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Phubbing, cos’è e perché mette a rischio le Relazioni Umane

di Francesca Ungaro
 
Il nome Phubbing deriva dalla fusione di due termini, “phone” (telefono) e “snubbing” (snobbare), perché è esattamente così che si sente – snobbata – una persona di fronte alla continua attenzione ad altro del proprio partner.
Non si parla, generalmente, della nascita di un sentimento di gelosia da parte dell’interlocutore: non è importante con chi il nostro compagno stia continuando a scrivere o ricevere notifiche.
E’ importante il fatto stesso che lo faccia.
Perché annienta la Comunicazione e la Relazione presente. Di fronte al Phubbing, nascono reali sentimenti di frustrazione, di trascuratezza, di delusione e tristezza.
Di solitudine.
Una specie di “mobbing”, che è stato oggetto di studio già un paio di anni fa: “La mia vita è diventata la più profonda distrazione dal mio telefono”.
A seguito di questa indagine, concentrata sulla vita di coppia fuori e dentro al letto, si rilevava che il 36,6% dei interlocutori realmente presenti si sentiva ignorato e abbandonato, mentre una percentuale non inferiore al 22% ha iniziato ad avere – proprio per questo fenomeno comunicazionale – gravi problemi di relazione.
Fino alla reale rottura della coppia.
Oggi, un nuovo studio rimette al centro la problematica. Meredith David e James A. Roberts, della texana Baylor University’s Hankamer School of Business, hanno analizzato il comportamento di più di 330 persone in due fasi differenti.
Il dato più saliente è che il 25% di chi subisce Phubbling ha reagito rivolgendosi a propria volta ad attività sui Social Network.
Sentendosi isolati, “snobbati” e soli, gli interlocutori hanno acceso i loro account Social per trovare compensazione e compagnia sul proprio Facebook e sulle proprie chat.
E’ come se, in questo modo, si ripristinasse un equilibrio: “Mi lasci da solo perché anche se siamo insieme non fai che guardare il telefono? Bene, lo faccio anche io, perché solo sui canali social mi sento di nuovo accettato e affermato
Aggiunge David: <<Nonostante l’obiettivo di dispositivi come gli smartphone sia quello di aiutarci a collegarci con gli altri, in questa particolare situazione producono l’effetto contrario>>.
La realtà è sempre più lontana, a causa di un circolo vizioso cui non si riesce a porre fine.
<<In modo ironico – e paradossale, aggiungo – la tecnologia disegnata per unire gli esseri umani ci ha condotto all’isolamento>>.
E non finisce qui: la spirale creata dal Phubbing avrebbe anche notevoli ripercussioni sulla salute dell’individuo, non solo dal punto di vista psicologico – con effetti come la depressione -, ma anche sull’organismo.
Un vero e proprio abbassamento del sistema immunitario renderebbe i soggetti “isolati” molto più esposti ad ammalarsi.
Sul sito stopphubbing.com, dedicato a fare chiarezza su questa dipendenza e a trovare soluzioni per combatterla, sono stati pubblicati alcuni dati particolarmente interessanti.
L’87% degli adolescenti a livello mondiale preferisce comunicare via smartphone piuttosto che faccia a faccia col proprio interlocutore, anche se non ci sono distanza fisiche elevate.
E se si dovesse tradurre in termini territoriali il fenomeno del Phubbing si determinerebbe un’area terrestre pari a 6 volte la Cina.
Sempre sul sito dedicato, si scopre che in media, durante una cena al ristorante, il 36% delle persone è afflitto da tale fenomeno, il che equivale a spendere 70 giorni in totale solitudine all’anno mentre il nostro interlocutore rimane agganciato allo smartphone.
Una curiosità: a causa della “dipendenza da Phubbing” la qualità del cibo del ristorante appare assai peggiore, tanto che le lamentele rivolte alla cucina salgono del 97%.
Quali sono le attività più comuni quando si continua a guardare e a interagire con lo smartphone? Aggiornare il proprio status su Facebook, acquistare musica e giochi online, chattare sulle varie piattaforme social, nonché effettuare immediate e repentine ricerche su Google.
NewYork, con circa 19, 7 milioni di individui, è senz’altro la prima città al mondo in cui il fenomeno del Phubbing ha preso piede.
Seguono Los Angeles – con 15, 2 milioni di “Phubber” – e Londra con 12, 8 milioni.
Come si può correre ai rimedi?
Indubbiamente ponendosi delle regole, delle norme da rispettare rigorosamente magari anche stabilendo delle penalità se non si rispettano. E poi, soprattutto, trovare – e rispettare! – zone libere, franche dall’effetto Phubbing, siano essi il bar, il ristorante o perfino la camera da letto.

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