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Ma sono davvero sorrisi spiegàti, quelli di "È finita la crisi?"

Bussoletti, in mezzo a EP, album e canzoni applaudite dalla critica e seguite da un pubblico sempre più numeroso e variegato (il cosiddetto popolo del web, gli spettatori dei concerti, i fan di ogni ordine e grado), sceglie di raccontare con ironia i tempi senza sosta in cui siamo immersi, con un pezzo nuovo e balzellante, magnetico e seducente, attraente e sinistro. Un pezzo che ti costringe a strapparti via la maschera della tristezza.
Nel videoclip (che NON è un videoclip), viene pedinato per ventisei ore in una giornata senza fine, dove essere “artista” significa mettere in fila incontri, bevute, ispirazione, fastidi o semplici necessità quotidiane. Il crollo è inevitabile.
Tre minuti di montaggio che condensano una frenesia che pulsa altrettanto forte nel testo e nella musica. Sorrisi nervosi, appunto, icone generazionali che tornano (Heather Parisi o Max Pezzali), i social (gli smile condivisi, i selfie con l’Uomo Ragno), i luoghi (Via Montenapoleone a Milano, il Teatro dell’Opera) e il corpo sano (in fondo, abbiamo ancora trentaquattro denti), ma fino a un certo punto, un senso strisciante di malessere che incrina un ritornello contagioso e un poco psicotico.
Sono i Tempi Moderni in cui l’operaio di Charlie Chaplin ha ancora un posto d’onore e in cui il buon pop di questa apina operaia sa farsi sentire con la giusta, isterica e avvincente allegria. Un’ape operaia della musica viva.

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