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L'Italia che vuole "Cambiare il mondo" alla Social Media Week

Di Paolo Cappelli

C’è un aspetto delle donne che spesso viene sottovalutato: la creatività. Uno dei luoghi dove questa caratteristica riesce ad affermarsi meglio è proprio la rete. Sono proprio le donne che riescono a cogliere il valore di un’idea e a spingerlo con la caparbietà di cui sono capaci. È questo il senso dell’incontro dedicato alle donne, ideato, organizzato e moderato da Giorgia Petrini e nel corso del quale sono state rese testimonianze che danno la misura di quanto la rete sia elettivamente femminile.

Chiara Cecilia Santamaria, blogger e scrittrice, ha raccontato la sua esperienza, che si può riassumere con una frase: “donne,usate internet per crearvi un’occasione, per trovare un’opportunità, perché in rete ce ne sono veramente tante. Io sono sempre stata un’utilizzatrice della rete. A 27 anni passavo ancora da un contratto a progetto a un altro, quando sono rimasta incinta. Il mio contratto scadeva e naturalmente non mi è stato rinnovato. Ho cercato di continuare a darmi da fare, ma vedevo con terrore l’universo ‘mammesco’. Nel confrontarmi con le altre mamme, notavo che nessuna parlava di coppia, di divertimento o di carriera. Sembrava che l’arrivo di un figlio potesse precludere qualsiasi opportunità. Sentivo il bisogno di raccontare queste cose e ho aperto un blog (www.machedavvero.it) con un linguaggio fuori dall’ordinario, quasi dissacrante. Il blog ha fatto presa e il successo ha fatto sì che fossi notata da un editor di Mondadori. In poco tempo, la mia storia è diventata un libro (Quello che le mamme non dicono) e dopo soli 3 giorni il volume è andato in ristampa. Ho iniziato a capire la potenzialità della rete e grazie al web, agli utenti della rete e ai social media ho raggiunto ottimi risultati di vendita. Tutto attraverso il passaparola. Ho scoperto che dietro alle mamme blogger si nascondono molte persone speciali, persone con capacità comunicative molto superiori alla media. Alla rete devo veramente molto e questa settimana seguo la SMW come inviata di Vanity Fair. Sto vivendo una fase privilegiata della mia vita: sono in un momento in cui posso scegliere i progetti in cui investire e lo ritengo un privilegio. Per il prossimo futuro, a livello digitale mi sto concentrando su alcune startup, ma per il momento preferisco non parlarne. Offline, sono nate collaborazioni con Vanity Fair, Cosmopolitan, mentre continua quella con la casa editrice, con la quale pubblicherò un secondo libro, non subito”.


Altra storia di successo è quella di Maria Moreni, che Giorgia Petrini definisce una “scheggia impazzita nell’universo analogico”. E’ presidente di Physeon, un’associazione che si occupa di comunicazione persuasiva, etica e socialmente responsabile,  di sviluppo economico internazionale sostenibile  e di welfare e politiche sociali. “Attraverso le iniziative intraprese – dice – cerco di inventare cose che cambiano il mondo e quello che ho creato finora ha dimostrato di funzionare bene. Mi occupo di comunicazione persuasiva etica, di temi della responsabilità sociale delle imprese persuasive. Da tre anni abbiamo avviato un progetto che si chiama eticmedia (www.eticmedia.com) ed è sostanzialmente un web tv. Attraverso la nostra attività professionale vogliamo alimentare, diffondere, trasferire valori positivi, che forniscano una motivazione, ma che siano allo stesso tempo etici ed educativi per le giovani generazioni. In questo, sono fondamentali tanto l’impegno come la responsabilità sociale collettiva e individuale. Nello stesso ambito, abbiamo istituito 25mila borse per corsi di alta formazione per giovani, affinché possano acquisire competenze specifiche e diventare professionisti del mondo della rete e del mondo reale. Recentemente la nostra associazione ha stretto accordi per attivare una linea di scouting di progetti di business per le donne (internet è ideale in termini di equilibrio di vita perché consente di avere una propria attività e di non dover rinunciare a una famiglia). In conclusione, non serve essere un genio per entrare nel mondo della rete; bisogna avere una buona idea, almeno una e trovare buoni partner, attraverso i quali individuare buoni finanziatori e crearsi le proprie opportunità. Un secondo aspetto – e qui parlo da esperto e consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri – riguarda la creazione di un protocollo di responsabilità sociale indirizzato alle aziende persuasive. Ci occupiamo di captologia, ovvero dello studio dell’applicazione dell’informatica e delle nuove tecnologie alla persuasione. La parola captologia deriva dall’acronimo Computers As Persuasive Technologies (computer come tecnologie persuasive) e si deve al professor B.J. Fogg della Stanford University. Probabilmente pochi di noi sanno che siamo indotti a fare delle scelte attraverso tecniche che pensiamo essere il puro frutto della nostra decisione: la percezione delle persone è che sono libere di scegliere, ma non è così. Per questo motivo bisogna essere preparati a capire come possiamo essere influenzati. Abbiamo già stilato un manifesto degli operatori informativi etici. Successivamente ci siamo impegnati a dimostrare scientificamente che la buona comunicazione può contribuire a cambiare il mondo”.


