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Shoah. Le pietre della memoria

Di Maria Rosaria De Simone

Percorro ogni mattina lo stesso tratto di strada e ne conosco ogni angolo, ogni anfratto. Ma giunta ad un centinaio di metri da Piazza del Popolo, sulla Via Flaminia, noto sul marciapiede, di fronte ad un portone di un antico palazzo, tre sampietrini di ottone lucente incastonati nell’asfalto grigio. Mi chino incuriosita e leggo sul primo:“Qui abitava Alba Sofia Ravenna Levi, nata nel 1891, arrestata il 16.10.1943, deportata ad Auschwitz, assassinata il 23.10.1943.” Leggo sugli altri due sampietrini i nomi di Giorgio e Mario Levi, anche  loro deportati ad Auschwitz. Mi soffermo sulle date di nascita. Probabilmente Giorgio era il figlio di Alba Sofia e di Mario. Tutti deportati e mai più ritornati. L’impressione è grande, un pezzo di storia nera e violenta emerge quando meno te lo aspetti. Sono china sui sampietrini, sollevo lo sguardo, tutti corrono, tutti vanno di fretta. Tiro fuori il telefonino per fare una foto, intorno a me si raccoglie un gruppetto di studenti della vicina Facoltà di Architettura. Noto che il mio sentimento di commozione è anche il loro. Quei sapietrini sono la testimonianza che nel palazzo di fronte abitavano degli ebrei, che hanno subito la deportazione in treno merci fino al più orribile campo di concentramento.

Spiego ai ragazzi che per commemorare la Shoah, quest’anno sono stati messi, in cinque municipi, 54 ‘pietre di inciampo’ di ottone,dell’artista tedesco Gunter Demning, con le generalità dei deportati,  per ridare loro un’identità, proprio di fronte alle loro abitazioni. Saperlo è un conto, ma imbattersi in questi sampietrini per puro caso, mentre si sta con la testa da tutt’altra parte, colpisce alquanto. Non si può continuare indifferenti il proprio cammino. Quei morti ci interrogano. Possibile che l’uomo arrivi ad un tale disprezzo della vita umana da compiere tali crimini assurdi? Possibile che nessuno sia riuscito a fermare questo scempio?

Il 16  ottobre 1043, nel vecchio Ghetto di Roma, all’alba, circa cento tedeschi armati di mitra, entrarono nelle abitazioni degli ebrei ed arrestarono intere famiglie. Altri duecento militari rastrellarono il resto della città. Due giorni dopo, 1022 ebrei furono ammassati all’interno di 8 vagoni e trasferiti ad Auschwitz. Donne , bambini ed anziani vennero subito mandati nelle camere a gas, gli uomini abili al lavoro furono trattati come schiavi. Di questi 1022 romani, alla fine della guerra,solo 14 uomini ed una donna tornarono alle loro case. Vuote. Negli occhi l’inferno. Degli oltre duecento bambini romani nessuno sopravvisse. A volte la ‘Memoria’ è davvero troppo dolorosa. Ma non si può e non si deve dimenticare.

3 COMMENTI

  1. Non sapevo di questa iniziativa.La trovo fantastica!
    Grazie Maria Rosaria, non solo per avermi informata ma per avermi fatto emozionare leggendo il tuo articolo.
    Le nuove generazioni devono conoscere la storia e sapere di cosa sia capace di fare l’uomo.

  2. Grazie per questo momento di riflessione, Maria Rosaria. A volte corriamo corriamo come criceti sulla ruota, senza nemmeno sapere dove, di preciso, stiamo andando. Senza sapere davvero a cosa vogliamo arrivare. Fa bene, a noi e alla memoria di tutte queste vittime, fermarci un attimo a riflettere.

  3. Ciò che è più sconvolgente è il modo in cui la mente umana (?) possa giungere a concepire la massima efficienza nel compiere il massimo del male.
    “Il campo di sterminio di Treblinka e il suo comandante, Franz Stangl, sono esempi di efficienza al massimo grado di purezza.
    Treblinka era il più grande dei cinque campi costituiti esclusivamente a scopo di sterminio dai tedeschi durante l’occupazione della Polonia.
    Il campo prende il nome del villaggio presso il quale venne costruito, a nord-est di Varsavia in Polonia. Il 1941 è l’anno della creazione del campo lavorativo per i prigionieri politici polacchi ed ebrei. Nel 1942 il campo venne convertito in campo di sterminio. Secondo le stime nel campo furono sterminate circa 3 milioni di persone in diciassette mesi, facendo di Treblinka il secondo campo di sterminio per numero di vittime[21].
    Treblinka era un complesso industriale su vasta scala e Stangl ne era il direttore generale ed il responsabile. Il lavoro di uccidere con il gas e bruciare cinquemila esseri umani in 24 ore, esigeva il massimo dell’efficienza.
    I treni arrivavano al campo su una linea a binario unico; i prigionieri dovevano essere scaricati e spostati su un altro binario così da tenere libero quello principale per l’arrivo del treno successivo. Se uomini, donne o bambini non eseguivano adeguatamente un ordine, rallentando il processo o provocando un qualsiasi tipo di problema, venivano immediatamente fucilati poiché niente doveva interferire con l’efficienza del processo”.
    (http://www.marginalia.it/mediawiki/index.php/Bramosia_di_potere)

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