elemento altamente cancerogeno anche dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.

Tubature vetuste, storia vecchia

Già l’anno scorso c’era stato un allarme sostanze nocive e la spia rossa era accesa sempre sopra la Capitale e provincia. Nel 2009 si parlò addirittura di contaminazioni fecali e (oltre all’onnipresente arsenico) anche di vanadio, cloroformio, bromoformio, bromodiclorometano, dibrocorometano, tetracloroetilene e tricloroetilene. Dallo studio “Le acque da bere in Italia: analisi e valutazione di qualità”, realizzato dai dall’Università Federico II di Napoli è emerso (è il caso di dirlo) che le contaminazioni delle acque pubbliche riguarderebbero il 77,44% dei casi e si verificherebbero sia nei condomini domestici per incuria degli amministratori che non controllano le tubature sia nelle fonti di approvvigionamento. Non solo: situazioni analoghe si sono registrate anche in altre zone della provincia di Roma come Anguillara Sabazia, Trevignano, Bracciano, Civitavecchia, Cerveteri, Castelnuovo di Porto, Ariccia e Santa Marinella, per i quali la Regione ha ottenuto la deroga.

Filtrare

Per tamponare la situazione l’Acea, la Regione e il Commissariato alle acque potabili hanno deciso di posizionare dei filtri allo scopo di ridurre la presenza dell’arsenico miscelando acque provenienti da acquedotti privi di arsenico  assieme a quelle raccolte dai pozzi, i principali accusati di essere “fuori norma”. E c’è chi, nelle case, si sta già armando di “filtri” domestici: nella zona di Frascati c’è per esempio un consorzio di cittadini che ha pensato bene di comperare un depuratore per l’arsenico.

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