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Napoli Trip, il fascino di una città resistente. Intervista a Stefano Bollani

Nato a Milano, ma cresciuto a Firenze, classe ’72, pianista jazz, compositore e cantante di straordinario talento, ironico e geniale. Stefano Bollani ha collaborato con grandi artisti come: Chick Corea, Richard Galliano, Phil Woods, Lee Konitz, Enrico Rava, Gato Barbieri, Pat Metheny, Bill Frisell, Paul Motian, Hamilton de Holanda, Bobby McFerrin, calcato i palcoscenici più prestigiosi dalla Fenice di Venezia alla Town Hall di New York e ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo eppure conserva un’eleganza d’animo ed una generosità artistica che gli impedisce di darsi troppe arie. Versatile ed eclettico, ha lavorato anche per il teatro, la radio e pubblicato nel 2015 il suo quarto libro: “Il monello, il guru, l’alchimista e altre storie di musicisti”, edito per Mondadori.
A sei anni comincia a studiare pianoforte, ma sarà ad undici anni la visione di un incontenibile Renato Carosone ad ispirarlo. Decide di voler suonare il piano divertendosi, proprio come lui. E non ha più smesso. Dopo essersi diplomato al conservatorio nel ’93 e dopo una breve esperienza come turnista sulla scena pop nazionale sarà l’incontro nel ’96 con il trombettista Enrico Rava a dare inizio ad una lunga e prolifica collaborazione. “Il jazz è il linguaggio dell’improvvisazione” e lui riesce con stile e leggerezza a passare dal jazz alla canzone d’autore, dal pop alla classica, dalla sua passione per la musica brasiliana a quella napoletana. Sempre nel segno di Joy in spite of everything, la frase di Tom Robbins citata anche in un suo recente lavoro. La sua ultima avventura musicale, Napoli Trip, è un omaggio al fascino e all’energia della città partenopea, Bollani si è divertito a riunire anime provenienti da mondi apparentemente lontani e diversi nella rilettura di autori come Raffaele Viviani, Libero Bovio, Nino Taranto, Renato Carosone, Pino Daniele e Lorenzo Hengheller. Insolite ed interessanti le collaborazioni: dal dj norvegese Jan Bang fino a Daniele Sepe, Hamilton de Holanda, Manu Katche e Nico Gori. Abbiamo parlato con Stefano Bollani di questo suo ultimo lavoro.
Lei scoprì la musica di Renato Carosone a undici anni e ne rimase folgorato. E’ vero che gli scrisse una lettera? Puo’ raccontarci come avvenne?
Insieme alla lettera c’ era una cassetta in cui suonavo 90 minuti di brani suoi. Mi ha risposto consigliandomi di studiare il blues, che è alla base di tutto. Lo presi in parola e così ho avuto la fortuna di incontrare il jazz a soli undici anni.
Molti i musicisti con i quali ha collaborato, su tutti Enrico Rava. Quanto ha influito sul suo percorso artistico e professionale?
Ha influito troppo per poter riassumere qui in poche righe…mi ha dato prima di tutto una grande fiducia in me stesso e nelle mie potenzialità di improvvisatore.
In Napoli Trip lei collabora con il compositore polistrumentista etno jazz napoletano Daniele Sepe, con il quale condivide una visione zappiana della musica. Quali sono gli altri riferimenti musicali che sono stati fondamentali per lei?
Sepe è un genio, da tempo volevo inventare qualcosa da fare accanto a lui. Un altro importante punto di riferimento per me è Miles Davis, che ha continuato a cambiar pelle non per inseguire le mode ma per esigenza personale. 
Nella canzone “Guapparia 2000” dell’amico Lorenzo Hengheller, di cui è interprete si parla di Napoli come una “perversione geopolitca”. Cosa ama di più della città?
La sua energia sotterranea, vulcanica, che permette agli abitanti di resistere di fronte alle varie dominazioni che hanno tentato di sopprimerla: prima ci sono stati i francesi, poi gli spagnoli, ora gli italiani.
Nell’album anche un omaggio a Pino Daniele con “Putesse essere allero”. Che rapporto ha con la sua musica?
Suonavo i suoi brani nel primo gruppo che avevo a 15 anni…direi un rapporto stabile e continuativo! 
In Napoli Trip è riuscito a dissacrare con amore e stile la tradizione del repertorio classico partenopeo. La versione di “Reginella” di Libero Bovio è stata registrata a Rio con bandolim di Hamilton de Hollanda. Com’è nata questa intuizione? 
Eravamo in studio insieme a Chico Buarque per registrare insieme un brano nel disco di Hamilton. Abbiam finito prima del previsto e ho proposto a Hamilton di sfruttare il tempo rimasto per “Reginella”. La suonavamo già dal vivo da qualche tempo.
Ciò che la contraddistingue, oltre ad un evidente talento, è la sua vena goliardica e spiazzante che caratterizza anche i suoi spettacoli. Quello che trasmette è un autentico divertimento per ciò che fa. E’ questo il suo segreto?
Sì, ma non lo dire a nessuno.
Charlie Parker diceva “Impara tutto sulla musica e sul tuo strumento, poi dimentica tutto sia sulla musica che sullo strumento e suona come ti detta il tuo animo”. E’ d’accordo con questa affermazione?
Decisamente. Non c’ è proprio altro da aggiungere! Peraltro sostituisci pure “musica” e “strumento” con “vita” e “mondo” e  poi “suona” con “vivi”…funziona ugualmente.
 
di Anna Esposito
Foto di Valentina Cenni

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