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Quarto Potere, i settantacinque anni del capolavoro di Orson Welles

Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto potere. -François Truffaut

Settantacinque anni fa usciva Citizen Kane, il film cult di Orson Welles dedicato all’epopea del magnate megalomane Charles Foster Kane, arrivato in Italia con il titolo Quarto potere. “Il più bel film della storia del cinema”, come hanno proclamato molti registi, che lo considerano uno spartiacque nella settima arte. “Il film dei film”, secondo un adorante François Truffaut. Sia per la trama sia per le teniche di regia assolutamente all’avanguardia. Per ricordare l’anniversario in Italia è stato trasmesso il primo maggio su Mediaset Premium il documentario Orson Welles – Luci e ombre di Elisabeth Kapnist, già presentato al Festival di Cannes nel 2015. L’opera indaga il genio e le ossessioni del regista consacrato da questo film, tra grandi successi, brucianti fallimenti, mille incertezze e progetti abbandonati. Non è un caso che proprio Welles abbia voluto interpretare sullo schermo il protagonista del film, vivendolo fino in fondo, anche nelle parti in cui è anziano.
Proprio il primo maggio del 1941, allo RKO Palace Theatre di New York, zona Broadway, viene proiettato per la prima volta Quarto potere. Gli spettatori si ritrovano immersi in una narrazione spiazzante, che parte dalla morte annunciata del protagonista per svelare l’enigma della sua vita con una serie di flashback e operazioni di meta-cinema. Un inquietante scandaglio dentro l’anima del potere dei media e la fredda solitudine della ricchezza, nella rincorsa dell’amore e dell’innocenza perduta (“Rosebud”). Una venatura tragica e teatrale che Welles svilupperà girando trasposizioni cinematografiche delle opere di William Shakespeare (Otello, Falstaff, Machbeth). Il soggetto era liberamente ispirato alla vita del ricchissimo William Randolph Hearst, prototipo del capitalista rampante che ha fondato la sua fortuna sulla stampa scandalistica e sull’intreccio ambiguo con la politica. Indispettito dal ritratto che ne emergeva, non a caso cercò in tutti i modi prima di bloccare la realizzazione del film, quindi di non darne visibilità sui media che controllava e infine invocandone la censura. Un precoce scontro tra straripante libertà artistica e rigide logiche del mercato di Hollywood.
Girato quando aveva appena 25 anni, il film regalò a Welles il premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale, firmata con Herman J. Mankiewicz. Nel corso dei decenni, innumerevoli cineasti si sono ispirati e hanno omaggiato questo capolavoro, continua fonte di stimoli per l’uso pionieristico della macchina da presa, il montaggio evocativo, la raffinatezza della fotografia. Tanto che l’American Film Institute l’ha messo al primo posto nella lista dei primi cento film statunitensi. Appena uscito, anche a causa del boicottaggio di Hearst, non ottenne un grande riscontro al botteghino. Ma conquistò la statuetta d’oro. Sbarcato in Europa impressionò una generazione di cineasti, venendo osannato dalla Nouvelle Vague. Ancora oggi, rappresenta una rivoluzione nel linguaggio cinematografico: il potere dei mass media messo a nudo e al contempo sfoggiato nella narrazione, fino ad essere celebrato.
 
di Valentino Salvatore

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