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HomeAntichitàDa Caterina De Medici al Re Sole: evoluzione di una forchetta

Da Caterina De Medici al Re Sole: evoluzione di una forchetta

La storia vuole che alla corte del Re Sole le forchette furono bandite per lungo tempo in quanto vezzo eccessivo, in netto contrasto con i precetti religiosi che egli seguiva fin da bambino.
Fu solo con l’espansione del suo potere, che si diramava dalla reggia di Versailles, che iniziò a mostrarsi meno restìo alle nuove tendenze.
Mentre l’aristocrazia parigina si prostrava di fronte al Re Sole tra zuppe, arrosti, omelettes, frutta e dolci di ogni tipo, ad un certo punto fece il suo ingresso a tavola anche la forchetta. Da allora il Re non dovette usare più una salviettina umida con la quale pulirsi le dita dopo aver mangiato con le mani. Fu un ingresso senza troppo clamore per lo strumento che ricordava molto da vicino il temuto forcone del demonio (e anche quello dei contadini, livello troppo basso per poter contaminare con i loro usi e costumi la tavola di un re). Un secolo prima le forchette avevano comunque già fatto il loro ingresso alla corte di Francia grazie al contributo di Caterina de’ Medici, rinominata “La Regina Nera”. Nuove usanze arrivavano da Firenze e venivano introdotte nel Paese dalla Regina Madre, una figura importantissima nella storia della monarchia francese, ma da sempre discussa e controversa. Caterina de’ Medici introdusse la cucina toscana, facendo arrivare cuochi dalla sua regione d’origine. Introdusse la forchetta per evitare di continuare a mangiare con le mani, anche se questa modalità è apprezzata ancora oggi da molte popolazioni e per determinati tipi di pietanze. Caterina fu un personaggio molto influente ma da lei al Re sole cambiarono molte cose nella politica francese e internazionale e ogni monarchia, ovviamente, aveva una sua impronta.

Facendo un salto indietro nel tempo, fu un’altra la corte in cui la forchetta diede scandalo. Reperti archeologici indicano che la posata, nella sua versione primitiva, era già in uso in epoca greca e romana. Destò scandalo, però, a Venezia, importata da Costantinopoli. La chiesa romana, che aveva rapporti molto stridenti con quella ortodossa, non vide nulla di buono in quello strumento così superficiale. A Venezia la forchetta fece il suo debutto con Maria, la principessa greca moglie del Doge Giovanni Orseolo II e nipote dell’Imperatore Basilio II. La donna usava una forchetta a due rebbi per mangiare la frutta e in particolare i datteri o altre pietanze ricoperte di miele. La chiesa fu lieta quando lei, il marito e il figlio morirono a causa della peste, poiché erano finalmente stati puniti per i loro peccati. Accadde la stessa cosa quando Domenico Selvo, 31° Doge della Repubblica di Venezia, sposò Teodora. Bizantina anche lei, da Costantinopoli continuò a importare usanze “peccaminose” che includevano l’utilizzo della forchetta. Una cosa che proprio non andò giù al cardinale San Pier Damiani. Pensò che il modo in cui la donna morì – a causa di una cancrena – fu adeguato per i peccati gravi che aveva commesso, tra cui l’utilizzare quello strumento demoniaco. “Non toccava il cibo con le mani ma dagli eunuchi lo prendeva in piccolissimi pezzetti”, scriveva il cardinale, “e subito dopo con una forchettina d’oro a due rebbi, lo avvicinava alla bocca con fare schizzinoso”.
Un periodo in cui si fece pochissimo uso di questa posata fu il Medioevo, sia perché non era alla portata di tutti sia perché si usava far arrivare il cibo in tavola già tagliato.
I quattro denti metallici oggi ancora in uso sono il risultato di una necessità arrivata di pari passo con il consumo di pasta. In questo caso dobbiamo lasciare la Venezia e l’astio tra la chiesa romana e Costantinopoli per andare a Napoli. L’idea di migliorare la forchetta pare sia arrivata a metà del settecento da tale Gennaro Spadaccini perché era poco decoroso mangiare gli spaghetti avvalendosi solo dell’utilizzo delle mani e le forchette disponibili all’epoca, non permettevano di afferrare comodamente la pasta nacque quindi la metamorfosi finale della attuale forchetta.

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