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Le ragioni e i torti della riforma universitaria della discordia

Corteo di studenti, cosiddetti bookblock,che sfila tra le strade di Roma

Di Paolo Cappelli

E’ prevista per oggi l’approvazione del disegno di legge (DDL) proposto dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che riorganizzerà in modo strutturale le università italiane. Gli studenti sono scesi in piazza a Roma e in molte altre città d’Italia, il centro storico della capitale a ridosso dei palazzi del potere è stato blindato e definito “zona rossa” per impedire ai manifestanti di avvicinarsi troppo e per timore che si possano verificare nuovamente i disordini avvenuti il 14 dicembre. Le forze di polizia sono apparse in più punti in tenuta antisommossa e hanno seguito con attenzione i manifestanti, che si sono mossi in tre cortei distinti e pacifici senza un percorso definito a priori, avendo già ieri preannunciato la volontà di non oltrepassare il divieto di ingresso alla zona.

Ma andiamo con ordine. Il DDL promosso dal governo e attualmente in discussione al Senato, recante Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, rileva “la straordinaria necessità ed urgenza di attivare percorsi di istruzione d insegnamenti relativi alla cultura della legalità ed al rispetto dei principi costituzionali, disciplinare le attività connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti nell’ambito della comunità scolastica, reintrodurre la valutazione con voto numerico del rendimento scolastico degli studenti, adeguare la normativa regolamentare all’introduzione dell’insegnante unico nella scuola primaria, prolungare i tempi di utilizzazione dei libri di testo adottati, ripristinare il valore abilitante dell’esame finale del corso di laurea in scienze della formazione primaria e semplificare e razionalizzare le procedure di accesso alle scuole di specializzazione medica” e viene duramente contestato da studenti e ricercatori perché accusato di aumentare il precariato e distruggere l’università pubblica se non sarà supportato da adeguati finanziamenti.

Di fatto, si tratta del primo provvedimento organico  che riforma l’intero sistema universitario dal 1969, quando, anche grazie all’azione più o meno violenta dei movimenti studenteschi di allora, furono approvate norme che liberalizzarono l’accesso agli studi universitari e modificarono l’esame di maturità. Il Disegno di Legge attuale afferma il principio secondo cui l’autonomia delle università deve essere coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica, didattica. Per la prima volta si proibisce: di partecipare ai concorsi per l’accesso alle carriere universitarie a chi ha parentele fino al 4° grado con il personale già impiegato in un Ateneo; di mantenere la carica di rettore per un periodo superiore a 6 anni.  Inoltre si stabilisce che: gli organi e le figure direttive e manageriali degli atenei avranno grandi responsabilità dirette; gli studenti saranno rappresentati negli organi di governo e potranno valutare gli insegnanti; gli atenei avranno la possibilità di fondersi per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca. Ci sarà una riduzione molto forte del numero di facoltà, che potranno essere al massimo 12 per ateneo. Questo per evitare la moltiplicazione di quelle inutili, o che non garantiscono un facile inserimento nel mondo del lavoro. E’ prevista, inoltre, l’introduzione dell’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso alle posizioni di professore associato e ordinario.

Il DDL introduce inoltre alcuni interventi volti a favorire la formazione e l’accesso alla carriera accademica, in particolare prevedendo una semplificazione della struttura degli stipendi, maggiori tutele negli assegni di ricerca e la formula del cosiddetto tenure-track, ovvero contratti a tempo determinato di 6 anni (due periodi di 3 anni, rinnovabili). Al termine, qualora il ricercatore sia ritenuto valido dall’ateneo, sarà confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario, terminerà il suo rapporto con l’università, ma avrà maturato titoli utili per i concorsi pubblici. In questo modo, almeno teoricamente, si evita il fenomeno dei ricercatori a vita.

Queste misure, almeno sulla carta, sembrerebbero logiche e condivisibili. Voci opposte si levano però da più parti e non solo tra gli studenti. Tra tutte, abbiamo scelto di leggerne una con maggiore attenzione: è quella di quarantacinque docenti dell’Università “La Sapienza” di Roma, i quali hanno firmato un testo, pubblicato sulla pagina del Dipartimento di Psicologia dell’ateneo (http://w3.uniroma1.it/dip39/index.php/it/component/content/article/140-commenti-finali-ddl-gelmini) e su Facebook, che aggredisce punto per punto i contenuti del DDL, giudicandolo un provvedimento vuoto e che avrà bisogno di un elevato numero di decreti attuativi (più di 100), oltre che una misura che, da un lato, non riduce il numero di corsi di laurea, e dall’altro non accresce la possibilità per gli studenti meritevoli di accedere alle borse di studio,per le quali, tra l’altro, non sono stabiliti né l’ammontare né le procedure somministrazione), peraltro non legate al reddito.

