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Intervista a Pierluigi Lugano sull'unico spumante al mondo "sommerso": Abissi

L’azienda vitivinicola Bisson di Chiavari nasce nel 1978 dalla passione di Pierluigi Lugano e di sua moglie. A Lugano, ex professore di storia dell’arte, si deve la prima cantina al mondo in fondo al mare, dove stiva ogni anno 15 mila bottiglie a 60 metri di profondità dello spumante metodo classico, Abissi. Seguita da aziende spagnole e portoghesi con i vini fermi, ma nel caso dei vini portoghesi l’immersione avviene nelle acque di un fiume. Ad interessarsi del caso anche Alan Tardi sul New York Times e televisioni di mezzo mondo. L’esperimento parte nel maggio del 2009 con le prime 6.500 bottiglie che sono state messe in vendita due anni dopo, poco prima di Natale. Una volta riemerse le bottiglie restano impreziosite da crostacei, alghe, stelle marine, conchiglie, raccontando ciascuna una storia diversa e affascinante. Abissi viene prodotto con i vitigni autoctoni di Trigoso (Sestri Levante) e Campegli Castiglione Chiavarese), Bianchetta, Cimixià e Vermentino. C’è anche una versione rosè con l’aggiunta di Ciliegiolo. Abbiamo parlato con Lugano della produzione esclusiva del suo spumante Abissi e dei suoi vini.
Quale fu l’intuizione che la convinse nel 1978 a produrre i vini Bisson?
Fin da piccolo il più bel panorama, che mi potesse incantare era la visione di un vigneto. Terminati gli studi iniziai la mia carriera di professore di materie artistiche e storia dell’arte. La prima esperienza lavorativa la ebbi in Sardegna, isola dai grandi vini. Poi ottenni il trasferimento in Veneto, dove conobbi una splendida ragazza, che poi diventò mia moglie. Arrivò successivamente il trasferimento in Liguria. Fu lì che rilevammo una piccola cantina e io mi dedicai a perfezionare le mie conoscenze sulla vinificazione. La reciproca passione e le capacità commerciali di mia moglie diedero subito ottimi risultati ed io capii, in fretta,  quanto il mondo dell’arte abbia un filo conduttore con la cultura del vino. Ci ingrandimmo ed entrambi abbandonammo il lavoro per coronare il sogno di impiantare le vigne.
Quali sono le caratteristiche dei vitigni liguri autoctoni utilizzati per produrre i vostri vini?
La mia produzione si estende in più vigneti, ricavati a fatica, in terreni difficili e molto frazionati, infatti i miei quindici ettari coltivati sono suddivisi in ben 6 vigne, con parecchi disagi organizzativi, ma anche con il vantaggio di avere molta versatilità caratteriale delle uve raccolte, con la possibilità di produrre una variegata tipologia di vini: bianchi, rossi e passiti. Ciò ci ha reso possibile recuperare vitigni locali della Riviera del Levante, acquistando uve da piccoli contadini e vinificandoli poi con tecniche moderne. Arrivano in cantina, a Chiavari, le uve di Bianchetta genovese e Vermentino ligure. Poi di Ciliegiolo e Cimixià.
Come nasce il vino “Musaico”?
Il Musaico è un nome di fantasia che ho coniato per racchiudere sinteticamente l’origine delle uve rosse, al tempo molto rare e raccolte presso molteplici piccoli produttori. Da qui l’idea di paragonare il vino ad un’immagine realizzata a mosaico con l’utilizzo di un’infinità di tesserine. Il vino è ottenuto con uve di Dolcetto al 70% e Barbera al 30%, uve già presenti sul nostro territorio fin dal ‘700.
Nel 2009 parte il progetto per la produzione di uno spumante metodo classico mai realizzato prima, Lo spumante sommerso. Puo’ parlarcene nel dettaglio?
