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Quando la cura passa attraverso le opere d'arte – "La cura e la bellezza", un progetto dove le corsie si trasformano in gallerie.

di Lara Ferrara
L’arte può avere un effetto positivo ,addirittura terapeutico, sulle persone.Botticelli, Bellini, Lotto, Canaletto, Moroni, Hayez, i maestri dell’arte escono dai musei e arrivano negli ospedali. Fino a dicembre 2019 gli spazi delle cliniche Humanitas Gavazzeni e Castelli di Bergamo ospiteranno il progetto “La cura e la bellezza”, un progetto unico dove le corsie si trasformano in gallerie. Molti studi lo dimostrano, numerosi sono i riscontri da parte dei medici che si sono dichiarati entusiasti di aver accettato la sfida di Humanitas che è quella di raccontare e vivere in modo nuovo il DNA dell’ospedale con una cura d’eccellenza, innovazione, ricerca ed esperienza umana di fronte alla malattia.la Bellezza.
Per un anno gli ospedali Humanitas Gavazzeni e Castelli di Bergamo ospiteranno, al loro interno, venticinque gigantografie di alcune delle più importanti opere d’arte custodite da Accademia Carrara, prestigiosa pinacoteca nel cuore della città. Un progetto ambizioso il cui nome, “La Cura e la Bellezza”, dice molto, un percorso immersivo, un nuovo modo di vivere l’ospedale e l’arte, con uno scopo preciso: emozionare. Ogni persona che entra in ospedale, per curarsi o per curare, arriva con una sua storia precisa e riempie questo luogo di aspettative e speranze. Da qui l’idea di far emergere gli innumerevoli volti della vita attraverso le suggestioni donate dall’arte.
Il rapporto dell’Accademia Carrara con Humanitas Gavazzeni nasce dalla volontà di condividere un’esperienza di partecipazione che si nutra di valori positivi. Contribuire al miglioramento della vita dell’uomo, sia dal punto di vista fisico sia intellettuale, attraverso l’arte e la scienza a vantaggio dell’umanità.
Le opere sono state selezionate insieme ai Servizi Educativi dell’Accademia che ha privilegiato dipinti e soggetti in grado, appunto, di evocare il concetto di cura e del “prendersi cura di se”: volti d’altri tempi accompagnano i pazienti all’ingresso e nelle sale d’attesa, scorci di cielo si aprono in angoli inaspettati, storie narrate per immagini corrono sulle lunghe pareti dei corridoi proiettando le persone che li percorrono in un’inaspettata dimensione.
L’esperienza di cura è innanzitutto un incontro, una relazione. E cosa meglio dell’emozione avvicina le persone? Qui si gioca il ruolo della bellezza, un valore fondante della cultura italiana a cui tutti siamo sensibili. La scelta dei dipinti non è casuale, ma mira a ricostruire un ambiente dalla forte carica emotiva seguendo il filo conduttore della bellezza, declinata in molti modi coerenti con l’ospedale che li accoglie: dal gesto di affetto all’intensità di uno sguardo fino a paesaggi rasserenanti.
Immagine simbolo del progetto, posta all’ingresso, è “San Girolamo e il Leone”, evocativa del gesto di cura e forte riferimento a Bergamo (l’animale troneggia anche sulle Mura venete di città alta, patrimonio Unesco dal 2017). In quest’opera si leggono molti degli elementi che hanno guidato La Cura e la Bellezza: lo studio infaticabile e la ricerca che ispirano la vita di un uomo; il gesto umano, accogliente e incondizionato che cura il leone dando sollievo al dolore.

Racconta la moglie di un paziente ricoverato in uno dei nosocomi che tutte le sere, prima di tornare a casa dopo la visita al marito, si ferma davanti alle opere esposte, per prendere energia. Negli ospedali le ore notturne sono, a volte, particolarmente difficili. I pazienti insonni hanno, al Civico, la possibilità di “stare con l’arte” nei corridoi anche in questi momenti più silenziosi.
La cura della bellezza per l’evoluzione.

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