Altra lagnanza riguarda la supposta meritocrazia nelle assunzioni. Secondo i promotori dell’iniziativa, a legger bene il decreto, agli atenei restano amplissimi spazi discrezionali e decisionali, che non solo invaliderebbero i principi meritocratici, ma non ridurrebbero, di fatto, i poteri baronali. Ma i problemi che la riforma Gelmini porta con sé sono essenzialmente di due tipi: uno economico e uno giuridico. In primo luogo, il Decreto proposto si accompagna alle misure previste dal Decreto Legge 112/2010 collegato alla legge di stabilità, che prevede forti tagli agli organici e alla didattica e che nel prossimo triennio punta a far risparmiare alle casse dello stato 7,8 miliardi di euro sopprimendo, tra il 2009 e il 2012, oltre 87 mila posti di docente praticamente in tutti gli ordini di scuole. Secondariamente, ma neanche poi tanto, esiste una forte discrasia da un punto di vista prettamente giuridico: l’articolo 6 del disegno di legge (che modifica un comma della riforma Moratti) appare in contraddizione con l’articolo 29, (che abroga il comma stesso).

Una questione di difficile composizione in aula, perché una modifica in tal senso renderebbe obbligatoria una nuova votazione alla Camera. Peraltro, secondo il docente di diritto costituzionale Prof. Michele Anis, intervistato da Rai News 24, non è possibile intervenire in maniera preventiva attraverso il decreto ‘mille proroghe’, come indicato dal Ministro Gelmini, perché una norma, in questo caso un DDL convertito in legge, deve essere approvata e promulgata dal Capo dello Stato prima di essere modificata con un Decreto dal Consiglio dei Ministri.

E oggi, intanto, il Senato, continuerà a oltranza la discussione sull’approvazione degli emendamenti nel corso della sessione notturna. Intanto, dopo la rabbiosa guerriglia urbana che ha prodotto decine di feriti sui due fronti e più di 20 milioni di euro di danni alla città di Roma la scorsa settimana, a gettare ulteriore benzina sul fuoco sono arrivate le dichiarazioni di chi ha ravvisato l’esigenza di procedere ad arresti preventivi e di tenere i figli a casa per evitare che elementi potenzialmente pericolosi potessero originare nuove violenze.

Nella capitale, oggi, gli studenti si sono suddivisi in tre cortei distinti, uno dei quali ha raggiunto la sede della CGIL per invocare sciopero generale, mentre quello partito dall’Università “La Sapienza” si è snodato lungo via del Verano e ha raggiunto via Prenestina, per poi invadere, in maniera del tutto pacifica, la Tangenziale Est e l’Autostrada Roma-L’Aquila, paralizzando completamente il traffico di tutte queste importanti arterie intracittadine. Un terzo corteo, partito dal quartiere Trastevere, ha lambito il Ministero dell’Istruzione accuratamente sorvegliato dalle forze dell’ordine e ha occupato l’intera sede stradale del Lungo Tevere. In questo caso, gli studenti si muovevano tenendo bene in alto le mani dipinte di bianco, in segno di pace e di non violenza.

Stime non ufficiali parlano di un totale di circa 20mila partecipanti. Ad eccezione di Palermo, in cui si sono registrati scontri con la Polizia e il lancio di pietre, uova e arance contro il Palazzo d’Orleans, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana, va sottolineato come vi sia stata, almeno a Roma, l’assoluta assenza di incidenti. E’ notizia di poco fa che il Presidente della Repubblica riceverà una delegazione degli studenti al Quirinale nel pomeriggio, anche se non è chiaro cosa chiederanno alla massima carica dello stato e soprattutto chi sarà ricevuto. E’ la prima risposta delle istituzioni al movimento studentesco e c’è da sperare che l’incontro porti dei frutti. I romani bloccati in lunghi serpentoni di macchine hanno mostrato di sopportare abbastanza bene i disagi, ma difficilmente, se si dovessero ripetere blocchi del traffico che in alcuni casi hanno superato le tre ore, si riuscirà a mantenere tutti la calma.

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