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Siberia Reloaded Tour, il post-punk dei Diaframma al Traffic di Roma

La gelida desolazione della Prenestina d’inverno è stata la cornice ottimale per il concerto di ieri sera al Traffic. I Diaframma, capitanati da Federico Fiumani, unico vero superstite della band fin dagli anni Ottanta, salgono sul palco, gli occhi bassi, preceduti da quell’alone di mistero che da sempre contraddistingue un certo tipo di musica. La band fiorentina si trova a Roma per riproporre i pezzi di “Siberia”, album che li consacra a band di punta della scena new wave italiana, e che merita a pieno titolo un posto nella top ten dei dischi italiani più belli di tutti i tempi, secondo la rivista Rolling Stone. L’album è il primo della band, quando alla voce vedevamo ancora Miro Sassolini, e vede la luce nel 1984, quattro anni dopo la morte di Ian Curtis, emblematico e indimenticato cantante dei Joy Division. Niente in questa band è lasciato al caso. Il diaframma, nel linguaggio fotografico è il meccanismo che regola la luce, e in effetti i Diaframma di luce ne fanno entrare ben poca, e quella poca che è concessa, è la luce accecante del ghiaccio e della neve. Di una giornata di sole d’inverno.
Risulta tutto più chiaro alle prime note di “Siberia”, la title track, bellissima e struggente, una camminata affannosa in una montagna innevata alla ricerca della luce e del fuoco, metafora romantica di una storia d’amore complicata. A seguire una rollercoaster di emozioni, di passioni in tumulto e di sentimenti irrequieti. Si susseguono “Neogrigio”, “Gennaio”, “Specchi d’Acqua”. Ogni canzone è una diapositiva sbiadita, di ricordi lontani, di stanze segrete, di freddo, di affanno. Di amori. Quasi al termine una cover dei Television, come a sottolineare le radici di appartenenza. Il concerto va avanti così, essenziale, ruvido. Poche parole, Federico è come il suo album, glaciale, ma con spiragli di luce.
E’ incredibile come in questa band riescano a convivere realtà così diverse tra loro. Da una parte l’Inghilterra degli anni Settanta-Ottanta, con le sue sonorità post-punk, dark, new wave, i Joy Division, i Cure. Dall’altra parte la matrice profondamente italiana, la poeticità delle lyrics, il romanticismo e il cantautorato. I Diaframma incarnano (o hanno incarnato insieme a Litfiba, C.S.I. e pochi altri) l’esempio vivente di fusione musicale, di come ci si possa ispirare a generi altrui senza cadere nel “déjà vu”, ma anzi, dandogli nuova vita grazie all’”inflessione” locale. E come al solito succede, anche in questa occasione la musica non ha età. Sono passati ormai più di trent’anni da Siberia. Ma niente sembra fuori luogo, o fuori tempo. Al massimo ci si sente nostalgici. Anche di cose che non abbiamo vissuto personalmente, ma che sono comunque dentro di noi in qualche modo, e ci descrivono. I Diaframma ci salutano dopo un’encore di quattro canzoni. E noi, col pensiero, salutiamo anche Ian Curtis.
di Giorgia Atzeni

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