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La Madonna del parto di Piero della Francesca

Di Mariano Colla
Madonna del parto, Piero della Francesca (part.)

Monterchi, piccolo borgo adagiato sulle morbide colline toscane. Una leggera bruma sfuma i casali in pietra e le antiche strutture medievali, proiettando l’antica frazione in una atmosfera irreale, nel silenzio di un paesaggio sonnacchioso in attesa dei frastuoni di fine anno. Qui, in un modesto edificio ai margini del borgo, è esposta  una delle opere più singolari di Piero della Francesca, “La Madonna del parto”. E’ la Madonna incinta più conosciuta in tutta la iconografia antica e moderna.  Piero della Francesca ( Sansepolcro 1416-1417, Sansepolcro 1492), uno degli esponenti più originali ed emblematici del Rinascimento Italiano, la affrescò nella chiesina di S.M. Momentanea, in mezzo alla campagna, dove fu a lungo conservata.  Egli, oltre che pittore, fu anche matematico  e tale dualismo, ha determinato una produzione artistica in grado di coniugare armonicamente arte e geometria.
Arezzo, poco distante, propone una ricca collezione delle  opere del pittore toscano, soprattutto nella Chiesa di San Francesco, ma l’affresco esposto a  Monterchi esprime i tratti arditi del messaggio artistico di Piero della Francesca, capace, più di altri suoi contemporanei, di inserire all’interno della tradizione pittorica del suo tempo elementi di modernità, tali da valorizzare le nuove componenti razionali ed estetiche che l’Umanesimo portava con sé. La  collocazione definitiva dell’affresco, restaurato per l’ultima volta negli anni 90, è stata oggetto di dispute tra la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il Comune di Monterchi  e il Ministero dei Beni Culturali. Finalmente, nel 2009,  le parti in causa si sono accordate per  la collocazione dell’opera nella chiesa di San Benedetto a Monterchi.

Madonna del parto, Piero della Francesca (part.)

Il Comune di Monterchi avrebbe gestito l’affresco dal punto di vista artistico-culturale e della fruizione museale, la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro avrebbe garantito la possibilità di venerazione pubblica e privata dell’immagine da parte dei fedeli. Tuttavia, nonostante l’accordo, l’opera è ancora ospitata all’interno di una ex scuola, in attesa dei tempi biblici della nostra burocrazia e, sulla sua attuale collocazione, si intensificano le critiche.  Il dipinto, infatti, è posto in una sala completamente buia e, allorché il visitatore vi entra, appositi sensori attivano  una illuminazione artificiale orientata verso l’affresco, collocato  all’interno di  una teca climatizzata, progettata per conservarne l’integrità e per renderlo più fruibile al pubblico. Un dispositivo a fibre  ottiche genera dei fasci di luce, a intensità variabile, con l’effetto di creare attorno all’opera una luminosità diffusa. Le scelte sulle modalità di illuminazione della “Madonna del parto” sono tuttora oggetto di vibranti polemiche. Secondo alcuni esperti, infatti, tale modalità falsifica completamente il geniale crescendo di luminosità creato da Piero della Francesca. Non sono rari commenti del tipo :“questa luce hi-tech,  che genera una atmosfera da discoteca, è quanto di più lontano si possa immaginare, sia dal significato della fonte biblica che dalle intenzioni dell’autore e di tutti i pittori che, prima di Lui, dipinsero immagini di Madonne del parto”. Nonostante i suddetti problemi di illuminazione, l’opera  esprime tutta la sua bellezza anche nella  piccola e nuda saletta intonacata, senza altri elementi  che possano interferire e disturbare il rapporto tra l’opera stessa e il visitatore. E’ un affresco dove l’elemento spirituale trova la sua espressione adeguata nella figura umana. E’ l’arte del bello, perché vi è coincidenza tra contenuto e forma, dove ciò che conta è l’armonia. Ma, nel contempo, si ritrovano gli elementi della vita vissuta , della realtà.
La figura della Madonna, così idealizzata nella pittura del tempo, ritrova qui la  dimensione di una donna comune, con le rotondità della gravidanza che ne appesantiscono il corpo e con il volto che, pur in una composta ieraticità, tradisce una certa apprensione e preoccupazione per il prossimo parto. Il manto, leggermente aperto sul ventre, mette in risalto i tratti estetici della maternità, ma, al contempo, fa risaltare la ristrettezza della veste e la ricerca di una maggiore comodità. Una mano si appoggia sull’addome, quasi ad  attenuare la disfunzione del vestito e a percepire i movimenti del nascituro, l’altra preme su un fianco ed aiuta a sostenere  il sovrappeso del corpo. Posture comuni che conferiscono all’immagine, pur nella sua  sacralità, non tanto i tratti portatori dell’eccezionalità dell’evento quanto un senso di normalità, di consuetudine , di timore umano. La parte superiore del baldacchino che, come una quinta teatrale, si erge al di sopra della immagine della Madonna,  è una ricostruzione dovuta ad un pesante intervento di restauro. La figura della Vergine e quella dei due angeli, quest’ultima realizzata attraverso il medesimo cartone rovesciato, sono , invece,  da ritenersi completamente autografe.
Nonostante il tempo trascorso, gli spostamenti da una sede all’altra, le polemiche che per anni l’hanno investita, “La Madonna del parto”, nel silenzio e nella solitudine della modesta stanza che la ospita, si erige, arte sovrana, nella sua luminosa e piena dimensione artistica, espressione poetica nella composizione dei volumi, nella immobilità cerimoniale dei gesti, nell’attenzione alla verità umana, raffinata e irripetibile testimonianza pittorica che ancora commuove il visitatore moderno.
Madonna del parto, Piero della Francesca (1467)

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