HomeCultura&SpettacoloGisella Blanco: c'è sete di poesia

Gisella Blanco: c’è sete di poesia

C’è sete di poesia che contenga storia (presente e non più passata), filosofia, antropologia, psicologia, sociologia, sessuologia, religione (e, forse, il superamento di ogni singola religione in funzione della percezione panica di tutto l’universo e di ogni parte di esso).

La poesia sovverte. Gisella Blanco sembra quasi avvertire il lettore sulle pagine del suo sito. E’ la sana – e dolorosa – ricerca d’inversione dei canoni avvilenti di una società annoiata, ne è il fine. Oppure è la poesia stessa, il fine della trasformazione: la scelta è la possibilità di individuazione di ciascuno che, lungi dal creare isolamento, può essere moto perpetuo verso una pura creazione di valore, un valore così divino da essere tutto umano.

Melodia di porte che cigolano” non a caso riecheggia lo stridore di una porta chiusa da tempo, una porta che solo la poesia può scardinare aprendo al cambiamento.

Come nasce il titolo del libro?

Melodia di porte che cigolano” è un titolo nato tanti anni fa, nel furore candido di una giovinezza non del tutto compiuta che, per avventura, permea il mio presente: per questo ho deciso di mantenere questo esordio ossimorico per la mia raccolta che contiene testi vecchi e nuove composizioni, mischiandole come si fa con i ricordi e le stratificazioni interpretative della mente. Riecheggia lo stridore di una porta che si apre dopo tanto tempo che è rimasta chiusa: ogni cambiamento ha bisogno di attraversare la difficoltà dell’impermanenza per giungere a una nuova forma. E quella difficoltà, se dovutamente elaborata, non può che risultare una sorprendente melodia.

Poesia di Gisella Blanco

Cos’è la poesia per te?

La poesia, per me, è un veicolo comunicato estremamente forte, feroce e intransigente che è capace di contenere significati molto forti, anche quelli troppo forti per poter essere espressi in altri modi. Per questo ritengo la poesia, contrariamente alle comuni credenze, un genere letterario estremamente adatto a questa contemporaneità del tutto avvezza alla velocità e, spesso, vittima della fretta. La poesia illude di poter essere letta in breve tempo (almeno nelle sue molte espressioni più recenti, caratterizzate da una marcata e insolente brevitas) ma rimane a “fermentare” nell’inconscio molto a lungo, portando con sé e, soprattutto, fuori di sé, nell’impianto etico e immaginifico del lettore, un potenziale tendenzialmente smisurato di energie interpretative e creative. L’era contemporanea ha molto bisogno di poesia, anche se non lo ammette.

“L’estate è fragore caldo, di spensieratezza assente, latente, è brusio leggero di aria lieve, parole primitive, immagini d’altri tempi”, il susseguirsi di immagini sinestetiche evocative mi ricorda Alda Merini, una poesia che arriva dritta alle emozioni e alla sensibilità delle persone. Sei d’accordo?

Le figure retoriche ci danno la possibilità di articolare il movimento dell’immagine interiore attraverso spartiti di suono invisibili e, per questo, irrinunciabili. In effetti la poesia appena menzionata rappresenta uno di quei casi, all’interno della silloge, in cui l’evocazione dell’emozione è immediata, si stacca dalla parola e giunge direttamente alla coscienza. In altri casi, scelgo di svolgere versi più criptici che combaciano con l’astrusità del messaggio e il dramma che è l’altro viso della rivelazione istantanea. Benchè ciascun poeta debba identificarsi in uno stile specifico (altrimenti il rischio è di inciampare in inconsapevoli Pastiches di se stessi), è anche necessario rendere il linguaggio una materia plastica, selettiva e, allo stesso tempo, interpretativa del senso cui non può prescindere. Se il linguaggio è carne, il motivo per cui si scrive è paragonabile a quel moto biologico e, insieme, metafisico, tutto terreno, che spinge alla creazione biologica ed etica dell’esistenza.

Gisella Blanco

In Italia quanto spazio c’è per la poesia? Cosa di può fare per la sua diffusione?

In Italia c’è una cerchia ben definita di grandi estimatori, cultori, critici e, perché no, anche detrattori della poesia e, poi, c’è tutta una grande parte di popolazione che legge solo prosa. Anche se i numeri degli amanti della poesia sono in crescita, c’è bisogno di spingere. Spingere è un’azione motoria volta a una modificazione volontaria dell’assetto pregresso e ciò è possibile, secondo me, attraverso i concetti e non solo la forma. La bellezza di versi che sono privi di furore, di ferocia e di sbalordimento, rimane natura morta (da tempo, ma chi se ne è accorto?). Spingere è, anche, spingersi, spingersi oltre quella soglia del dolore accettato, della rivoluzione già iniziata da altri, del pensiero già positivizzato, della luce incanalata. C’è sete di poesia che contenga storia (presente e non più passata), filosofia, antropologia, psicologia, sociologia, sessuologia, religione (e, forse, il superamento di ogni singola religione in funzione della percezione panica di tutto l’universo e di ogni parte di esso). E, no, il poeta non può e non deve essere tuttologo: deve sfiorare e offrire tutto questo, appena, con un tocco di parola, di sfuggita, quasi per sbaglio, con la sua umanissima imperfezione.

di Mario Masi

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