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I meccanismi dell’abuso di potere

Negli esseri umani, l’ansia vissuta a causa della vicinanza costante a un membro dominante che opera ripetute intimidazioni provoca numerose conseguenze negative.
Dai primordi la società si erige su due fattori portanti: cooperazione e competizione.
La cooperazione è possibile grazie all’esercizio dell’empatia ed è mirata alla formazione di gruppi sociali, mentre la competizione, invece, tende a formare gerarchie nelle quali uno o più individui acquisiscono ed esercitano il potere di controllo sul comportamento degli altri membri del gruppo.
Le risorse umane vengono sempre acquisite tramite cooperazione e suddivise tramite competizione, nella forma della gerarchia.
Tuttavia, persino quando non vi è un problema di risorse, l’essere “subordinato” percepisce l’interazione sociale con il dominante significativamente meno attraente. Molti studi dimostrano che la dominanza sociale può danneggiare l’individuo subordinato.
L’abuso di potere si configura così quando il comportamento danneggiante non ha un beneficio eticamente giustificabile e un osservatore esterno si aspetterebbe un comportamento diverso date le circostanze. Esempi rilevanti di comportamenti di abuso di potere sono:
atteggiamento comunicativo che consiste in comportamenti verbali e non verbali di minaccia indiretta, vaga e/o esplicita che comportano timori, speranze e confusione nel subordinato, infine danneggiandolo e sabotandone la produttività; resistenza a qualsiasi forma di prova delle interazioni con la vittima (per es. registrazioni audio o video); resistenza a qualsiasi forma di riduzione alla sua percezione di potere, per esempio supervisione.
Oltre ai comportamenti, vi sono una serie di cognizioni ed emozioni di chi esercita potere proposti come criteri di una vera e propria dipendenza.
L’abuso di potere può esprimersi in molteplici situazioni e modalità. I più eclatanti sono quelli delle forze dell’ordine contro criminali o anche civili innocenti nei casi di manifestazioni o arresti. I più diffusi sono quelli che coinvolgono la relazione principale-dipendenti di un’azienda, detto anche mobbing verticale, per isolare o bloccare la carriera o indurre alle dimissioni il lavoratore il quale, non sottostando alle richieste, viene visto come minaccia agli interessi dell’azienda. Un’altra modalità, ritornata è quella dell’aggressione sessuale (sia per donne che per uomini), dove una persona utilizza la sua posizione dominante per promettere qualcosa a qualcuno dietro compensi di natura sessuale ed eventualmente minacciando di usare quello stesso potere per danneggiare il subordinato nel caso si rifiutasse e/o rendesse pubblico l’abuso con accuse o prove oggettive.
L’abusante cercherà di proteggersi sventando o soffocando queste accuse e utilizzando le risorse a cui può avere accesso: mobbing, isolamento, trasferimento, licenziamento, fino ad arrivare a minacce, uso di terze persone, violenza fisica. La vittima, rifiutandosi di sottostare alle richieste, ha molto da perdere, sia professionalmente che personalmente, ed è proprio su questo che punta l’abusante. A volte esistono anche deterrenti legali alla denuncia, come un contratto preesistente o di non divulgazione che la vittima viene forzata a firmare, con pesanti penali in caso di mancata osservazione.
Casi di abuso di potere sono sempre accaduti nella storia dell’umanità, perché siamo abituati a formare gerarchie. Esistono comunque persone che, incuranti dell’opinione e delle conseguenze negative sui subordinati, cadranno più facilmente nella tentazione di abusare della loro posizione per raggiungere i propri scopi o soddisfare delle esigenze personali. Occorre dare sempre supporto alle vittime di abuso, le quali devono potersi sentire libere di esercitare la loro libertà di opinione, rifiutare una proposta percepita come ingiusta o lesiva della loro persona e, se necessario, denunciare l’accaduto nelle sedi competenti.
Ora che stiamo vivendo in un periodo storico in cui chi è vittima di un sopruso sente di avere il supporto sociale necessario a denunciare.

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