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Ecologia del vivere: molte cose si possono aggiustare

di Stefania Taruffi

Negli anni passati abbiamo assistito a un tracollo finanziario mondiale, che ha prodotto un radicale cambiamento nelle economie di tutti i paesi. Anche se non se ne parla molto in termini catastrofici, la grande crisi scatenata dal deficit accumulato dai governi e dalle speculazioni finanziarie internazionali ha prodotto degli effetti sistemici generalmente sottovalutati.

La cultura del breve termine, diffusa fino a qualche anno fa ovunque, ha generato in passato ricchezze volatili e facile accesso al credito da parte di aziende e di privati, spingendo a un consumismo sfrenato attraverso l’indebitamento e portando molti a vivere oltre le proprie possibilità. Ora i tempi dell’usa e getta sono finiti e anche la società italiana ha subito uno scossone e si è ridimensionata. La maggior parte degli italiani non arriva più a fine mese. L’euro continua ad avere uno scarso potere d’acquisto e i prezzi ancora oscillano in balia degli interessi delle categorie e dei costi di produzione, mentre gli stipendi non aumentano e spesso sono troppo bassi per far fronte alle crescenti spese. Le piccole medie imprese sono in difficoltà, le attività commerciali non ce la fanno, soprattutto nelle grandi città. In generale dunque si consuma meno, ma sta succedendo una cosa molto importante: il cittadino sta imparando a valutare e a scegliere. E sceglie in base al giusto rapporto qualità/prezzo, a volte sceglie anche di rinunciare per necessità. Non viene più tanto sedotto dal frenetico consumismo.

Questo fenomeno di riduzione rilevante dei consumi produce un ritorno all’antico valore del rammendo, del rattoppo, dell’’aggiustare’ anziché gettare via un prodotto cui si tiene.  E in questi momenti rispuntano sul mercato piccole attività gestite da artigiani, spesso stranieri che, con poco, ci aggiustano ogni cosa. Qualche anno fa erano scomparsi i piccoli laboratori d’informatica. Ora sono riapparsi e con poco risolvono piccoli-grandi problemi senza dover ricomprare un pc. La bottega del mio calzolaio è gestita da ragazzi peruviani e la comparsa dell’attività in zona è stata molto gradita: allungano la vita delle scarpe di qualche anno e non è poco, con quello che costano.  Il negozio è pulito, ordinato, pieno di accessori di ogni tipo, da loro entri con una scarpa da buttare e te la restituiscono, con un sorriso, aggiustata e lucidata a nuovo. La piccola sartoria gestita da donne ucraine è sempre piena: rammendano, restringono, allungano, rattoppano e spesso, fanno dei veri e propri miracoli. Il tutto a costi bassissimi.

Soprattutto le donne sono molto felici di queste piccole realtà, perché nessuna ha più molto tempo, ma diciamo la verità, anche la capacità: poche sanno attaccare un bottone. Sono lontani i tempi in cui le madri insegnavano il ricamo e il punto a croce alle proprie figlie. Le macchine da cucire sono considerate  strumenti per professionisti, quando invece ogni donna dovrebbe averne una a casa e saperla usare all’occorrenza. E’ facile come cucinare. Forse manca in generale la voglia di fare. L’emancipazione femminile ha fatto scomparire anche queste piccole virtù, che all’occorrenza, sono molto utili. Tuttavia credo che di questi tempi molte donne, (ma anche uomini), si siano almeno muniti di ago, filo e buona volontà. Necessità fa virtù. Per tutto il resto, sono tornate di moda le botteghe artigiane.

Foto in licenza CC: Christian Demma

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