Oggi, invece, numerosi studi sostengono il perdono come una forma di terapia, utile all’interno di un percorso di sostegno psicologico, per eliminare atteggiamenti disfunzionali in favore di sentimenti benevoli, a beneficio del sé.
Possibili reazioni alle offese
Reazioni naturali sono emozioni e sentimenti di incredulità, odio, rabbia, tristezza, senso di colpa, paura, disorientamento e autosvalutazione.
In seguito, modalità di reagire possono dividersi in:
- Desiderio di vendetta.
Funziona come deterrente per future potenziali aggressioni e gratifica nell’immediato, ma ci sono delle conseguenze paradossali: non c’è una vera chiusura psicologica a seguito della vendetta, più facilmente vengono innescate nuove ritorsioni, incrementando la paura, e se sono presenti ruminazioni diventa alquanto tossica.
- Evitamento.
Viene messo in atto per la preoccupazione della propria incolumità fisica e/o psichica o per non andare incontro all’opinione negativa degli altri; spesso può servire allo scopo di vendetta, nel momento in cui l’offensore traeva benefici dalla relazione.
- Perdono.
E’ una via di uscita dalla sofferenza.
Cosa NON è il perdono
Non è dimenticare.
Per perdonare dobbiamo ricordare, ma in modo diverso; sarebbe impossibile far cadere nell’oblio un ricordo in modo volontario. Il perdono è un percorso che trova un senso, aumenta la comprensione in favore di una crescita personale.
Non è riconciliazione.
Il perdono non prevede necessariamente la riconciliazione, soprattutto perché potrebbe mettere a rischio il benessere psico-fisico: la riconciliazione avviene dopo un percorso di perdono e contempla un processo bilaterale in cui l’offensore è parte attiva, dimostrando di essere cambiato e cercando di riguadagnare la fiducia.
E ancora… Non è un atto di sottomissione, non è negare la gravità, non è non volere una giustizia.
Ma che cos’è il perdono?
Perdonare significa concedere un dono.
È una SCELTA, un percorso unilaterale che richiede tempo e prevede cambiamenti emotivi, cognitivi, motivazionali e comportamentali verso l’offensore.
Per perdonare è importante prima impegnarsi ad elaborare i propri vissuti e la propria rabbia, comprendere le motivazioni ed empatizzare con l’offensore, lasciar andare sentimenti negativi e ruminazioni in favore di sentimenti benevoli.
Il primo passo? Differenziare il danno diretto da quello secondario (ruminazioni, autocritiche, decisioni prese pensando di non avere libertà di scelta): tutto quello che è successo non determina necessariamente che vada in quel modo.
Vuoi che quella persona continui ad avere tutto questo potere?