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Amanda Falcone racconta Ray Morrison

di Amanda Falcone
“L’Italia deve aprirsi. L’Italia ha bisogno di messaggi forti. Se fossimo più liberi, più talenti potrebbero emergere”.
Ray Morrison
Una chiacchierata telefonica di più di tre ore con Ray Morrison (al secolo Raimondo Rossi), volate. Come se ci conoscessimo da sempre. È iniziato tutto così, parlando di fotografia, arte, l’amore per la California e la libera espressione.
Ed ora voglio raccontarvi questa emozione…
Nato e cresciuto a Perugia, ascoltando vecchi mantra come “con l’arte non mangi” e “moglie e buoi dei paesi tuoi”. Ha dovuto accantonare studi in campo artistico o linguistico perché ritenuti poco remunerativi e anche un po’ “femminili”.
Influenzato da queste idee datate e dure a morire ancor oggi, si dedica inizialmente allo studio della matematica che gli conferisce una visione analitica e razionale del mondo.
Per buona parte della sua vita si muove in un raggio d’azione dai confini netti che sembrava l’unico possibile e ammissibile, che delimita la sua libertà nella vita e nel lavoro. Eppure l’attrazione verso Los Angeles e la passione per l’arte non si affievoliscono.
Nonostante il tempo sottratto alla sua vera vocazione, gli ingredienti del destino di Ray e gli eventi si intrecciano sinergicamente: la matematica infatti sorregge la proporzione, l’armonia e la musica.
La sincronicità avviene quando Ray incontra dei cantanti d’opera che lo invitano nell’assolata California.
Il richiamo per Los Angeles è stato così forte da aver spazzato via le false credenze, permettendo a Ray di evolversi nel dinamico scenario artistico californiano.
La sua inclinazione analitica individua subito i primi contrasti con l’Italia: Los Angeles è aperta e vivace, multiculturale, giovane, le persone hanno piacere a intrattenere una conversazione con estranei. C’è meno diffidenza e invidia, non si viene giudicati per questioni marginali come l’aspetto, ogni lavoro è dignitoso e non impera la casta. La gente qui ama il contatto anche con chi è considerato in Italia ai margini della società, come i sieropositivi: a Los Angeles conducono vite normali, da noi destano paura, sospetto e giudizio.
Ray è colpito da come l’intero cast celebra la fine di uno shooting: ogni membro del team è trattato con rispetto, tutti sono alla pari, tutti sono fondamentali, non si percepisce la presenza di una casta. I lavori terminano con urla di gioia e abbracci di gruppo, anche fra il regista e gli addetti alle pulizie.
E cita Anna Wintour “puoi avere il talento che vuoi, ma se non hai il team giusto non sei nessuno”.
È esilarante il suo parallelismo fra il traffico di Roma e l’atteggiamento dell’Italia – chiuso verso ciò che arriva da fuori, non lo comprende, non è empatico e lo aggredisce, troppo orgoglioso e sicuro del suo passato per poter abbracciare il cambiamento.
Gli accostamenti dello styling di Ray sono spesso stridenti come la vita fra Los Angeles e l’Italia:
l’una colorata e agile, dove si intrecciano stili e culture senza schiacciarsi, con vibrazioni alte e in continua evoluzione; l’altra un po’ stanca e forse troppo sicura di sé, il cui confronto col patrimonio artistico e culturale è spesso troppo difficile da sostenere.
“L’Italia ha bisogno di aprirsi. Pensare che sia bellissima [grazie all’arte, alla storia, al buon cibo] è tutto vero, però ripetiamo le stesse cose da secoli. Ma dov’è l’evoluzione? […] ”. Il nostro legame all’eredità quasi ci schiaccia anziché spronarci, rallenta l’evoluzione. Infatti per Ray bisogna affermare il proprio stile e trarre ispirazione, ma non limitarsi a ripetere. Questo non implica dimenticare da dove veniamo o mancargli di rispetto, ma piuttosto svincolarsi da ciò che già c’è per creare qualcosa che ancora deve nascere:
“L’Italia ha bisogno di messaggi forti. Se fossimo più liberi, più talenti potrebbero emergere […] Se sono creativo devo essere pronto a sfornare novità senza temere, anziché nascondere per paura” la paura che ci porta a vedere l’altro come una minaccia, che ci fa stare all’erta impedendoci di collaborare e comunicare noi stessi allargando gli orizzonti, preferendo andare sul sicuro e dar risalto a volti già noti.
“Se fai cose nuove e interessanti dai fastidio. Spesso le persone della tua area geografica, quelle che dovrebbero esserti più vicine, prendono le distanze”. A Los Angeles Ray si sente più libero, più accolto, le persone sono sempre propositive, “stimolano ad aprire ciò che c’è nella mente, qualunque cosa sia. Non ti senti buttare giù ma spronato in ogni lavoro a fare di più.” Lì si lavora per le ore prestabilite, e dopo aver finito ci si dedica ai sogni e le passioni. “È una nazione che non ti rallenta, ti stimola a tirare fuori i tuoi sogni. Anche se cadi non è importante, almeno ci hai provato.”
Quella di Ray è una “ricerca emozionale” che si svolge non solo in passerella, ma anche nei backstage e per le strade.
I suoi scatti e i suoi video si avvalgono della moda e delle creazioni degli artisti per dar vita a qualcosa di più grande. Lasciandosi trasportare dall’ispirazione amalgama stili, soggetti e tecniche diverse anche in netto contrasto fra loro per esprimere un messaggio, come “le note della moda” dove si mostra come la bellezza non abbia età o genere, accostandovisi con leggiadria onirica, senza tempo e tocchi delicati, come una statua di Canova.
Secondo Ray infatti tutti possono esprimere i concetti di bellezza e armonia, non è la moda che può insegnarcelo ma è qualcosa che tutti abbiamo dentro. Per questo, come un abito su misura, va riadattato a ciascuno in modo personale.
Il compito dell’artista non è imporre la sua visione, ma è invece creare una certa armonia per mettere in luce il soggetto, permettendo all’osservatore di apprezzarlo offrendogli delle chiavi di lettura.
Ray afferma di piacere più lui alla moda di quanto la moda non piaccia a lui, non è la sua vera passione, riesce a starci, ma non vive per questo. Lui rappresenta la moda che manda un messaggio positivo e si discosta da quella che mina le insicurezze delle persone con giudizio e presunzione, facendole sentire inadeguate.
Ciò che colpisce di Ray è la sua umanità: è interessato all’essenza piuttosto che all’involucro.
Ray mette la sua personalità nel suo lavoro di styling, ciò che lo soddisfa è realizzare lavori autentici intrecciando arti visive e letterarie, comunicando qualcosa che ha a cuore senza regole fisse né vincoli, mettendolo a disposizione del pubblico.
Senza regole ferree sì, ma con educazione e rispetto di chi lavora con lui e di chi riceve il suo messaggio, con l’augurio che tutti possano trarne beneficio.
Si dedica a ciò in cui crede e con l che sia utile ad altri,. Non ha paura di osare e condivide senza il timore che qualcosa possa emularlo, superarlo o appropriarsi delle sue idee.
Il talento non può emergere se non lo si mostra e condivide per paura di essere replicati.
Foto copertina:
Disegno by Amanda Falcone

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