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Uncle Acid al Quirinetta, come in un racconto di Edgar Allan Poe

Sono giornate d’autunno calde, queste a Roma. Gli Uncle Acid and The Deadbeats ieri sera erano nella Capitale per una delle tre date del loro tour previste in Italia, con il loro carico di stoner rock che inevitabilmente ci porta a visioni di deserti, rocce e cactus e temperature proibitive ma, nonostante tutto, quando la band sale sul palco, il buio sembra più buio e si percepisce freddo fin da subito.
Perché? Se per assurdo nessuno di noi presenti al Quirinetta sapesse chi sono gli Uncle Acid, e non avesse la possibilità di sentire neanche una sola nota della loro musica, di certo dal loro look e dalla loro presenza sul palco, avremmo comunque la sensazione che si tratti di una band che, infilatasi in una macchina del tempo, riemerge dalla scena doom e psichedelica degli anni 60-70, dove Ozzy e i suoi Black Sabbath dominavano incontrastati. La band si forma nel 2009 in Inghilterra, a Cambridge. Da allora Kevin Starrs & Co. pubblicano 4 album in 6 anni ottenendo fin dall’inizio un ottimo successo, e una fitta partecipazione a festival europei. E’ di prossima uscita  “Pusher Man”, il nuovo singolo del loro ultimo album The Night Creeper, pubblicato nel 2015.
Il concerto di ieri sera si apre con “Mt. Abraxas” e, a partire dal titolo, tutto sembra più chiaro. Abraxas è una parola di incerta etimologia. Di fatto, è stata trovata incisa su pietre e gemme utilizzate come talismani magici. La sua interpretazione varia a seconda delle implicazioni religiose nelle quali viene considerata di volta in volta, ma anticamente, nella tradizione persiana, rappresentava l’unione tra Bene e Male. Secondo alcuni studiosi Abraxas è all’origine della parola Abracadabra. Da qui, galvanizzati da un alone di mistero e dalle atmosfere cupe, veniamo trasportati attraverso canzoni che sono dei veri e propri viaggi. Di notte, nei deserti e in montagne sperdute, con santoni e discepoli, o in anfratti di città antiche, dove si celebrano culti magici. Gli Uncle Acid abbandonano il palco per poi tornare dopo qualche minuto acclamati dalla folla a regalarci altri tre bellissime “evasioni”: un amore stregato (“Melody Lane”), riti pagani nel deserto (“Desert Ceremony”) e demoni che seducono (“the Withered Hand of Evil”).
Da qui, senza la violenza delle luci che si accendono, una folla di capelli lunghi e rigorosamente in faccia, abbandona il Quirinetta, tornando a casa con il groove degli Uncle Acid ancora in testa non ci resta che rifugiarci in un romanzo di Edgar Allan Poe, o in un film noir.
Testo e Foto di Giorgia Atzeni

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