Francesca Amatore e Lea Da Ponte sono le vincitrici Concorso letterario gratuito #EffettoSBS. Abbiamo avuto il piacere di fare una intervista doppia con le autrici.
Perché la scelta del genere romance?
FA: Sono una lettrice compulsiva. Da ragazzina, oltre al classico Topolino, leggevo i gialli della libreria di mio nonno e le riviste che mia madre comprava in edicola, che spesso avevano in regalo degli Harmony… ne avrò divorati un centinaio! Dopo qualche tempo, prendendo spunto da quello che leggevo, ho cominciato a scrivere brevi racconti, che sono diventati sempre più lunghi, trasformandosi in romanzi veri e propri.
LDP: Viste le complicazioni post Covid – aggressività, pessimismo, isolamento – mi sono domandata: cosa posso fare nel mio piccolo? Un bel “lieto fine” mi è sembrata l’idea migliore. Trascorrere qualche istante spensierato, evadere dalla routine quotidiana è un’ottima medicina, e poi il genere romance mi ha sempre intrigato. Da lettrice, e ora da scrittrice, voglio sfatare un mito. Se scritto bene, un romance ha la stessa dignità di un qualsiasi altro romanzo.
Come è nata l’idea della storia?
FA: Ho messo insieme alcuni spunti che mi erano venuti leggendo diversi romanzi e racconti, e ho immaginato questi personaggi che si muovevano in questo tipo di contesto. Ci ho aggiunto poi un pizzico di mistero, da amante del giallo non potevo esimermi!
LDP: Da una serie di passi che hanno fuso la spontaneità con lo studio. La sposa mancata, in particolare, è stata ispirata dal mio amore per la Val d’Orcia e la scelta del genere romance ne è stata la conseguenza più naturale. Il secondo passo è stata la pianificazione dell’intreccio, il momento più divertente e spontaneo. È stato qui che ho cominciato a conoscere i miei personaggi e la loro storia, dandogli una certa libertà d’azione, quasi potessero decidere in prima persona come muoversi. Gli ho dato però dei confini, uno schema di progressione emotiva. Infine c’è stato il terzo passo, il momento della ricerca e dello studio, dove ho scoperto molte curiosità e storie locali.
Che rapporto c’è tra il vissuto dei protagonisti e quello di uomini e donne del nostro tempo?
FA: I protagonisti si muovono in un tempo diverso dal nostro, ma seppur con modalità diverse, le problematiche che affrontano e vivono possono essere simili. Al giorno d’oggi non esistono più i matrimoni organizzati o il concetto di “tu sei mio/a figlio/a e fai quello che dico io per il bene della famiglia” (forseXD), ma la comunicazione è diventata più difficile, anche a causa dei social e dei tanti stimoli che riceviamo. Non è facile istaurare un rapporto vero, avere un faccia a faccia sincero, visto che ci nascondiamo dietro delle macchine che ci impediscono di vedere e capire i sentimenti che proviamo, mentre ci relazioniamo con qualcuno.
Adelle e Stefan hanno lo stesso problema, seppure in un contesto privo di tecnologia: anche se si parlano guardandosi negli occhi, non riescono a comprendere i sentimenti e le emozioni dell’altro
LDP: Molto stretto, come l’eterno conflitto tra l’essere e l’apparire. Il sentirsi superiore o inferiore agli altri, il voler essere perfetti e invidiati innesca sempre dei meccanismi tossici e quando entri a far parte di un sistema come quello, non va mai a finire bene. Di qui il bullismo, l’insoddisfazione, l’invidia, la violenza, la prevaricazione. Non vorrei mai svegliarmi un mattino e rendermi conto di avere vissuto “una vita di plastica”, attorniata da persone di plastica.
Quali sono gli autori che preferisce?
FA: I miei generi preferiti sono il giallo e il fantasy. Per quanto riguarda il giallo, mi piacciono i grandi classici come Agatha Christie con il suo Poirot, che è anche il mio detective preferito; se invece ci spostiamo sul moderno, ho una particolare predilizione per Deryn Lake con la saga dello speziale, e per Victoria Thomphson, e la sua saga dei Gaslight Mistery… è stato proprio grazie a loro che ho imparato l’inglese, perché non tutti i loro libri sono disponibili in italiano!
Per quanto riguarda il fantasy, la mia passione è esplosa grazie a Marion Zimmer Bradley, con la Saga di Darkover. Mi piacciono anche George Martin, Rick Riordan e ovviamente J.K. Rawlings ed il suo Harry Potter.
Degli autori italiani, invece, apprezzo molto Desy Icardi. I suoi libri sui cinque sensi mi sono piaciuto molto, li ho letteralmente divorati!
LDP: Il mio preferito in assoluto è Gabriel García Márquez che, al contrario di quanto si possa pensare, ho conosciuto innanzitutto come giornalista e saggista. Lo confesso, solo in un secondo tempo mi sono innamorata dei suoi racconti e romanzi al limite del magico. Poi c’è Carlos Ruiz Zafón con la sua estetica gotica e Luciano De Crescenzo che ho ammirato per la semplicità con cui riusciva ad avvicinare la gene alla filosofia e al mito. E come dimenticare Jane Austen o le commedie spumeggianti di Shakespeare? Sarebbe un vero delitto.
Progetti futuri?
FA: Mi piacerebbe scrivere un giallo, ma non credo di esserne capace, troppo complicato!
Ma ho tante idee in testa e tanti romanzi scritti nel corso di vent’anni, che mi piacerebbe vedessero la luce: ci sarebbe da cambiare qualcosa, perché intanto il mio stile si è evoluto, ma i protagonisti potrebbero appassionare tanti lettori, come hanno coinvolto me mentre scrivevo le loro storie.
Inoltre, di recente, ho scoperto la letteratura fantasy per ragazzi. Ho scritto un romanzo su una bambina e un drago, e ne sto scrivendo un altro su una ragazzina che scopre l’esistenza di una piccola sirena!
LDP: Vorrei innanzitutto capire se proseguire o meno su questa strada, quindi mi concentrerò sulla revisione e promozione de La Sposa mancata, ma nel mio piccolo continuerò a scrivere e a elaborare trame. Se troverò il tempo, poi, riprenderò ad allenare la mia tecnica sulla piattaforma “The Incipit”, scrivendo qualche storia a bivi con lo pseudonimo di “Isabella”. Un sogno nel cassetto, però, ce l’avrei. Scrivere un libro di storie per bambini/ragazzi (con morale), ispirate ai personaggi e ai paesaggi dei quadri famosi. A qualcuno potrà sembrare irrispettoso, ma io credo che l’arte serva a scatenare innanzitutto la fantasia, merce ormai rara. E poi, se l’arte diventasse una qualcosa di familiare a cui portare rispetto fin da piccoli, nessuno più imbratterebbe palazzi, quadri o statue.