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Dante Alighieri a spasso nel tempo

Nessun autore nella storia della letteratura è stato fonte d’ispirazione per l’arte tanto quanto Dante Alighieri

Quante volte abbiamo pensato di poter vivere anche solo per pochissimo tempo in epoche passate?
Nessun autore nella storia della letteratura è stato fonte d’ispirazione per l’arte tanto quanto
Dante Alighieri. Le sue due opere maggiori, “Vita Nuova” e la “Divina Commedia” , hanno dato vita a delle vere e proprie tradizioni e correnti artistiche.
E se i personaggi storici della nostra cultura potessero rivivere ai giorni nostri?

Nell’epoca dei Millennials, degli smartphone, della realtà aumentata; delle sorelle Kardashian alla tv, della classe politica tragi-comica, dei social network e dei selfie ossessivi?

Dante è stato uno punto fermo per molte persone, forma di ispirazione per poeti, artisti, matematici, astronomi, lo stesso Petrarca lo prese come spunto (anche se non gli stava molto simpatico) per le lodi alla vergine e molte altre poesie contenute anche nel “Canzoniere”.

Nell’era moderna il nome di Dante è continuamente presente nella nostra vita, non solo a scuola ma anche nella nostra vita quotidiana ad esempio nella canzone del XXI secolo del cantante Caparezza “Goodbye Malinconia” si trova il nome del sommo poeta ma non solo lui anche in pittura troviamo Dante ad esempio possiamo prendere Salvator Dalì che ha realizza to la Divina Commedia in forma di pittura, Auguste-Rodin che realizzò il Pensatore si ispirò alla Commedia di Dante, anche Eugenio Montale scrisse ispirato dal Sommo Poeta. Sviluppiamo meglio il discorso.

L’influenza culturale di Dante Alighieri consiste nella ricezione che la produzione poetica di Dante Alighieri ha avuto in Italia e nel resto del mondo nel corso dei secoli, subendo fasi alterne di apprezzamento e di aperta ostilità da parte dei critici e degli artisti italiani e stranieri.