Giorgia Petrini ha poi invitato a intervenire Andrea di Maso, presidente e fondatore di Segnalet, un’azienda che si occupa di sicurezza sul lavoro, che ha peraltro gentilmente offerto la serata. Imprenditore molto noto nell’ambiente romano, di Maso è anche ideatore e promotore di Generazione Sviluppo (www.generazionesviluppo.com), una onlus che ha il fine di raccogliere fondi da devolvere a diverse associazioni, in particolare, ma non solo, quelle che si occupano di bambini affetti da particolari patologie. A questo scopo è stato istituito il Festival del Cuore, un evento sociale e mediatico che si propone di educare a trasformare un gesto solidale in cultura della solidarietà. Il prossimo appuntamento è per il 9 aprile 2011 presso l’Hotel Sheraton Golf Parco dé Medici. Tra i beneficiari di quest’anno, l’Ospedale Bambino Gesù, un’associazione di volontariato che si occupa di operare bambini malformati in Africa e “Piccoli passi”, una casa famiglia di Acilia, cittadina in provincia di Roma.

Al termine della serata abbiamo avvicinato una stanca, ma soddisfatta Giorgia Petrini, alla quale abbiamo chiesto un parere in merito al risultato della giornata e sulla Social Media Week.

E’ un po’ presto per fare un bilancio della Social Media Week. La giornata di oggi, però, è stata piuttosto intensa.
Giorgia Petrini

Il bilancio della giornata è estremamente positivo. In termini di presenze, siamo andati ben oltre le mie aspettative e mi ritengo soddisfatta. Per quanto riguarda la SMW, in questi giorni sono andata ad assistere a molti eventi organizzati dagli altri promotori delle iniziative e mi sono resa conto che la diversificazione è stata premiata. E’ ovvio che alcune possono aver riscosso più successo di altre, ma questo fa parte del gioco. Mi sembra una manifestazione fino a questo momento perfettamente riuscita e non ho motivi di ritenere qualcosa di diverso per l’ultima giornata (oggi, ndr). Mi riferisco anche alla prima edizione, quella di Milano, che ha fatto registrare 25mila presenze. Qui dovremmo essere fino a oggi (ieri, ndr) a circa 40mila. Mi sembra un ottimo risultato.

E in termini di prodotto finale? Qual è il risultato ottenuto dalla Social Media Week?


La SMW produce cultura, secondo me. Una cultura sociale e digitale per quegli utenti che non sono abituati a utilizzare la rete e che non hanno capito che la rete è un investimento per il futuro di ognuno di noi e non solo perché possiamo essere imprenditori che operano per il proprio business, ma anche e soprattutto perché si può offrire un oggetto, un contenuto, che il destinatario può fruire attraverso della rete. E’ la concezione di quest’ultima come parte integrante e integrata nei mezzi di comunicazione di oggi. Non è un caso che in un mondo che deve muoversi a ritmi accelerati, la social media week rappresenti un momento fondamentale. Forse è il primo evento nazionale che ha una risonanza di questo tipo e una presenza istituzionale così forte. Si chiama Festival della Rete, non a caso.


Se potesse rivolgersi direttamente a coloro che leggono questa intervista, cosa consiglierebbe a chi non sa che strada intraprendere?

Di fare i nomadi. Ma l’ha visto il senegalese? Mica l’ho invitato io. E’ uno che ha fatto tre interventi (peraltro in un comprensibilissimo italiano) sull’Africa, sulla necessità di agire, eccetera. A un certo punto gli ho chiesto: ‘ma come sei finito qui?’, perché non mi sembrava uno che appartiene al mondo del digitale, per lo meno non come noi appassionati o addetti ai lavori. Lui stava semplicemente sull’autobus che percorreva la strada dove si teneva il convegno; ha visto le locandine sui muri e ha deciso che gli sono piaciute. Allora è sceso dall’autobus ed è venuto su. Poi siccome l’evento che stavamo sviluppando gli è andato a genio, si è fermato e anche stasera ci ha raggiunto qui al locale dove era in programma l’incontro di chiusura. Per me queste cose sono incredibili. Sono la dimostrazione di come la rete arriva fino a un certo punto e poi tu riesci a diffondere la notizia di un evento fatto a Roma, oggi, grazie a un senegalese nomade, che ti nota dall’autobus. In realtà, non credo di poter dare un consiglio chiaro e netto. La vita, secondo me, si basa sulla passione e la scoperta, la curiosità e la capacità di sapersi reinventare, anche partendo da basi che apparentemente possono non essere solide. Quando ho scritto il mio libro tanti mi dicevano ‘non lo leggerà mai nessuno, non lo pubblicherà mai nessuno, non lo comprerà mai nessuno’. E invece non è stato così, anzi! Da un potenziale insuccesso, ho venduto quasi 5000 copie solo col passaparola in rete. Per me, che non ero una scrittrice di professione, che non avevo alle spalle un editore importante che favorisse la promozione, è stato un grande salto. Ecco, forse è questo il consiglio. Partire da ciò che piace fare e farlo credendoci .

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