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La sofferenza di essere nati in esilio: intervista a Shady Hamadi

In Siria il solo bombardamento che ha colpito Aleppo ha provocato oltre 250 vittime. Bambini, donne e uomini intrappolati tra le macerie: disperazione, urla, polvere che soffoca, che acceca. Scenari inimmaginabili, sofferenze che spesso non travalicano gli schermi come se non fossero esseri umani, come se a nessuno importasse. Profughi in fuga e azioni internazionali che appaiono inconcludenti e sorde alla tragedia di un popolo fiero e orgoglioso.
Shady Hamadi, giovane italo siriano, attivista dei diritti umani fin dallo scoppio della rivolta siriana contro il regime di Bashar al-Assad nel 2011, diviene la voce per un intero Paese. Il suo primo libro: “La Felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana” ha avuto un grande successo rivelando la forza del suo popolo contro la cecità dell’Occidente. Il 28 aprile è uscito nelle librerie “Esilio dalla Siria una lotta contro l’indifferenza” anch’esso per add Editore.
Nel libro Shady Hamadi narra ricordi, incontri, riflessioni sulla società siriana; affronta temi fondamentali come identità, integralismo, rapporto tra le religioni. Racconta la sua terra che continua ad essere dimenticata nel suo tormentato percorso di pacificazione. Hamadi cerca di ridare, tra le sue pagine, un volto ed una dignità alla Siria ed al suo popolo che ricerca l’emancipazione da una dittatura e dal fondamentalismo sotto lo sguardo disinteressato dell’Occidente.
Shady Hamadi è occidentale grazie alla mamma italiana e arabo grazie al papà siriano: una condizione che racchiude le due grandi culture, il cristianesimo ed il mondo arabo, trasmettendo, nel suo volume, l’orgoglio di questa duplice identità e rivendica l’attenzione sulla Siria. Egli stesso scrive in “Esilio dalla Siria”: “Questo è un mondo che accetta il massacro quotidiano di centinaia di siriani e la distruzione di un Paese, poi si raccoglie a Parigi per Charlie Hebdo. Possiamo accettare un mondo ipocrita che predica valori che non mette in pratica? Possiamo accettare dittature sanguinarie per salvaguardare i nostri interessi economici e politici e professarsi democratici?”
Nell’occasione dell’uscita del nuovo libro abbiamo rivolto alcune domande all’autore.
Sono trascorsi tre anni dalla pubblicazione del suo libro: “La Felicità araba” in cui ha raccontato avvenimenti e personaggi che hanno costituito la storia recente, fiera e tragica del suo Paese. È uscito il 28 aprile il suo nuovo volume: “Esilio dalla Siria. Una lotta contro l’indifferenza”: Gli eventi sono precipitati e l’occidente è ben lontano dalla solidarietà umana. Può anticiparci una considerazione in merito?
La Siria ha sollevato molte questioni che non sono legate strettamente alla geopolitica ma si collegano anche alla morale, intendo: come è possibile che mezzo milione di persone siano morte in Siria e undici milioni sono quelle sfollate o fuggite dal Paese senza che ciò ci ponga di fronte all’urgenza di trovare una risoluzione? Al posto di cercare di trovare una fine alla crisi c’è chi comincia a sostenere la dittatura siriana, in funzione anti-Isis e a costruire muri in Europa per bloccare il flusso di disperati.
Il suo esilio personale, i racconti narrati nel libro uniti ai temi, solo per citarne alcuni, come la religione, l’integralismo, libertà da lei affrontati, nel suo stile asciutto ed empatico, permettono al lettore di comprendere ciò che sta accedendo dalla prospettiva di chi sta vivendo questa immane tragedia. Quale reazione vorrebbe vedere nei lettori, nella Comunità Europea, nell’intero occidente?
Vorrei che i lettori smettessero di essere “solo” lettori e si facessero ambasciatori di un messaggio, quello contenuto nel libro. Ho voluto condensare nel mio libro tutta la disperazione e le disillusioni che ho visto e trovato durante questi cinque anni per mettere chi lo legge di fronte a una domanda “cosa posso fare per fermare tutto questo?”. Credo che ognuno di noi debba diventare un cittadino attivo, oggi per la Siria e domani per altro. Solo dal basso si può cambiare il vertice. Quindi, se si comincia a far pressione verso le istituzioni, quelle locali fino alle europee, alcune scelte e decisioni possono essere influenzate.
Realtà e speranza: la prima a sotto gli occhi indifferenti di tutti, probabilmente perché, come Lei citava in occasione dell’uscita del suo primo libro:” Il dolore non ci interessa finché non ci tocca”. Speranza è aspettativa di un bene futuro, di un cambiamento positivo: lei cosa spera?
Che quello che stiamo vivendo non accada più. Ma la verità è che è una speranza persa in partenza perché la natura umana è fatta da bene e male; memoria e amnesia. Insegniamo la Storia ai figli eppure questi, quando crescono, fanno gli errori del passato. C’è bisogno di una resistenza culturale più forte; di intellettuali di massa e cittadini attivi. Dobbiamo lavorare a piccoli passi ma veloci. La Siria è lì a sanguinare, mentre la osserviamo.
 
di Marzia Santella
Shady Hamadi, Esilio dalla Siria, una lotta contro l’indifferenza, 2016, pag. 144, Euro 13, add Editore

 
 

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