Basti pensare che già a partire dal XIV secolo, la Divina Commedia ha avuto una vasta e favorevole ricezione da parte del pubblico. Conosciuta e apprezzata nel corso del ‘400, la produzione dantesca cominciò quindi a diffondersi anche in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, conoscendo una popolarità che durerà fino agli anni ’30 e ’40 del ‘500, anche il De Monarchia conobbe la censura ecclesiastica, come molte opere a quel tempo, e fu messo nell’Infide dei libri proibiti ma solo in seguito enne ripreso nell’epoca del Risorgimento come modello per la sua religiosità, delle sue immagini poetiche ricche di pathos sentimentale e del messaggio politico. Il magistero critico-letterario poi del critico Francesco de Sanctis consacrò Dante quale modello d’altissima poesia e simbolo nazionale, dando così inizio ad una lunga stagione di critica letteraria e una progressiva diffusione dell’opera dantesca presso gli italiani, grazie ad iniziative commemorative e allo studio scolastico della Commedia. Con la nascita della cultura di massa e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione nella seconda metà del secolo scorso, la Commedia e l’universo poetico dantesco sono stati divulgati anche al di fuori degli ambienti filologici e letterari, approdando nel cinema, nella fumettistica e nel mondo dei videogiochi. Già all’indomani della sua morte, Dante fu celebrato quale grande poeta e filosofo: presso il pubblico, grazie a degli aneddoti raccontatici da Boccaccio nel suo Trattatello in laude di Dante e più tardi dal novelliere Francesco Sacchetti, era già osannato per l’affresco umano e drammatico narrato nella cantica dell’Inferno, reso pubblico a Verona nel 1315. Primi cultori della memoria dantesca furono i suoi stessi figli Pietro e Jacopo (buona parte del commento di quest’ultimo è contenuto nel Codice Palatino 313, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze), autori di alcuni commentari finalizzati alla spiegazione del messaggio paterno, Jacopo dela Lana, Graziolo de’ Bambaglioli e Benvenuto da Imola. Boccaccio fu anche un raccoglitore delle memorie dantesche, copiando tre codici della Commedia, visitando Forlì nel 1347/48 e incontrando personalmente la figlia Antonia/suor Beatrice a Ravenna, in una missione diplomatica del 1350. Di tutt’altro avviso fu invece Francesco Petrarca, che mostrò sempre un sentimento di insofferenza e incomprensione nei confronti dell’Alighieri: insofferenza perché popolare e amato, incomprensione per la distanza culturale tra i due uomini. Questo legame così teso, basato su di una cordiale ostilità, è espresso appieno dalla Familiare XXI, 15, in cui il poeta aretino risponde ad una missiva dell’amico Boccaccio sui rapporti tra lui e Dante. Petrarca afferma che egli non può provare odio per un uomo che conobbe fanciullo e disprezzo per la sua produzione volgare, campo ove anzi Dante eccelle sopra chiunque altro. D’altro canto, però, Petrarca riafferma la sua preferenza per la lingua latina, in quanto il volgare è più facilmente manomissibile da parte del pubblico e che, scrivendo in volgare, rischi di diventare un imitatore e nient’altro. Ciò nondimeno, l’influenza dantesca nella sua produzione poetica volgare (quindi in referimento al Canzoniere e ai Trionfi, questi ultimi scritti in terzine dantesche) è significativa, tanto che ha spinto Marco Santagata a parlare di “Dante in Petrarca”. I primi influssi danteschi nella produzione letteraria europea giunsero nella seconda metà del XIV secolo. Per quanto riguarda l’Inghilterra, il nome di Dante cominciò ad essere conosciuto allorché il letterato inglese Geoffrey Chaucher (1340-1400 ca) compì un viaggio in Italia, entrando così in contatto con il mondo letterario nostrano. L’opera dantesca ebbe un notevole successo al di fuori dei confini toscani: la presenza dell’esiliato fiorentino nel Nord Italia, contribuì a diffondere la Commedia negli altri Stati Italiani. A Milano, il culto di Dante era già abbastanza antico, e lo troviamo radicato già sotto Filippo Maria Visconti (1412-1447), che ne conservava una copia nella sua biblioteca pavese. Dante, inoltre, fu un vero e proprio oggetto di culto da parte dei pittori rinascimentali. Domenico di Michelino e Andrea del Castagno furono alcuni degli artisti “minori” che celebrarono Dante nei loro affreschi. Ben più importante, invece, fu il ruolo svolto dal pittore fiorentino Sandro Botticelli, chiamato a realizzare delle miniature che adornassero l’edizione fiorentina del 1481, che svolse quest’incarico contemporaneamente a quello di Guglielmo Giraldi, miniatore di corte di Federico da Montefeltro. Il Girardi, infatti, fu chiamato nel 1478 ad Urbino da Federico, il quale lo incaricò di allestire per lui un codice adornato di figure tratte dall’opera dantesca: per quanto il lavoro del Girardi si fermò al principio del Purgatorio, l’aver saputo cogliere la spiritualità dantesca spinse la critica a dare un giudizio estremamente favorevole all’opera di Girardi:

«L’Inferno del Dante urbinate si colloca quindi, per forza di stile, tra i maggiori capolavori della miniatura rinascimentale italiana»

Nei secoli Dante ha ispirato non solo poeti, ma anche pittori, musicisti, coreografi, registi cinematografici, una fonte inesauribile di bellezza e creatività. Sarà sempre attuale, sempre “moderno”.
Moderno, modernissimo, soprattutto se paragonato con le idee e le prassi della Chiesa del suo tempo, è il suo approccio a Dio, nonostante non sia altro che l’antico cammino tradizionale. Questo è un ulteriore buon motivo per leggere Dante, a patto però che la peculiarità di questo cammino spirituale venga alla luce. È un’operazione sterile, perché la religiosità di Dante è grande e profonda: si eleva sempre più in alto, al sacro ovvero la comprensione dell’anima.

di Lara Ferrara

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