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Dietro c’è la paura!

Guardando i giovani oggi salta agli occhi l’aggressività, dall’abbigliamento all’atteggiamento fisico, verbale e relazionale.

Sono tanto sulla difensiva e pronti all’attacco, come se li avessimo cresciuti in mezzo alla strada costretti a difendersi e a lottare con le unghie e con i denti quando in realtà li abbiamo iperprotetti con continue attenzioni e attività gestite da adulti, lasciandogli ben poco tempo libero per relazionarsi tra pari, “luogo” fondamentale per imparare a muoversi nello spazio esistenziale con le proprie risorse.

Arrivano pertanto all’età adolescenziale con tanta ansia e scarsa consapevolezza delle loro capacità di relazionarsi, inevitabilmente la paura di sentirsi inadeguati prende il sopravvento e la miglior maschera è l’ostentazione di ciò che non si ha: “la sicurezza!” .

Questo atteggiamento più che diffuso nasce dalla paura degli stessi genitori che i figli, fuori dal loro sguardo protettivo e controllante, possano sentirsi esclusi e feriti non a caso sin dalla prima infanzia fanno carte false pur di garantire ai figli inclusione.

È un periodo storico nel quale il benessere materiale ha scatenato la pretesa di un benessere anche a livello relazionale, la felicità è pertanto diventata un diritto, quando in realtà è la conseguenza di un impegno quotidiano sia nel riconoscere un valore a ciò che si ha, affetti inclusi, sia a ciò che si dà’.

La lente di ingrandimento andrebbe messa sul cercare di essere amabili, ricordandoci che siamo solo persone e che pertanto non abbiamo nessun diritto di far sentire gli altri inadeguati per ciò che sono, semplicemente perché non corrispondono alle nostre aspettative o alla nostre idee. Dimenticandoci che l’altro è altro da noi e che di conseguenza non ci leva nulla, ci scateniamo in giudizi feroci pur essendo diventati iper suscettibili. Ai figli non resta che seguire queste orme.

Cosa possiamo fare oggi?

Cercare di ricordarci le loro belle qualità interiori e rimandargliele, esternando la fiducia a lungo termine che se la caveranno. Ricordandoci quanto sia stato anche per noi un periodo della vita faticoso, doloroso e pertanto difficile, raccontando qualcosa di noi per aiutarli a normalizzare come si sentono.

Possiamo cercare di contenere i soli comportamenti o atteggiamenti sbagliati valorizzando la persona, preservando il più possibile il rapporto coltivando i momenti della giornata, anche brevi, in cui ci si incontra. Una carezza, uno sguardo gentile, un complimento, un ti voglio bene, un rimandare una risorsa o una qualità puntuale aiuta a sentirsi visti, importanti, amati e a sentirsi liberi di essere meno spaventati e meno aggressivi.

di Chiara Narracci

 

 

Foto di Anemone123 da Pixabay

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