Un’altra mia scommessa era quella di produrre uno spumante, in una regione dove mai era stata ipotizzata questa tecnica produttiva. Ovviamente ho deciso di effettuare una accurata sperimentazione allo scopo di capire se la potenzialità del territorio fosse stata all’altezza di poter ottenere spumante di alta qualità. Ebbene sì i risultati si sono manifestati molto soddisfacenti. A tal punto non mi rimaneva che iniziare la lavorazione. Non disponevo di una cantina interrata, indispensabile per un ottimo affinamento dello spumante. Così ho pensato al mare, mia altra grande passione legata ai miei studi sull’archeologia marina, le scoperte dei relitti di epoca greco-romana, il ritrovamento del loro carico, che spesso trasportava anfore contenenti vino ed olio. La conservazione e l’integrità di quei prodotti ha dell’incredibile! Dopo una ricerca capillare abbiamo individuato sul fondale della Baia del Silenzio a Sestri Levante il luogo ideale, alla profondità tra i 40 e i 60 mt abbiamo penombra, temperatura costante a + 15°, quasi assenza di ossigeno e poi il movimento delle correnti durante le mareggiate. Lì resteranno per 18 mesi prima di essere recuperate.
Quali difficoltà comporta la produzione del vino in una cantina sommersa?
Non è stato, non lo è, non lo sarà mai facile da realizzare, anche operativamente, questo progetto ed è pure rischioso e molto costoso. Averlo fatto però ne è  valsa la pena, nonostante le difficoltà, e poi ancora, non è possibile programmare, date certe, per le operazioni di immersione e di recupero, in quanto è assolutamente necessario avere condizioni meteo perfette. Ogni bottiglia diversa dalle altre a fare storia di sé del vissuto in quell’ ambiente ricco di misteri e di fascino.
Quali sono le caratteristiche di uno spumante così esclusivo, quali qualità conferisce al vino l’essere cullato dalle correnti marine in una cantina sommersa?
Abissi, spumante un po’ atipico per diversi aspetti organolettici,  tradotti in sensazioni visive, olfattive e gustative. Colpiscono alcuni fattori, innanzitutto una netta sensazione di salmastro, per cui molti degustatori mi pongono la domanda se tutto ciò è frutto della permanenza delle bottiglie immerse in mare, ma la mia risposta è no. I fattori sono altri e precisamente legati alla particolare tecnica di vinificazione. Dato per scontato che i terreni, sui quali dimorano le viti, in prossimità del mare, sono ricchi di sali minerali dovuti all’accumulo ceduto dal mare che nel tempo ha donato questa particolare sostanza; così come la salsedine che si deposita sui grappoli in fase di sviluppo e maturazione. A tale proposito la mia scelta, rivoluzionaria, nella vinificazione di un vino base da spumantizzare, è stata quella di riuscire a catturare queste sostanze trasferendole nel vino. L’uva utilizzata viene diraspata e morbidamente pigiata, evitando la immediata separazione della parte solida (bucce) da quella liquida (mosto). Il pigiato viene sottoposto a continui rimontaggi, favorendo la cessione delle sostanze contenute sulle bucce al mosto. Questo processo, eseguito ad una adeguata bassa temperatura, permette di ottenere un mosto, così arricchito, di un colore decisamente pieno e impreziosito di tannini “nobili ed eleganti” che io definisco “intelligenti”; conferendo un alto e particolare livello organolettico unitamente a una sorprendente serbevolezza al futuro spumante.  
Quali sono le principali caratteristiche organolettiche di questo spumante?
Il colore è giallo luminoso che ricorda la buccia di cedro maturo, in profondità emergono riflessi verde rana. Profumo intenso, ricco e variegato con netti sentori di salmastro e muschio umido di rugiada, il tutto in un contesto di estrema pulizia. Al gusto appare immediata la sapidità e la mineralità tipica della macerazione. Lo spessore, coadiuvato dalla presenza di una anidride carbonica quasi cremosa, ma snella e sottile, lo rendono estremamente lungo e persistente. La vena salata che lo percorre senza sosta, apre uno scenario intrigante, ma di assoluta linearità. La freschezza acida è mitigata da una suntuosa morbidezza dipinta da un retrogusto iodato. Le caratteristiche e soprattutto il carattere di questo spumante creano un binario di suggestivi abbinamenti di matrice marinara.
di Anna Esposito

 

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